Storia di una piccola rivoluzione.
di Alice Bellini
Prefazione
Dopo aver iniziato questo viaggio attraverso la mindfulness in natura, ho sentito il bisogno di trasformare la mia consapevolezza in azioni. Di darle uno scopo che non fosse la consapevolezza stessa.
Mi è venuto spontaneo iniziare a pulire i rifiuti che trovavo durante le mie esplorazioni. Senza dover chiedere o spronare, Veronica Gabriele ha iniziato a fare esattamente la stessa cosa.
Così abbiamo deciso di fondare Inspire.
Lascia che sia gentile
Quando andiamo in giro ad ecopartecipare con Inspire, è incredibile l’ammontare di persone che ci lodano senza poi realmente “alzarsi” ed ecopartecipare loro stesse.
Ma ciò che colpisce ancora di più è l’ammontare di persone che giudicano.
O gettando vergogna su chi ha inquinato, oppure sostenendo che quello che facciamo è fantastico ma inutile, perché non c’è modo di salvare questo mondo: “le persone sono troppo *insulto* per riuscirci”.
L’inquinamento fa arrabbiare anche noi, ma la vera sfida è quella di ecopartecipare con gentilezza e senza giudizio. Di essere grati per coloro che aiutano, senza biasimare chi non lo fa. Di ispirare invece che gettare vergogna.
Altrimenti saremmo noi i primi ad inquinare.
Dopo aver espresso questo pensiero su Instagram qualche giorno fa, ho sentito il bisogno di scrivere un intero post sul mio blog in merito a questa tematica, perché sono convinta che non venga mai indirizzata a sufficienza.
La gentilezza è fin troppo spesso fraintesa per cortesia, debolezza, o peggio: accondiscendenza.
Spesso sono stata tacciata di buonismo solo perché mi rifiutavo di giudicare un comportamento negativo. Perché incoraggiavo l’educazione, invece che l’incolpare o la denigrazione pubblica.
Normalmente pensiamo che se non facciamo sentire la nostra voce in maniera rabbiosa, allora è come se stessimo approvando ciò che accade di fronte ai nostri occhi. Ma è davvero così? Oppure stiamo solo rinforzando quella stessa cultura di vergogna e violenza?
Nonostante la sua natura non-violenta, spesso ci sentiamo minacciati dalla gentilezza, poiché è un comportamento che implica il mettersi in discussione, l’accettare di aver compiuto azioni sbagliate, di avere delle responsabilità – accettare che non si è perfetti. Dunque, cambiare. Ma il cambiamento fa paura, forse più di qualsiasi altra cosa al mondo, perché ci ricorda che anche noi siamo parte di questo mondo, dove tutto è impermanente, inclusi noi stessi.
Così ci rifugiamo nella rabbia e nell’aggressività. Ci sentiamo più al sicuro. Ma rabbia chiama rabbia, come ogni altra emozione si auto-induce.
Inquinare è un atto irrispettoso e rude. Maleducato, come si dice in italiano. Nello stesso modo in cui insultare qualcuno, urlare contro un’altra persone, o giudicare è un atto maleducato. Una mal-educazione porta a credere che non importa se si inquina, insulta, urla o giudica. Così gettiamo rifiuti fuori dal finestrino della macchina, lasciamo immondizia sulle cime delle montagne e insultiamo il nostro vicino nello stesso, naturale modo in cui respiriamo, mangiamo o dormiamo.
E molto probabilmente il nostro vicino ci insulterà per dirci che siamo dei maleducati. Paradossale, no?
Perché mai dovrei insegnare/ispirare/chiedere gentilezza urlando, giudicando, o sprecando qualsiasi tipo di energia concentrandomi su azioni e pensieri negativi, rabbiosi e possibilmente violenti? Non sarebbe del tutto incoerente?
Quando attacchiamo qualcuno, ciò che otteniamo è un’azione difensiva. Quando lo umiliamo pubblicamente, ciò che otteniamo è frustrazione, e probabilmente un rinforzo di quella stessa azione o parola che abbiamo redarguito con cotanta veemenza. Perché? Perché attraverso quella nostra azione egualmente violenta abbiamo approvato quella altrui. E diventa un gioco di forza.
L’educazione non percorre le stesse strade del giudizio, della punizione, della pubblica umiliazione o della colpa. Bisogna essere l’insegnamento che si sta cercando di tramandare.
Non v’è gentilezza nell’insultare qualcuno che ha inquinato, come non ce n’è nell’estrarre petrolio nell’Arctic National Wildlife Refuge o nell’aumentare la grande isola di plastica che galleggia nel Pacifico, la Great Pacific Garbage Patch.
È l’ego che ci impossibilita ad essere gentili? È l’educazione che abbiamo ricevuto in primis? Oppure è la consapevolezza che, nell’essere d’accordo con la gentilezza, bisogna mettere in dubbio – e cambiare – tutta la nostra vita?
Giustificazioni
La giustificazione del proprio comportamento improduttivo avviene in due modi: scaricandolo sugli altri (è colpa loro, tutti lo fanno, non sarei così se non fosse per il mondo esterno), oppure appellandosi alla proprio insignificanza. Il famoso: “non sono abbastanza importante per fare la differenza”.
Spesso pensiamo che non c’è nulla che possiamo fare perché “è così che le cose stanno” e niente le può cambiare. Di certo non noi. Nonostante ciò, se non sbaglio, il mondo non è sempre stato così. È cambiato, e cambiato, e cambiato, e cambiato di nuovo. E ancora. E quel cambiamento è stato attuato dalle persone stesse. Ogni volta. Una persona ha cominciato ad agire in un modo, poi due, poi tre, poi una nazione intera, poi tutto il mondo. E le cose sono cambiante. Quindi perché non potrebbe essere possibile adesso?
Perché non dovrebbe essere possibile creare un mondo più gentile? Perché non dovrebbe essere possibile iniziare a supportarci a vicenda, invece che umiliarci, incolparci e giudicarci?
Spesso pensiamo che dovremmo cambiare le nostre vite in maniera drastica. Come se domani mattina ci dovessimo svegliare e tornare al tempo dei cavernicoli, oppure iniziare a comportarci in qualche modo alieno. Ma davvero, scegliere consapevolmente che prodotti e quanti prodotti compriamo, come parliamo con le persone, come rispondiamo quando veniamo provocati, che etica vogliamo perseguire: queste non sono azioni drastiche. Si può continuare a vivere la propria vita e comunque cambiarla ed essere gentili.
E sì, credo che questo avrebbe un impatto sul mondo nella maniera più tremendamente potente. La gentilezza può davvero cambiare il corso del pianeta, sia a livello ambientale che sociale.
La gentilezza può iniziare l’unica rivoluzione di cui questo mondo abbia mai davvero avuto bisogno. Una rivoluzione di consapevolezza e cura.
Come spesso dico e ricordo a me stessa, e come Victor Frankl ha ben detto: “Tra stimolo e risposta c’è uno spazio. In questo spazio si trova il nostro potere di scegliere la nostra risposta. Nella nostra risposta si trovano la nostra crescita e la nostra libertà”. E il destino di questo pianeta.