Ritratto di Maio Centeno, nuovo presidente dell’Eurogruppo.
di Marcello Sacco
Il portoghese Mário Centeno – nato nel 1966 in Algarve, studi in economia a Lisbona, dottorato a Harvard, esperienza professionale nel Banco de Portugal e attuale ministro delle Finanze – è da ieri il nuovo presidente dell’Eurogruppo. A gennaio sostituirà ufficialmente l’olandese Jeroen Dijsselbloem, pur senza abbandonare il ministero a Lisbona.
Nell’economia distributiva delle più alte cariche all’interno dell’UE, questa elezione significa la conferma di un socialista in testa al gruppo dei Paesi che adottano la moneta unica (lo era anche il precedente, sebbene non se ne sia accorto nessuno), ma significa anche avere un rappresentante della sinistra del Sud Europa, con Padoan che si era fatto da parte un attimo prima proprio per non complicare i giochi, dato che, sempre all’interno di quella logica redistributiva, abbiamo già due italiani (Draghi e Tajani) su due delle poltrone più importanti.
L’elezione di Centeno, però, è anche il premio a una politica che, proprio dal Sud e dalla Lisbona ferita dai diktat economici di pochissimi anni fa, aveva iniziato a seppellire la famosa TINA, il motto thatcheriano del There Is No Alternative rifatto in salsa Barroso/Schäuble/Trichet/Dijsselbloem, e ciò va detto senza facili entusiasmi.
In Portogallo il dibattito ora ruota tutto intorno a un’altra questione: la leadership di Centeno porterà una ventata di aria nuova al resto dell’Eurozona o servirà all’Europa per rimettere il guinzaglio al Portogallo? In realtà il segreto della ricetta portoghese sta proprio nel fatto che nessuno si è mai presentato come cane sciolto né mastino arrabbiato. Il governo Costa, di cui Centeno è un membro di spicco, non ha mai fatto leva su sentimenti euroscettici (che pure attraversano i partiti di sinistra che gli danno appoggio parlamentare) e nessuno ha mai optato per la posa fotografica da gran matador (all’italiana, per intenderci) nel mezzo dei poteri forti d’Europa.
Con la sua andatura dinoccolata e il sorrisetto del timido davanti alle telecamere, Mário Centeno ha conquistato l’opinione pubblica più con i fatti che con le parole, vale a dire crescita del Pil, riduzione storica del deficit e ora, pare, perfino del debito, ma con politiche sociali improntate a una maggiore equità e allo stimolo dei consumi. Senza alcuna esperienza politica, in Portogallo fino a poco tempo fa lo si vedeva lavorare invischiato in un paio di polemiche pretestuose da cui è venuto fuori bene.
È un tecnico senza gli occhi di ghiaccio, che forse sta imparando a fare il politico. Per questo, in casa, ha rappresentato una svolta prima di tutto di stile rispetto ai due ministri di centrodestra che l’hanno preceduto.
Rispetto a Dijsselbloem, l’ultimo e il più vanesio degli architetti dell’austerità europea, già passato alla storia più che altro per i boccoli (trattandosi di un uomo lo possiamo dire senza rischiare di essere bacchettati) e un’intervista in cui diceva che gli europei del Sud dovevano imparare a non spendere tutto in donne e alcol, non sarà difficile fare meglio. Potrebbe non bastare, certo. Staremo a vedere.