L’economia in tasca. Cento citazioni imperdibili

Il nuovo libro di Andrea Boitani, Università Cattolica di Milano, si propone di dare conto della varietà di temi e voci dell’economia in cento citazioni più o meno celebri

Di Clara Capelli

Il giro dell’economia in 100 citazioni. Da Adam Smith a Joseph Stiglitz, da Shakespeare a Luigi Einaudi, il libro di Andrea Boitani L’economia in tasca. Cento citazioni imperdibili (Edizioni Laterza) è un bel tentativo di rendere giustizia alla complessità delle tematiche e alla pluralità delle voci della disciplina peggio raccontata al mondo.

Boitani, docente presso l’Università Cattolica di Milano, è già autore di un ottimo libro di divulgazione, Sette Luoghi Comuni sull’Economia. In questo caso, invece, il professore decide di non spiegare, di non argomentare. Lascia che l’economia parli per sé attraverso cento estratti selezionati tra le opere di economisti che hanno fatto la storia della materia, economisti celebri che animano il dibattito contemporaneo, ma anche tra fonti “insospettabili”, come il Mercante di Venezia, il Deuteronomio e la Repubblica di Platone.

Si tratta di un’operazione indubbiamente complicata, fatta di scelte inevitabilmente dolorose e parziali. L’economia è stata chiamata nei secoli a interrogarsi su molti, moltissimi temi.

C’è la disuguaglianza di cui tanto si parla ora. E come non menzionare la questione del debito pubblico che molto ha condizionato il dibattito. Pagine importanti sono state scritte sulla finanza, sul mercato, sul capitalismo, sulla moneta, etc. Pagine molto belle, ma anche frutto di diverse visioni del mondo e della disciplina, perché Karl Marx non è Milton Friedman, così come John Maynard Keynes non è Joseph Alois Schumpeter.

Boitani riesce molto bene nel restituire al lettore una selezione assai completa nelle tematiche e negli approcci teorici: non commenta, non motiva la scelta, non aggiunge, ma mostra come l’economia non sia solo finanza o arida contabilità, bensì una materia che parla dei problemi dell’individuo e della società, in uno stare insieme che va oltre la mera questione del benessere materiale.

Non è un caso, probabilmente, che le ultime due citazioni appartengano a Federico Caffè e John Maynard Keynes.

Il primo si esprime sul ruolo dell’intellettuale riformista, il secondo sul potere delle idee degli economisti, più forti degli interessi costituiti stessi che esse possono servire. Idee che una volta attecchite nella mente di funzionari e opinione pubblica rischiano di fare grandi danni.

Ripartire da una conoscenza plurale è forse l’unica strada che si può scegliere di percorrere per riprendersi una disciplina ormai troppo ripiegata sui tecnicismi matematici, spesso lontana dalle società che pretendono di studiare ma che si ostinano a non aderire ai perfetti modelli quantitativi prodotti.