Riprendiamo la città. Giambellino

Ipse dixit

di Marta Marzorati e Marta Meroni

Esplorazione del 9 luglio 2016

Milano arde. Fine luglio, tre piccole troupe con il loro equipaggiamento arrancano sotto il sole del meriggio. «Andate e scegliete un luogo mediamente affollato, di sosta, dove trovare persone disponibili a dedicarvi del tempo e a raccontarsi». Un gioco da ragazzi. Portiamo con noi: una videocamera, un microfono (ai più fortunati il direzionale, ai bicipiti più grossi la giraffa), un mazzo di carte illustrate del gioco da tavolo Dixit, le riflessioni suggestionate dall’incontro pubblico della sera precedente e manipolate attraverso le nostre esperienze la mattina stessa. Usciamo dalla Casetta verde – la nostra tana in Giambellino – e saliamo sul tram 14, diretti verso il centro. Divisi nei nostri gruppi la prima cosa da fare è scegliere il luogo dove intercettare persone e racconti. Per evitare la liquefazione sotto il sole di luglio, per mantenere la nostra attrezzatura isolata dall’umidità prodotta dalle nostre ghiandole sudoripare e più semplicemente per orientarci in una scelta potenzialmente infinita, scegliamo luoghi velocemente raggiungibili dalle fermate del tram. I primi che scendono si dirigono verso la Fiera di Sinigaglia, che il sabato si trova in Ripa di Porta Ticinese. Tocca poi agli esploratori del parco di via Solari, e per ultimi, ai coraggiosi che decidono di affrontare l’arida Darsena. Una volta intrapresa la giusta direzione, si fa mente locale sugli stimoli raccolti tra la sera precedente e la mattinata appena trascorsa.

Crescere: identità in trasformazione
Chiedendoci chi siamo ci collochiamo nella realtà, riconoscendo noi stessi e gli altri. Eppure questo processo di identificazione non è mai lineare o unidirezionale. Ed è così che ci definiamo via via secondo il genere, la parentela, la classe sociale, la generazione di appartenenza…

Come in un caleidoscopio che ad ogni giro si ricompone in una nuova immagine, in ognuno di noi coesistono identità plurime che si intrecciano e si sovrappongono, nello spazio e nel tempo. Forti di questa consapevolezza, per cercare di cogliere la sempre più complessa dimensione dell’interculturale, abbiamo deciso di tagliarla trasversalmente, utilizzando come chiave di lettura il processo della crescita. Tutte le storie raccolgono realtà molteplici e ci raccontano un cambiamento.

Nel corso della mattinata abbiamo quindi provato a capire come indagare i nodi, gli strappi, le cuciture nelle storie personali, lavorando sulle identità in trasformazione. Volevamo andare in cerca di esperienze di vita, di storie del quotidiano o dello straordinario, senza ricondurle a una scala di valori, ma nutrendoci di esse. E così abbiamo individuato tre domande chiave da porre ai nostri interlocutori.

Chi sei oggi? Esplora il percorso di crescita a partire dalla consapevolezza del presente. Come sei arrivato ad essere ciò che sei? Invita a scavare nel passato alla ricerca dei momenti nodali, con delicatezza, rispettando la fragilità e la sofferenza che potrebbero emergere. Con la sua apertura lascia libero l’interlocutore di percorrere a ritroso il cammino che preferisce, selezionando autonomamente cosa svelarci, dal momento che qualsiasi materiale è un buon materiale e può dirci qualcosa. Come eri prima? Aiuta a concludere il percorso narrativo con una nuova consapevolezza.

Ma, come affrontare uno sconosciuto attorniandolo mentre riposa all’ombra, vaga tra le bancarelle di una fiera o chiacchiera con gli amici al parco, intromettendoci così profondamente nella sua vita? Decidiamo – suggestionati dal nostro “guru” Massimo, che ci ha condotto durante questa esplorazione, di giocare con loro.

Scopriamo le carte
Durante il percorso di formazione ci siamo spesso interrogati su come approcciare e posizionarci rispetto ai nostri interlocutori. La difficoltà di costruire la fiducia relazionale nell’intervista è stato infatti tra i primi scogli che abbiamo incontrato nel corso delle nostre esplorazioni su Milano. Abbiamo riflettuto e sperimentato molto, introducendo anche diversi elementi a partire da mappature biografiche, suggestioni linguistiche fino ad arrivare al gioco da tavolo Dixit (Dixit è un gioco di carte che si basa sulla narrazione. Propone dei meccanismi che stimolano il dialogo e la socializzazione, più che la competizione). L’obiettivo che ci eravamo posti era quello di provare a stimolare attraverso le carte un racconto che andasse a svelare il processo di identificazione, di trasformazione e di autorappresentazione, che ognuno di noi vive.

L’immagine, e in generale lo stimolo non verbale, permette di mettere da parte il piano cognitivo per lavorare sulle sollecitazioni emotive, avendo accesso a un più profondo repertorio di ricordi ed esperienze. Insieme alle domande-chiave, che avevano lo scopo di indirizzare la conversazione permettendo all’interlocutore di scegliere la propria direzione narrativa, abbiamo quindi scelto un “intervistatore” che ha iniziato distendendo le carte tra lui e il compagno di gioco. Pronti a rinegoziare le categorie di ricerca, a riformularle o a rinunciare ad esse.

Elena. Spiccare il volo a Milano
A Elena sono spuntate le ali. Da bruco a farfalla vorrebbe l’entomologia. Anche se non crediamo sia mai stata veramente bruco, Elena si è sentita intrappolata tra gli ingranaggi ferrigni della vita. Quella mattina in Casetta verde, nel nostro rifugio, Elena si è aperta con noi. Chi sei oggi? Noi un po’ la conoscevamo già, con quasi tutti i weekend dedicati a Potlach, ci siamo subito adoperati per renderli il più piacevoli possibili, scoprendoci e costruendo relazioni. Ma è bello sentire in lei la consapevolezza di essere donna. Fiera si muove tra gli alberi cresciuti dalle profonde radici che rappresentano il suo percorso di vita. La foresta è fitta, ma incantata. Il caos di una vita da ricercatrice precaria: ha imparato a conoscerlo e ora si destreggia in esso conscia che gli ostacoli che potrebbe incontrare non sono invalicabili.

Lì a terra giace, protagonista, una piuma. Lo stesso colore del manto lucente dell’unicorno. Elena ci parla di quella piuma come un pezzo di lei, non le è stata strappata, anzi, è una traccia. È la traccia che le permette di ritrovarsi quando ancora vacilla nel presente, o forse pensando al futuro. È la traccia di quello che ha costruito, è la sua parte solida, sebbene leggera, appunto, come una piuma.

Come sei arrivata ad essere quello che sei? Con molta fatica, dice. Una grande palestra è stata Milano. Arrivata da Roma, lasciandosi alle spalle un’intera vita, le certezze delle proprie origini, la bellezza di cui cerca di circondarsi e relazioni umane importanti, che lasciano il segno quando sono presenti e ancora di più quando si spezzano. Durante il dottorato in urbanistica ha deciso di iniziare a collaborare con il Politecnico di Milano, per fare ricerca in una città che offre molti stimoli agli esploratori urbani e dove lavori pionieristici riescono a prendere forma. Trasferirsi non è mai una scelta facile, ma sentiva di dover cambiare qualcosa. Il mondo sotto i suoi piedi ha traballato e lei ha deciso di affrontarlo. La ricerca di una nuova casa, la costruzione di un nuovo piccolo mondo. Ancora una volta, relazioni che crescono e si spezzano, e la paura di stare da soli. Ma ha trovato la sua casa: grazie a qualche aggancio è entrata nella sua stanza di Lambrate e ha aperto la porta ad un’amica con cui oggi convive. Il dottorato è finito, i lavori sono sempre precari, ma la stimolano. La ricerca di contatto umano è soddisfatta nel suo quotidiano – nonostante il titolo di architetto e urbanista – grazie alla delicatezza del suo approccio lavorativo. Ma, com’eri prima? Incastrata, la precarietà della vita l’ha travolta e confusa.

Arriviamo – con uno sguardo corale – a notare che le condizioni “ambientali” non si sono modificate – la precarietà, l’incertezza, la caducità di alcune relazioni. Il mondo è rimasto uguale e noi non abbiamo il potere di cambiarlo. Ma allora? Milano mette le ali? Quello che è cambiato, è proprio Elena, che con il tempo e l’esperienza è cresciuta, ha imparato a conoscere se stessa, le condizioni esterne e la relazione che intercorre tra le due parti. E ora è più libera.

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