Super: il festival delle periferie

La ricerca oltre al progetto

di Federica Verona

Articoli di giornale, servizi televisivi, programmi dedicati, campagne elettorali e comizi per descrivere la “periferia” come il luogo del disagio, del crimine, della lotta sociale, della povertà, dell’insicurezza. Dove, nella migliore delle ipotesi, si attivano progetti di ricucitura, rammendo, ricostruzione. Una narrazione, molto spesso, al negativo, che contribuisce quotidianamente a formare un’opinione pubblica e a costruire un’idea spesso preconcetta e superficiale nei confronti di un territorio.
Mettere in discussione quell’idea e quel tipo di narrazione è stato il punto di partenza di Super, il festival “lento” delle periferie.
Da un’esperienza di lavoro a Quarto Cagnino nella periferia ovest di Milano, di qualche anno prima, avevo incontrato una serie di realtà attive e capaci di caratterizzare fortemente quello stesso territorio attivando sinergie e strategie dal basso.

L’idea di provare a raccontare quel tipo di realtà in una forma articolata, prendendo una zappa immaginaria e iniziando a scavare è stata subito una formula che ha appassionato, quando gliela raccontavo radunandole, tutte le persone che oggi fanno parte di TumbTumb, l’associazione culturale a cui abbiamo dato vita per promuovere il festival.

Un gruppo eterogeneo che proviene da diversi mondi (antropologia, fotografia, urbanistica, design, web, letteratura, agricoltura) messo insieme con un’unica regola: nessuno doveva aver lavorato assieme prima. Venire dagli stessi mondi, infatti, avrebbe reso più difficile un senso critico e corale, necessario in un lavoro che partiva da zero. Certo, a volte è più dialettico e difficile il confronto, l’unione dei punti di vista, o l’accettare che i punti di vista possano rimanere distanti anche in un progetto comune.
Di sicuro, chiederci se davvero le periferie rispondono solo a quel tipo di narrazione ci ha spinto, nelle nostre diversità, a ideare un progetto libero e politico.

Se inizialmente immaginavamo di fare un festival di pochi giorni, il lavoro di gruppo, ha arricchito il progetto. Lo ha reso denso, ampio, iniziando ad esprimere curiosità, domande, incertezze. Tra queste, la paura di fare l’ennesimo lavoro eclatante e molto comunicato, ma poco denso di contenuti, e poi la paura di parlare di un tema che non conoscevamo abbastanza. Per questo ci siamo dati un tempo lento, di metabolizzazione.

Abbiamo deciso di iniziare a conoscere meglio questa città e così ci siamo dedicati per più di un anno a dei tour conoscitivi. Non sono passeggiate, non sono derive urbane, sono tour. Un’occasione (aperta a tutti) di ascoltare le realtà che popolano la periferia. Quelle realtà attive e capaci di generare progetti, iniziative e palinsesti. Capaci di chiamare quartieri interi a raccolta. Capaci di muoversi su più fronti e tra tantissimi temi: la cultura, il verde, il cibo, lo sport, l’associazionismo, il welfare. Facendolo come singoli individui, associazioni, organizzazioni più complesse.

I tour sono un’occasione per imparare da loro. Per conoscere di nuovo questa città, per capire se quella domanda iniziale è una domanda giusta. A oggi abbiamo fatto 21 tour e ascoltato 110 storie.Ci siamo mossi in maniera trasversale e imparziale incontrando nello stesso giorno Comunità di famiglie che mettono i propri risparmi in comune, spazi per la musica che prima di insediarsi hanno conosciuto il quartiere o laboratori di giovani illustratori architetti e pittori imprenditori, fino a trattorie popolari nate per ricominciare a parlare di politica.

E ancora associazioni di genitori in grado di di coinvolgere la scuola in apiari e orti sinergici, cascine, botteghe di quartiere capaci di inventarsi feste, palestre di parkouristi imprenditori, centri sociali autogestiti storici e meno storici, danzatori urbani e molto altro.
Da tutti loro abbiamo capito che c’era un gran bisogno di raccontarsi e di essere ascoltati e di trovare un modo per portare alla luce delle istanze.

Così ci siamo fatti trasportare dalla “straordinarietà della semplicità” che abbiamo incontrato.
Abbiamo annotato, fatto domande, registrato, filmato. Aggiornato un diario di viaggio e raccolto idee per ogni progetto che con Super realizzeremo.

Nella totale coscienza di non essere i detentori assoluti della conoscenza delle periferie milanesi che per fortuna cambiano, si trasformano e diventano altro.

A settembre, una volta finito il primo giro di incontri e ascolto, coinvolgeremo di nuovo tutte le voci ascoltate per restituire alla città e alle istituzioni, quanto ascoltato. Elaboreremo internamente il lavoro fatto, confrontandoci tra di noi, rileggendo, discutendo e poi, quel lavoro, lo restituiremo alla città.

Il coinvolgimento delle realtà incontrate è un elemento importante e una sfida continua di Super. “Su e per” ma soprattutto con, da questo viene il nome. Nella consapevolezza di quanto sia difficile coinvolgere e creare sinergie, provare a costruire un lavoro non autoreferenziale per noi è un grande obiettivo. Per questo, quando partiranno i 10 progetti curatoriali di Super, sarà fondamentale il continuo rapporto con le voci che ci stanno guidando.

La scelta di elaborare dei progetti è stata propedeutica, all’interno del gruppo, per costruire attraverso Super, un grande archivio di pratiche che pian piano stiamo inserendo nel nostro web site e che possano essere disponibili per tutti. E poi per lasciare una traccia semplice del nostro viaggio.

Ma cosa sono i nostri progetti, dunque?

Michele Aquila costruirà un circle line di 100 km da percorrere in bici, Diletta Sereni costruirà una rete tra gli orti, Nicla Dattomo studierà come il lavoro è cambiato in periferia e potrà far riprodurre con licenza Creative Commons gli arredi urbani sperimentati ad hoc da Gianmaria Sforza per supportare chi, in piccoli o grandi spazi, prova a costruire nuove socialità. Filippo Romano userà la fotografia per far raccontare agli adolescenti il loro abitare tra centro e periferia nella quotidianità. Carlo Venegoni, Elena Dragonetti e Francesca Marconi stanno indagando le forme di utilizzo dello spazio pubblico da parte delle comunità danzanti. Io proverò a raccontare in maniera diversa la linea di trasporto pubblico 90/91 grazie al contributo di illustratori, videomaker, fotografi e artisti. Igor Loddo e Francesca Audisio stanno lavorando ad una grande sinfonia che sappia raccogliere voci di presente e passato, Elisa Sabatinelli porterà degli autori under 35 nei cortili delle case di ringhiera e li connetterà alle biblioteche. I progetti proveranno, in maniera continua, ad offrire un punto di vista diverso, un metodo di osservazione capace di liberare le periferie dallo stereotipo.

L’obiettivo è quello di mettere in scena tutti i progetti e il lavoro fatto con un grande festa popolare e finale, nel 2018. Un momento per elevare il dibattito, portandolo su un piano nazionale, internazionale e non solo milanocentrico.

Cercheremo di attivare talk, workshop e confronti, animare palchi, piazze e strade. Provando a costruire un palinsesto preciso e capace di essere seguito con attenzione da un pubblico ampio.
Super è un progetto nato libero, e non da persone facoltose. La ricerca dei finanziamenti per portarlo avanti è continua a volte faticosa: ci muoviamo, come molti, tra bandi, call e donatori. Anche così, attraverso l’incontro con chi può sostenerlo economicamente, il progetto cambia, raccoglie nuovi stimoli e si evolve.

Grazie a questa rubrica su Q Code Town tutti noi, a turno e attraverso un’uscita mensile, scriveremo e racconteremo questa città, la periferia che stiamo attraversando, attraverso lo sguardo, la sensibilità e le competenze specifiche di ciascuno di noi.

Alla fine, speriamo, vi avremo restituito un mosaico ricco e sfaccettato e per farlo ogni contributo è prezioso: naturalmente, anche il vostro.

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