ISCN: International Sustainable Campus Network

Le università per la sostenibilità alla ricerca di un rinnovato ruolo nelle città e nelle società: Sette punti per supportare questa sfida

di Eugenio Morello

Ogni anno un folto gruppo di università internazionali impegnate nel cammino verso la sostenibilità si riunisce per discutere i progetti intrapresi e in corso e ragionare in merito ai traguardi futuri. L’International Sustainable Campus Network (ISCN) non è certo una élite, visto che rappresenta oltre 70 università, appartenenti a 20 Paesi di tutti i continenti. Se si sommano poi gli studenti degli atenei coinvolti, si conta circa un milione di persone. Capite quindi che i numeri cominciano a essere significativi! D’altronde i nuovi laureati sono le persone che influenzeranno le sorti della società del futuro; che responsabilità hanno quindi le università nei confronti della collettività?

Quest’anno a Hong Kong sono stati affrontati numerosi temi e discusse molte questioni inerenti la sostenibilità, ma sicuramente sottotraccia ricorreva la questione dell’opportunità di ridefinire il ruolo delle università all’interno delle città e nella società in generale, grazie proprio al tema della sostenibilità.

Perché proprio la sostenibilità può essere un’occasione di rilancio dell’università al fine di consolidare il proprio ruolo nella società? Provo a rispondere a questa domanda attraverso sette punti.

1. La popolazione studentesca è pronta a sperimentare l’innovazione

Anzitutto l’università è composta da una popolazione giovane con alti livelli di istruzione, sempre più internazionale. Questo tipo di comunità rappresenta la condizione ottimale per sperimentare l’innovazione; sono proprio gli studenti a spronare le comunità universitarie a testare stili di vita più sostenibili e a sfruttare le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie. Inoltre, l’obiettivo di promuovere stili di vita più consapevoli nei confronti dell’ambiente va di pari passo con i costi monetari: due piccioni con una fava! Da una parte, infatti, il risparmio economico è sicuramente un’esigenza sentita dagli studenti, dall’altra l’emergere della sharing society consente di trovare nuove sinergie a livello locale e ridurre gli sprechi delle risorse naturali.

Hong Kong University. Le coperture piane di molti edifici sono state convertite in farming gardens, veri e propri orti gestiti direttamente dagli studenti. Si tratta di un modo efficace per educare alla sostenibilità, rendendo più consapevole l’intera comunità circa i temi della nutrizione e la cura del territorio (foto dell’autore).

Hong Kong University. Le coperture piane di molti edifici sono state convertite in farming gardens, veri e propri orti gestiti direttamente dagli studenti. Si tratta di un modo efficace per educare alla sostenibilità, rendendo più consapevole l’intera comunità circa i temi della nutrizione e la cura del territorio (foto dell’autore).

 

2. I campus sono prototipi per la testare i prodotti della ricerca

Le università possono essere ottimi test-bed per sperimentare le innovazioni prodotte dalla ricerca e proporre quindi nuovi modelli urbani sostenibili per il futuro: quante volte veniamo a conoscenza di invenzioni prodotte dai nostri ricercatori che sono poi esportate in contesti lontani e non lasciano traccia dove sono state implementate. Perché non favorire la sperimentazione in situ? Inoltre, molte università sono localizzate all’interno della città consolidata e rappresentano un prototipo perfetto di quartiere urbano del futuro.

3. Ci sono i numeri per consentire lo scale-up di numerose politiche per la sostenibilità

L’internazionalizzazione e l’eccellenza della ricerca sulla sostenibilità in cui molte università – anche di prestigio – sono coinvolte, dà la possibilità di interagire con istituzioni importanti per fare sentire la propria voce. Ciò non è sicuramente cosa da poco. ISCN nasce ad esempio come costola del Global University Leaders Forum (GULF) presso il World Economic Forum (WEF) e, può far sentire la sua voce e tentare diverse occasioni di interazione con altre istituzioni internazionali, quali le Nazioni Unite e la World Bank. Anche a livello nazionale, la costituenda rete degli atenei sostenibili, si farà portavoce del nuovo ruolo delle comunità universitarie italiane per spronare la conferenza dei rettori (CRUI) e la politica in generale a fare di più sul tema. Si pensi ad esempio a che peso potrebbero avere in tal senso solamente gli atenei milanesi nel panorama cittadino e metropolitano. A ISCN partecipano, infatti, ben tre atenei del capoluogo lombardo impegnati a tracciare un serio percorso verso la sostenibilità. Si tratta di circa 100.000 studenti. Unendo le forze, ci sono quindi i numeri per tentare lo scale-up e proporre diversi progetti e programmi per attivare strategie oggi difficilmente applicabili in contesti più deboli e disaggregati, quali: programmi di nutrizione a chilometro zero, progetti di mobilità lenta e sostenibile, modelli abitativi innovativi, ecc.

Hong Kong University, Centennial Campus. I nuovi edifici universitari, oltre a essere un ottimo esempio di efficienza energetica, integrano diverse soluzioni progettuali per garantire l’estetica e il comfort ambientale anche negli spazi aperti, attraverso l’uso sapiente del verde e dell’acqua (foto dell’autore).

Hong Kong University, Centennial Campus. I nuovi edifici universitari, oltre a essere un ottimo esempio di efficienza energetica, integrano diverse soluzioni progettuali per garantire l’estetica e il comfort ambientale anche negli spazi aperti, attraverso l’uso sapiente del verde e dell’acqua (foto dell’autore).

 

4. L’accesso al credito e il ritorno d’investimento sono garantiti

Le università sono spesso attori solidi, con facile accesso al credito per finanziare progetti ambiziosi. Certo, il governo potrebbe sviluppare e favorire maggiormente politiche d’investimento con incentivi fiscali orientati al finanziamento dei progetti di sostenibilità in ambito universitario. Molti paesi stranieri già lo fanno e finanziano alle università progetti edilizi e di ricerca all’avanguardia. Teniamo presente che il tempo di ritorno degli investimenti, anche a lungo termine, può essere facilmente assorbito da un attore solido come un’università.

5. Si possono sperimentare con successo nuove forme di governance partecipativa

La sostenibilità può essere intesa anche come una strategia efficace di “allineamento” della comunità universitaria. Il tema è generalmente condiviso e trasversale ai diversi organi e uffici. Coinvolge gli studenti, gli accademici e il personale tecnico-amministrativo. Condividere obiettivi comuni e impostare insieme le strategie per raggiungerli, rappresenta un modo efficace per rafforzare la comunità universitaria. Favorire approcci bottom-up, di ascolto e di co-progettazione attraverso la costituzione di living lab è la strada intrapresa ad esempio dall’iniziativa “Città Studi Campus Sostenibile” promossa da Politecnico di Milano e Università degli Studi di Milano nel 2011. Queste forme di governance innovative potrebbero essere quindi esportate con successo anche a livello di governance pubblica. Si noti peraltro che la collaborazione partecipativa tra atenei e città è già in corso in numerosi casi: il diffondersi dei piani d’azione locali per l’adattamento ai cambiamenti climatici è un terreno di sperimentazione molto attuale a livello internazionale e consente proprio un avvicinamento tra le comunità universitarie che contribuiscono con il loro sapere tecnico e scientifico sul tema e le comunità locali di cittadini che possono testare e mettere in pratica le azioni. Senza interazione tra pianificazione e cittadinanza, non sarebbe possibile portare avanti un serio programma di azione per la sostenibilità

Hong Kong University, Centennial Campus. I nuovi edifici sono anche un esempio all’avanguardia in termini di gestione smart e integrata dei servizi. Un sistema di sensoristica capillare raccoglie dati ambientali in tempo reale e consente una mappatura precisa delle condizioni esterne e interne agli edifici (foto dell’autore).

Hong Kong University, Centennial Campus. I nuovi edifici sono anche un esempio all’avanguardia in termini di gestione smart e integrata dei servizi. Un sistema di sensoristica capillare raccoglie dati ambientali in tempo reale e consente una mappatura precisa delle condizioni esterne e interne agli edifici (foto dell’autore).

 

6. È possibile coniugare l’eccellenza e la sostenibilità attraverso la formazione

Le università sono il luogo della conoscenza e dell’eccellenza. Non possono ignorare il discorso della formazione alla sostenibilità. Molte università hanno già reso obbligatorio conseguire crediti di sostenibilità all’interno dei loro curricula, indipendentemente dal corso di laurea. Auspichiamo lo stesso anche in Italia. Il sapere che ruota intorno alla sostenibilità è interdisciplinare e legato alla scienza della complessità. A differenza di altri settori tecnologici consolidati, in cui ormai la ricerca è portata avanti soprattutto dalla grande industria che ha le risorse per sviluppare i progetti, la sostenibilità è una disciplina ancora da formare e richiede una visione olistica e un approccio critico, dominio che rimane ancora prerogativa del mondo universitario. Ancora una volta, le ricadute sulla società e sulle città possono essere significative: progetti di “educazione a cascata” consentirebbero di diffondere il sapere in tema di sostenibilità sulla popolazione locale: studenti universitari trasferiscono le conoscenze agli studenti delle scuole medie superiori e via via fino alle scuole elementari. E ancora, sportelli informativi su diversi temi sociali, ambientali ed energetici potrebbero incidere direttamente sulla gestione urbana e consentire all’università di sperimentare la ricerca su un campione allargato.

7. È un’occasione per rinnovare il dialogo e la collaborazione tra università e l’industria

Non da ultimo il crescente interesse dell’industria per la green economy e le politiche di sostenibilità promosse a livello europeo e internazionale, richiedono nuove conoscenze. Come menzionato al punto precedente, la formazione dei “colletti verdi” del futuro è in gran misura responsabilità delle università. Quali sono i saperi necessari per un leader nel settore? Cosa vogliono le industrie dai neolaureati e cosa può fare l’università per indirizzare e rendere incisive le conoscenze acquisite dagli studenti nel mondo dell’industria? Impostare un nuovo dialogo tra industria e università sul tema della sostenibilità è un dovere civico degli atenei. Molte università si stanno muovendo in tal senso. Per esempio, se ne occupa attivamente il SienaLab dell’Università di Siena, proprio per cercare di favorire una mutua collaborazione tra industria e formazione universitaria alla sostenibilità.

È quindi auspicabile un ruolo più attivo delle università all’interno dei contesti urbani in cui operano e nella società in senso lato. La sostenibilità è la chiave. Le università per la sostenibilità si riuniranno nuovamente tra un anno, più numerose e più consapevoli del proprio ruolo. L’appuntamento è dunque rinnovato all’anno prossimo, proprio in Italia: See you in Siena!

 

Eugenio Morello:  Laboratorio di Simulazione Urbana Fausto Curti, Dipartimento di Architettura e Studi Urbani (Dastu), Politecnico di Milano

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