Tra sopravvivenza quotidiana e auto-organizzazione dei migranti irregolari ad Amsterdam. Episodio uno: la casa
di Marta Marzorati
3 marzo 2018 – Domenica mattina, il canale di fronte a casa è ghiacciato. C’è chi gioca a hockey, chi si porta dietro una sedia per imparare a pattinare senza cadere, chi sfreccia sui pattini e fa piroette. Non so se il Burian si sia abbattuto anche sull’Olanda, ma ad Amsterdam nelle ultime settimane le temperature di giorno si sono aggirate di media attorno ai -7 gradi.
L’immagine risulterebbe alquanto pittoresca, un po’Pattini d’argento, se il pensiero non volasse immediatamente verso chi ogni mattina viene reso un “senza fissa dimora” dalle politiche attive del Comune.
Mi domando dove siano con questo freddo, visto che nel fine settimana il centro comunitario dove lavoro, Het Wereldhuis (“la Casa del Mondo”), è chiuso.
Sono più di 15.000 su quasi 900.000 abitanti i migranti irregolari nella capitale europea della tolleranza.
Parliamo di potenziali rifugiati, in attesa di iniziare una nuova procedura perché diniegati una prima volta da un sistema di valutazione delle richieste d’asilo tanto rapido ed apparentemente efficiente, quanto standardizzato e rigido.
Di richiedenti immobilizzati dal poco equo sistema di Dublino, che li vorrebbe di nuovo in Italia, anche se loro in Italia non ci vogliono tornare. Di lavoratori domestici in Olanda da decenni, visibili per chi li sfrutta, invisibili per un governo che concede permessi di soggiorno solo a lavoratori “altamente qualificati”. Di donne vittime di tratta che non sono riuscite a presentare “abbastanza prove” per ottenere protezione dai loro carnefici, schiave del sesso anche in un paese dove la prostituzione è legale…
Sono diversi i casi, infinite le storie, tante le eventualità che possono imbrigliare qualcuno entro le maglie dell’irregolarità per mesi, anni, decenni, nella maggior parte dei casi senza lasciare spazio di manovra per costruire il proprio futuro, per vivere con dignità.
Nè in avanti nè indietro, come molti politici vorrebbero: senza il diritto riconosciuto di rimanere in Olanda ma anche senza la possibilità di tornare “al loro paese”, perché magari li aspetterebbe il vuoto di nessuna rete sociale, nessun lavoro, nessuna casa, nessuna protezione. Niente. Oppure la guerra, la violenza diffusa, la corruzione, la miseria, i disastri ambientali, il pericolo di morte per motivi etnici, religiosi, politici, di orientamento sessuale.
Quel pericolo che in sede di commissione d’asilo non è stato valutato come reale, perchè magari, al momento dell’intervista, che avviene in 5/7 ore di fila, a tre giorni dall’ingresso in Olanda, senza alcuna preparazione adeguata, non si ha con sé quel documento particolare (Che documento, dopo aver attraversato deserti e mari? Che documento, se sono analfabeta?), le barriere culturali sono forti (Al mio paese non si guarda negli occhi il proprio interlocutore, non si parla apertamente della propria omosessualità), si è ancora traumatizzati dal viaggio.
Oppure ancora, per il loro paese d’origine non sono nessuno, non sono riconosciuti e l’inumana misura del rimpatrio forzato non è proprio possibile. Immobilizzati.
Molti di loro abitano ormai ad Amsterdam da anni senza fissa dimora. Non avendo documenti, non possono accedere ai rifugi per persone “regolari” – cittadini olandesi o per lo meno dello spazio europeo.
Due anni fa, grazie all’avvocato Pim Fisher, nelle principali città olandesi sono stati aperti luoghi dedicati. Chiamati Bed Bad Brood (letteralmente Letto, Doccia, Pane), sono stati pensati per garantire i diritti di base ai migranti senza documenti di paesi terzi, dopo una battaglia legale aperta da Fisher assieme a diverse associazioni per i rifugiati. Il governo olandese è stato chiamato a rispondere davanti alla Corte Europea dei Diritti Umani. E ha perso.
In due anni la situazione è migliorata, ma non del tutto. I BBB sono aperti solo dalle 4 di pomeriggio alle 9 di mattina. Di fatto, quotidianamente centinaia di persone vengono lasciate per strada, non importa le condizioni atmosferiche o di salute personale. Senza la Casa del Mondo, non avrebbero un posto dove andare, un bagno a cui accedere senza dover pagare almeno 70 centesimi, un pasto caldo a pranzo, perché i centri diurni e le mense per senzatetto non accettano irregolari.
Il BBB è solo uno shelter – non offre alcun tipo di assistenza ai richiedenti che magari sono in fase di appello o a chi vorrebbe presto aprire una nuova procedura di asilo.
È impossibile trovare riposo, concentrarsi per prepararsi alla nuova commissione, capire quale sarà il prossimo passo, domani è un altro giorno e chissà dove lo passerò, cosa mi succederà. Dipendenze, violenza, morte per non accesso a cure adeguate, suicidio accadono nel silenzio di questi edifici alla periferia non solo fisica della città.
I posti letto al BBB sono limitati, 160 in tutta Amsterdam. Meno della metà sono riservati alle donne. Vengono assegnati dagli uffici comunali in base a criteri poco trasparenti. Lo scorso autunno le liste di attesa erano così lunghe che nuovi criteri sono stati introdotti e diffusi: è precluso l’accesso al BBB a chi viene da “paesi sicuri” o chi ha un Dublin claim, per esempio.
Nella foto: BBB
Già ad ottobre in centinaia sono stati costretti a firmare dichiarazioni di cooperazione per il rimpatrio al paese di origine o verso l’Italia, pur di “guadagnare” un po’ di tempo. Lo stesso meccanismo vale per tutte quelle madri sole, magari vittime di abusi, ma che non hanno abbastanza prove per ottenere protezione umanitaria. Puoi avere rifugio solo se sei disposto a cooperare per essere rimpatriato.
Novembre è arrivato e le prime persone sono state lasciate per strada. Il winter shelter, aperto ogni anno da dicembre ad aprile per contrastare l’emergenza freddo, non era ancora attivo. In ogni caso, sembrava che anche lì l’accesso sarebbe stato ristretto, per i migranti irregolari.
Chi vuole accedere al winter shelter deve prima passare da uno screening, gestito dai servizi sociali cittadini, che si tiene solo i lunedì e venerdì, in una finestra temporale di due ore. Chi non ha fatto lo screening non può avere accesso allo shelter. Ad eccezione che le temperature non siano sotto lo zero, allora per quella notte può passare. Mi domando: che differenza c’è tra 1°, 0 o -1°? Comunque si ghiaccia. Eppure molti ogni notte sono rimasti e rimangono per strada.
In piena emergenza, la Casa del Mondo ha lanciato una raccolta di sacchi a pelo. Per dormire dove? Chi è senza fissa dimora e non ha documenti è costretto a vagare senza sosta.
Non ci sono barboni ad Amsterdam. È quello che spesso sento dire non solo ai turisti, ma anche a molti locali. Ci sono, eccome, sono semplicemente costretti a nascondersi. In una città iper-video-sorvegliata la polizia non ti da tregua, sei costretto a camminare tutta la notte, a renderti invisibile, a imparare a mimetizzarti…
Nella foto: We are here
Cinque anni fa un gruppo di richiedenti asilo fuori procedura ha piantato le tende nel giardino della Casa del Mondo per urlare alla città We are Here! – WIJ ZIJN HIER. Un grido di rabbia, di richiesta di solidarietà, accoglienza e riconoscimento che è diventato il nome del collettivo.
Here in The Netherlands our existence is structurally denied. But this does not mean that we do not exist. We are here. We are living on the streets or in temporary shelters. We are living in a political and legal vacuum—a vacuum that can only be filled by the recognition of our situation and our needs. Our lives have been put on hold because we don’t have papers, but we refuse to have our existence denied any longer. We refuse to remain invisible. We refuse to remain victims. We demand a structural solution for anyone who is in our situation and for all others who might find themselves trapped in the same political and legal vacuum. We demand recognition of our existence. We demand our existence to be acknowledged in official policies and laws. We are here and we will remain here
(We Are Here Manifesto)
Sono qui e rimarranno qui. Il gruppo ha cambiato più di 50 location in 5 anni.
È grazie a loro se, a novembre, hanno avuto un tetto molte persone rigettate dal BBB e che non trovavano spazio in nessun altro dormitorio cittadino, tra cui anche parecchi minori non riconosciuti come tali, donne sole, ragazze incinte, donne con bambini…
Gli edifici occupati, tuttavia, sono spesso in condizioni precarie. Mancano di servizi adeguati, come per esempio le docce. La solidarietà dei quartieri è grande e negli squat c’è sempre un gran via vai, si cucina insieme grazie alle donazioni ricevute, si fa festa per racimolare qualche fondo per migliorare, anche se per poco, le condizioni abitative.
Perchè sì, dopo qualche giorno, settimana o, se si è fortunati, mese, si è costretti a lasciare l’edificio e a spostarsi: l’occupazione è illegale in Olanda e non è più così tollerata come in passato, in generale si ha la sensazione che ci sia ben poco spazio per l’autonomia. Però resiste la forza e la protezione del gruppo.
Nella foto: Winter shelter
Dicembre e il freddo sono arrivati, il winter shelter ha aperto. I minori-non-minori ci si sono spostati in massa, perché almeno lì c’è l’acqua corrente. Eppure questo è l’unico vantaggio. La maggior parte degli ospiti dello shelter sono senza tetto olandesi o europei con pesanti problemi di dipendenze, spesso violenti, non solo verbalmente.
Gli episodi di razzismo sono all’ordine del giorno. Le donne, giovani e meno giovani, spesso vittime di abusi durante i lunghi viaggi per arrivare in Europa, sono di nuovo messe in condizioni di estrema vulnerabilità.
21 marzo 2018 – Tra dieci giorni il winter shelter dovrebbe chiudere. La settimana scorsa il gruppo informale Amsterdam City Rights è riuscito a strappare al Comune un prolungamento dei tempi perché la situazione, per i migranti irregolari, è allarmante. Oggi ci sono state le elezioni, pare abbiano vinto i Groenlinks (sinistra verde). Dicono che garantiranno l’apertura dei BBB 24 ore su 24. Staremo a vedere dove andranno tutte queste promesse.
L’articolo è tratto dal blog di Marta Marzorati.