Bellezze di città: la bottega di MacKenzie

testo di Bruno Giorgini, foto di Ellis Boscarol

Siamo a inizio anno, tempo buono per andare in visita scoprendo Bologna, piena di cose belle, molte descritte in qualunque guida, qualcuna più segreta. Fa parte di queste ultime la bottega di MacKenzie, in via Fondazza.

Sperando che le foto di Ellis Boscarol le rendano giustizia, aggiungiamo qualche parola. La sensazione che si ha entrando è quella di una catastrofe, compiuta e serena. Più precisamente: la bottega appare il luogo di riciclo per le innumerevoli catastrofi che popolano la dinamica urbana. Catastrofi che vengono scomposte e riassemblate diventando oggetti costituenti un nuovo mondo. Dicendola con un paio di citazioni da Italo Calvino, la bottega di MacKenzie ci permette di toccare con mano, facendola nostra, la “consuetudine con la visione della fine del mondo come stabile condizione perchè il mondo continui”, nonchè ci aiuta a “ cercare e saper riconoscere che e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, dargli spazio.”

MacKenzie è completamente inventato, splendida invenzione dovuta al suo alter ego diciamo Mario Rossi – nome di fantasia – che non ne poteva più del lavoro di cura degli altri in un contesto burocratico e ripetitivo.

Come Mario Rossi straemiliano abbia potuto dare vita a MacKenzie, gallese col kilt e la vocazione a costruire cose con l’anima nessuno sa, fa parte del magico mistero creativo della bottega.

Oggi i due convivono, domani chissà.

Inoltre la bottega si popola di persone come Jim, che viene dall’ Africa (o è l’Australia, o sono entrambe chissà) e lavora il legno come un antico maestro ebanista, oppure una congerie di giovani dei più vari sessi, colori, suoni e lingue che vogliono imparare il mestiere, qualcosa tra una capacità artigiana di trattare la materia trasformandola in cose fantastiche, ovvero frutto della fantasia operativa,   e quella di trasformare le cose in raffinati oggetti – nel senso di Wittgenstein: gli oggetti contengono la possibilità di tutte le situazioni – oggetti d’arte frutto dell’estetica, il gusto del bello e del vero. Negli oggetti di MacKenzie “Etica e estetica sono tutt’uno” (W.)

La Bottega di Mackenzie
La Bottega di Mackenzie
La Bottega di Mackenzie
La Bottega di Mackenzie
La Bottega di Mackenzie
La Bottega di Mackenzie
La Bottega di Mackenzie

Quando poi uscite dalla bottega di MacKenzie, un spazio fisico di pochi metri quadri dove s’affastella il mondo con una topologia aperta sull’infinito, potete incontrare nella sua bottega Antonio, mastro del cuoio, filosofo del quotidiano e facitore di battute, magari insieme a Vilas, amatore di Don Chisciotte che recita a memoria. Ancora qualche passo e compare il negozio laboratorio d’arte di Carmen e FantoMars, un caleidoscopio di colori e opere, quindi Marco B., che anima il centro informatico, telematico, stampante e con macchine fotocopianti, della strada, frequentato da giovini e giovinette della vicina università nonchè poeta, timido. Fuori, nell’apposita rastrelliera si possono lasciare libri, riviste, fumetti a disposizione di chi voglia.  Più avanti, svoltato l’angolo con S. Petronio Vecchio ecco la bottega dei “liberi libri”: un luogo dove gratis et amore si scambiano libri. Potete entrare, vedere se c’è un qualche volume che vi interessa, prenderlo e uscire, oppure portare i libri che ormai vi riempiono fin sul letto, al limite il tutto in silenzio, sebbene sia più simpatico scambiare quattro chiacchere con Anna, che ha avuto l’idea e gestisce il negozio.

A proposito di libri in  questa strada delle meraviglie non potete perdervi Beniamino uomo di carta, cioè rilegatore di libri pregiati; se invece vi capita di avere bisogno d’attrezzi, cacciavite, trapano, martello eccetera basta fermarsi da Russel, fruttivendolo, dove giace la cassetta degli attrezzi social, cioè a disposizione degli abitanti, e di chi ne abbia bisogno. Al bar d’angolo con via S. Petronio Vecchio potete  trovare i cavi per la batteria della macchina.

Magari nel frattempo vi viene fame, allora potete sperare di incontrare Luca, lo chef che ha messo in moto l’encomiabile attività che potremmo chiamare: la Fondazza in cucina. Ovvero Luca viene a casa di qualcuno per cucinare e raccontare, secondo le antiche tradizioni del luogo. Seppure foresti chiedendolo con le dovute gentilezze, potete sperare di essere invitati a gustare un grande piatto.

Se il vostro aspetto non è dei migliori, perchè da giorni non vi fate la barba e avete i capelli scarmigliati fermatevia da Moreno il parrucchiere, che a volte la domenica mattina taglia i capelli  a chi voglia in Piazzetta Morandi. Siccome fuor di piazzetta è difficile trovarlo, infatti il suo laboratorio sta quasi nascosto senza alcuna appariscente insegna, non fatevi prendere dal panico: lì un passo dopo l’incrocio c’è un più visibile barbiere, comunque portatore di storie che profumano di terre lontane.

Sotto i portici avendo pazienza e fortuna potete imbattervi in Alessandra che suona i suoi tamburi maghrebini – i bendir – con somma maestria di filosofa sufi, oppure in Elide anch’essa musica, mentre Matilde suona il pianoforte in strada la domenica mattina, quando ha voglia. Nè possono mancare i cori e canti di bambini, e a proposito Laurell, mamma di due splendidi piccini, ha lanciato le Mom, mamme on mission, una associazione di mamme che danno un bollino ai luoghi di ristoro –pizzerie, trattorie, sale da the, ecc..- e ai negozi che hanno strutture di accoglienza adatte ai bimbi (seggioloni, luoghi per cambiare i pannolini, luoghi per l’intrattenimento e la cura). Già ce ne sono trenta a Bologna, ma anche due in Francia, due a Johannesburg e chissà dove ancora (www.momapproved.it).

La Bottega di Mackenzie
La Bottega di Mackenzie
Un manifesto lungo 210 metri
Antonio il Calzolaio
Poesie sotto i portici
Poesie sotto i portici
Esposizione nei cortili
Esposizione nei cortili
Negozio le impronte

Casomai voleste, potete anche visitare, dietro appuntamento, la più istituzionale e nota casa/studio di Morandi, il pittore che, per dirla con Eco, ha messo l’infinito in una bottiglia. Ma adesso avete voglia di andarvene, pur non avendo visto tutto così avete la scusa per tornare, a fare un giro in città magari sulla sella di una bicicletta. Ebbene entrate da Massoud, il fruttivendolo e alimentari d’angolo tra S. Petronio Vecchio e Fondazza, chiedete le chiavi e senza alcun altra formalità, avrete una bicicletta in prestito, con l’unico impegno a riportarla indietro. Miracolo dei miracoli, su un parco di diciassette velocipedi messo in piedi da Marco M., soltanto uno è finora stato rubato.

Così mettiamo piede nel sentimento fondamentale, quella solidarietà che è il tessuto connettivo della strada, considerata ormai da tutti, o molti, un bene comune, prezioso per la convivenza civile, o come dicono i francesi, le vivre ensemble.

Fa parte di questo vivre ensemble la solidarietà verso gli altri, i foresti profughi siriani compresi. Qui si svela uno dei modi di funzionamento della strada. Come è ovvio, ci sono quelli a braccia spalancate, quelli accoglienti ma più in occhio, quelli meno accoglienti, e quelli del tutto misantropi verso “lo straniero”. Invece di una defatigante e divisiva discussione tra i sì o i no e quelli un po’ sì e un po’ no, tra il bianco e il nero con tutte le altre cinquanta sfumature di grigio, magari raccogliendo le firme da cui qualcuno si sarebbe sentito escluso o obbligato, si è lasciato campo libero all’autorganizzazione. Qualcuno ha deciso un luogo di raccolta per gli abiti e altro, e di destinazione a una ONG di fiducia, quindi chi voleva portava il suo dono, accadendo così che pure alcuni tiepidi hanno contribuito, mentre nessuno si è sentito additato nè su un verso nè sull’altro.

Molte altre iniziative e luoghi degni di nota esistono in Fondazza,  a un passo c’è anche il centro di documentazione, ricerca e iniziativa delle donne di Bologna con una Biblioteca pubblica molto ricca di documenti e testi, dove spesso i/le cittadini/e di Fondazza riuniti nella social street si sono incontrati in assemblee e conferenze sulla spinta tra l’altro delle molte ragazze che la animano, ma per ora la finiamo qui, scusandoci con chi abbiamo dimenticato.

Con un ultimo passaggio. Tutta questa strada, la Fondazza, dove albergano botteghe e azioni che ricordano le botteghe e le allegre – a volte avventurose – brigate della Firenze rinascimentale, non è fiorita così per uno schioccare di dita, ma è figlia appunto della social street inventata in primis da Federico Bastiani, padre fondatore, nonchè coordinata da Luigi Nardacchione, cui partecipano molti/e altri/e, e che in qualche modo è diventata un modello di organizzazione/comunità di cittadini/e autogestita, oserei dire da New York a Forlimpopoli.

 

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