Scorci di Marsiglia

Foto di Ellis Boscarol
Testo di Bruno Giorgini

 

Marsiglia è una leggenda.

Fondata da antichi esuli greci marinai di Focea nel 600 a. C, rimane per sempre un luogo di transito, e un ponte tra le sponde del Mediterraneo. La città più araba d’Europa, la città più occidentale d’Arabia. La porta per gli Sati Uniti quando si tratta di sfuggire ai nazisti.
Marsiglia, con la maggiore area di natura incontaminata al mondo, il maggiore numero di orti urbani cooperativi o comunali o privati, perfino con cospicui allevamenti di bestiame, e l’idea delirante a un certo punto della sua storia di fare arrivare i terminali delle autostrade in pieno centro.
Marsiglia traversata dalla canebiere, che non è una via o un boulevard ma semplicemente La Canebiere come Brigitte Bardot, semplicemente lei senza bisogno d’altro.

Marsiglia in perenne rivolta, le postazioni dei cannoni del forte puntati sulla città e non verso il mare, per tenere a bada i cittadini, quella della Marsigliese canzone truculenta e abitandoci capisci che non è retorica.

Già, la violenza di Marsiglia leggiamola così. La prima volta c’andai per una riunione accademica tesa a fondare una scuola di alta formazione nella teoria dei sistemi dinamici e complessi. Scendere dal treno e caderne innamorato fu tuttuno. Uno dei ricercatori accogliendomi disse: sì Marsiglia, sai quando esci al mattino ma non sai mai quando e se rientrerai la sera, l’adrenalina scorre sempre.
Marsiglia è il luogo dove ogni avventura diventa possibile, soprattutto quelle contro i mulini a vento. Marsiglia ricorda molto Don Chisciotte, il cavaliere della Mancia alla ricerca del tempo perduto, quando esistevano l’onore e l’amor puro.
La città più povera di Francia, dove i poveri sono orgogliosi e i ricchi nascondono i segni della loro ricchezza temendo la rapina.

 

La nebbia che arriva dal Sahara. Improvvisa ricoprendo la città.

La nebbia che arriva dal Sahara. Improvvisa ricoprendo la città.

L’albero dei bambini. Li si trova ovunque. Vivaci, colorati, birbanti.

Il consesso dei gabbiani. Condividono da pari a pari le spiagge. Organizzati.

Sul tetto di fronte a casa. Figliano camminano si cibano imparano a volare.

La giraffa dei libri. On the road dove liberamente prendi e lasci i liberi libri.

L’artista del pane. La città più povera col pane più bello e buono.

A Marsiglia si usa così. Mangiare all’aperto tra piazzette e prati.

A Marsiglia si usa così. Mangiare all’aperto tra piazzette e prati.

Vortici urbani. I pedoni alla bocca del metrò tracciano un insieme di traiettorie, che somigliano all’attrattore che descrive il caos debole. Sullo schermo di una conferenza artscience alla Friche. Nei disegni di Mariateresa Sartori.

Marsiglia dove uno dei quartieri più malfamati, Belsunce storico insediamento maghrebino, è il centro del commercio dell’oro, uno dei centri mondiali intendo. Così nello scantinato di un bistrot capita di incontrare giovani tra i venti e trentanni, che con telefoni satellitari e computer comunicano notte e giorno con mezzo mondo parlando dall’inglese fluente a qualcosa che interpreto come cinese fino all’ovvio arabo, giovani manager tutt’altro che in giacca e cravatta, piuttosto jeans e t-shirt, indistinguibili da qualunque beur che incontri per strada.

A Marsiglia ancora si scambiano, e si rubano, le merci, non è una città solo finanziaria, come ormai Parigi. Tutti i mercati qui sono fiorenti da quello degli esseri umani a quello delle armi, da quello della droga a quello dei terreni.

Marsiglia con le donne più belle e più libere, qualche morto assassinato ogni due tre settimane, le sue citès inespugnabili, sorta di ridotte per immigrati e franco francesi poveri assai collocate nei quartieri Nord ma non solo, guardate a vista fuori dalla polizia dentro dalla rete dei ragazzi che avverte l’arrivo dell’estraneo, quasi sempre indesiderato.
Marsiglia dove non c’è stata nessuna rivolta “delle banlieues” e ci torneremo. Marsiglia con una università tra le più importanti a livello internazionale, e un istituto d’alti studi sul Mediterraneo, l’Imera.

 

Le Vallon des Auffes. Marsiglia in sintesi. Villaggio sul mare. Mare che penetra la città. I palazzoni delle citès sullo sfondo.

Nei calanchi. Il cabanon col mare all’angolo, i vicini di mezzo mondo, la buca delle lettere come Sulla Strada di Kerouac e/o in Easy Rider di Hopper. Il mio sogno hippy.

Nei calanchi. Il cabanon col mare all’angolo, i vicini di mezzo mondo, la buca delle lettere come Sulla Strada di Kerouac e/o in Easy Rider di Hopper. Il mio sogno hippy.

Amicizie di spiaggia. Ragazze al bagno. Quando l’abito non fa il monaco.

Marsiglia vive anche sott’acqua. Più bella che mai. In gruppo per non essere rapiti dalle sirene.

La Marsiglia dei pericoli. Sul bordo de la Cayolle – Calanques 13, la citè dominata un tempo da uno dei padrini più famosi, Tany Zampa. Fortilizio per molti gangster. Rifugio per molti giovani ribelli. Coesisteranno fin quando.

Nasce una piazza. Autocostruita, autorganizzata, autogestita. In uno slargo ereditato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Al cuore di Belsunce, quartiere centrale malfamato e maghrebino. Una piazza intitolata a un’eroina della Comune. Dai cittadini. Arabi, mussulmani, africani, francesi: tutti marsigliesi. Non la troverete nella pianta urbana ufficiale.

Nasce una piazza. Autocostruita, autorganizzata, autogestita. In uno slargo ereditato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Al cuore di Belsunce, quartiere centrale malfamato e maghrebino. Una piazza intitolata a un’eroina della Comune. Dai cittadini. Arabi, mussulmani, africani, francesi: tutti marsigliesi. Non la troverete nella pianta urbana ufficiale.

Nasce una piazza. Autocostruita, autorganizzata, autogestita. In uno slargo ereditato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Al cuore di Belsunce, quartiere centrale malfamato e maghrebino. Una piazza intitolata a un’eroina della Comune. Dai cittadini. Arabi, mussulmani, africani, francesi: tutti marsigliesi. Non la troverete nella pianta urbana ufficiale.

Nasce una piazza. Autocostruita, autorganizzata, autogestita. In uno slargo ereditato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Al cuore di Belsunce, quartiere centrale malfamato e maghrebino. Una piazza intitolata a un’eroina della Comune. Dai cittadini. Arabi, mussulmani, africani, francesi: tutti marsigliesi. Non la troverete nella pianta urbana ufficiale.

Planimetria dell’IMéRA. Istituto di Studi Avanzati. Exploratoire Méditerranéen de l’Interdisciplinarité. Da lì si vede tutta Marsiglia. E il Mediterraneo, speranza d’Europa.

E i marsigliesi? Siamo tutti marsigliesi come gridano allo stadio quando gioca L’Olimpic: nè francesi nè arabi siamo tutti e solo marsigliesi.

Con un viatico che quando andai a abitarci mi fu dato da una amica: se soffia il Mistral, e la domenica l’Olimpic ha perso, beh allora i marsigliesi è meglio lasciarli stare, lasciarli in pace, chiunque tu sia.

Non ho detto niente del mare, fondamentale: Marsiglia è una città d’acqua che scorre lungo la costa.
Nonchè soggetto per scrittori. Spesso maestri del noir come Carlotto, Izzo, Attia. Ma prima Emile Zola coi suoi Les Mystères de Marseille, protagonista la classe operaia marsigliese. Se poi qualcuno volesse saperne parecchio di più, può cimentarsi con la monumentale Histoire universelle de Marseille scritta da Alèssi Dell’Umbria.
Infine avrete trovato una serie di foto, e un disegno, con scorci di Marsiglia. Non una guida, ma scampoli per pensare e raccontare.

credits photos:  https://www.flickr.com/photos/lampo999/sets

 

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