Convinti, quando le cose vanno bene e quando le cose vanno male, che ciascuno deve fare il suo lavoro, ci troviamo come redazione di fronte a un evento globale, che concorre a mettere a nudo quelle paure che saranno l’argomento del terzo numero del nostro semestrale cartaceo.
Partendo dal testo di Angelo Miotto, abbiamo deciso – nostra vecchia passione – di lanciare un Decameron online, nella vecchia tradizione, di fronte alle paure, di riunirsi attorno al fuoco (della passione narrativa) e di raccontarsi storie.
Mandateci il vostro racconto di questi giorni di Corona virus, tra allarmismi, improvvisati esperti, legittime paure e doverose cautele. Va bene, al solito, qualsiasi linguaggio: audio, testo, video, foto. Inedito o citando altri. Scrivete a redazione@qcodemag.it e noi vi pubblicheremo.
Il contagio delle storie – 2
Volevo solo scomparire in un abbraccio – Gabriella Ballarini
Domenica 23 Febbraio dalla montagna scendo verso Milano.
Ero stata via quattro giorni, senza controllare facebook e le notizie.
Durante le due ore di auto prendo il telefono e inizio la mia navigazione. Arrivo a Comasina (una fermata della linea gialla), prendo la metro: deserta.
Arrivo a Sant’Agostino ed entro al supermercato: pieno di gente e grandi carrelli di spesa. La strada che mi separava da casa l’ho percorsa chiedendomi cosa stesse succedendo ed intanto chiamavo casa: che cosa succede Gabri? E io: non lo so.
Succede che il giorno dopo prendo un treno verso la Liguria per abbracciare la mia famiglia, che a volte le famiglie hanno bisogno di abbracciarsi, no?
E il treno parte e io metto in dubbio quell’abbraccio e scrivo messaggi del tipo: procuratemi le mascherine e l’amuchina, che quando arrivo forse non ci possiamo abbracciare.
E intanto Facebook continua la sua narrazione ed io leggo e non posso smettere, non riesco a fermarmi e mentre leggo mi sale un’angoscia che non so spiegare.
Non abbraccerò nessuno al mio arrivo. Dalle persone più fragili andrò con la mascherina. Invece di sette giorni, mi fermerò al mare solo tre e poi tornerò a casa, a Milano.
Perché?
Non lo so perché, o meglio lo so e si chiama “c’ho paura”.
Durante il giorno due, della mia permanenza a casa, ad ogni ora, su ogni canale, passano notizie e dibattiti solo sul virus e i numeri crescono e la Lombardia è protagonista.
Sai Gabri che i contagi avvengono tutti a causa di persone che provengono dalla Lombardia?
Non ce l’ho fatta più e sono andata via.
Per senso di responsabilità. Per paura di avere in questa storia una qualche responsabilità.
Sul treno, al ritorno, ho provato ad elencare quello che stavo pensando, per mettere ordine:
non si può vivere senza abbracci
nessuno ha colpa di nulla
tutti hanno la responsabilità di proteggere gli altri e quindi se stessi
è il nostro momento di fare veramente comunità fuori dagli schemi convenzionali
che situazione di merda
e se mi viene il raffreddore?
L’elenco continuava e continuo anche io.
E la musica, dalle cuffie, partiva e faceva così
So let me go
I don’t wanna be your hero
I don’t wanna be a big man
I just wanna fight like everyone else