Sicurezza e accoglienza nei campi profughi: chi controlla i controllori?

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2 Ottobre 2020

Il colosso G4S e le sue concorrenti, tra migranti e penitenziari, fatturano miliardi anche se colte a violare i diritti

Nei fatti, la maggior parte delle persone che si trovano in situazioni irregolari sono entrate nel territorio europeo legalmente. E’ infatti opportuno ricordare che le persone che fanno richiesta di protezione internazionale hanno il diritto di attraversare le frontiere senza essere in possesso di un regolare documento di viaggio.

A farli scivolare in situazione di irregolarità è il fatto che in molti restano nell’Ue anche dopo la scadenza del visto, non ottengono un permesso di soggiorno o vedono rigettata la loro domanda di asilo, ed è proprio rendendo complicato l’ottenimento dei permessi di soggiorno, e di conseguenza limitando la stessa possibilità per i migranti di fare avanti e indietro tra i Paesi di origine e quelli in cui lavorano, che le politiche migratorie contribuiscono a trattenere i migranti in territorio europeo spingendoli nell’illegalità, una condizione che alimenta lo sfruttamento.

Sicurezza, una di quelle parole che si sentono cosi spesso, che siamo abituati ad associare a concetti che di sicuro non hanno spesso nulla, se non quel senso frustrante di necessità di non accogliere, di non concedere spazio, di chiudere frontiere e mai aprire, di alzare muri, di controllare con telecamere, di visionare ogni movimento, di lanciare in volo droni sempre più sofisticati.

Sicurezza, proprio di questo si occupano alcune tra le aziende con i maggiori fatturati a livello internazionale.

Negli ultimi tre decenni, gli Stati membri dell’UE hanno sviluppato un’ampia gamma di dispositivi legislativi, amministrativi e politici finalizzati all’accoglienza, alla selezione e all’allontanamento dei migranti. Il perno di questo sistema sono i centri di detenzione, che non hanno cessato di moltiplicarsi, ingrandirsi, perfezionarsi.

E’ notizia recente che più del 60 per cento dei fondi europei previsti per il prossimo settennato saranno dedicati proprio alla sicurezza, al controllo delle frontiere, alla gestione dell’immigrazione, sessanta per cento di miliardi di euro. Che andranno spesi.

I centri di detenzione sono molto spesso circondati da muri, recinzioni e filo spinato. La realtà della detenzione non si limita solo a questi luoghi “tradizionali”. Anche in quei centri cosiddetti “aperti”, quelli di norma destinati all’accoglienza provvisoria dei richiedenti asilo in zone isolate, viene applicata una logica di confinamento.

Pur affermando che “Il trattenimento avrà durata quanto più breve possibile”, la direttiva rimpatri ne fissa a diciotto mesi la durata massima, tale durata può però essere prolungata in diversi modi. In questo contesto già di per sé terrificante, nel corso degli ultimi trent’anni un nuovo grande cambiamento ha interessato la gestione dei migranti: la privatizzazione della loro reclusione ha preso piede in varie forme e gradi in un numero crescente di Paesi dell’UE .

Dalla loro costruzione alla loro amministrazione, passando per le attività di gestione diretta (mensa, lavanderia, pulizie, ecc.), i centri per stranieri rappresentano una fonte di profitti per numerose aziende.

Nel Regno Unito, il primo Paese europeo che ha cominciato ad appaltare la detenzione dei migranti ad aziende private, la maggior parte dei centri di detenzione è ormai gestita da società multinazionali della sicurezza. Dal 2015, la maggior parte dei luoghi di detenzione dei migranti situati nel Regno Unito sono gestiti da aziende private.

Il Ministero dell’Interno appalta la gestione dei centri principalmente a G4S, GEO Group, Mitie, Serco, e Tascor
G4S nasce nel 2004 dalla fusione di Group 4 Falk e Securicor, e oggi l’azienda britannica si presenta come “leader mondiale” nel campo dei servizi di sicurezza.

La società opera in 125 Paesi, impiega 657mila persone e nel 2014 ha fatto registrare un giro d’affari di 6,8 miliardi di sterline.

Tra i vari servizi prestati, G4S gestisce la sicurezza di Baghdad (Iraq), fornisce servizi ed attrezzature di sicurezza alle prigioni israeliane, anche presso i check-point e i muri di separazione con i territori palestinesi, gestisce i posti di polizia nel Regno Unito e diverse prigioni negli Stati Uniti, garantisce la sicurezza nei giacimenti di petrolio della Nigeria e ha fornito personale per sorvegliare le prigioni e i centri di detenzione per migranti in Australia, Sud Africa, Regno Unito e Grecia.

Non sono mancati gli scandali: l’omicidio per soffocamento di un richiedente asilo angolano durante le operazioni di espulsione (caso “Jimmy Mubenga”), il decesso, sempre per soffocamento, di un aborigeno australiano durante un trasferimento carcerario, accuse di razzismo nelle politiche di assunzione, stipendi derisori e condizioni di schiavitù in Sud Africa ed in Malawi; dal 2009 al 2014, l’Home Office UK, ha affidato a G4S la gestione dei centri di espulsione Brook House e Tinsley House, un appalto da 191,5 milioni di sterline, nel 2011 G4S ha anche vinto l’appalto per la gestione del PdA di Cedars (25 milioni di sterline tra il 2011 e il 2015).

G4S con i suoi “servizi” è presente in tutto il mondo: le aree occupate di Gaza e della Cisgiordania hanno subito molti cambiamenti negli ultimi anni, uno dei principali è il ridimensionamento della presenza militare.

I compiti precedentemente supervisionati dalle forze militari sono stati gradualmente trasferiti a società di sicurezza private. G4S ha svolto un ruolo importante in questo cambiamento, firmando un contratto con la Israel Prison Authority (IPA) nel 2007.

Da allora, l’azienda, ha fornito sistemi di sicurezza completi a quattro carceri in Israele e nei territori occupati. Israele ha anche acquistato da G4S attrezzature per i check-point, come metal detector e scanner a corpo intero. G4S ha anche assunto un ruolo attivo nell’aiutare Israele a trasportare i prigionieri nel territorio israeliano, in chiara violazione della Quarta Convenzione di Ginevra, che vieta il trasferimento di prigionieri nel territorio dell’occupante. Nel 2013, i Public Eye Awards hanno nominato G4S per il titolo di “Worst Company of the Year”.

A esprimersi sull’etica societaria fu il Fondo sovrano norvegese, il primo, e per ora unico paese, a inserire nella lista nera le azioni della società di sicurezza britannica a causa del rischio di violazioni dei diritti umani in particolare nei confronti della sua forza lavoro in Qatar e negli Emirati Arabi Uniti.

Il Consiglio norvegese di etica, che monitora gli investimenti nel fondo pensionistico governativo globale (GPFG) ha affermato che esiste un “rischio inaccettabile che l’azienda contribuisca a violazioni sistematiche dei diritti umani.

Il Council of Ethics si è concentrato sul suo “uso estensivo” di lavoratori migranti provenienti da India, Pakistan e Nepal per contratti in tutto il Medio Oriente. Il fondo ha detto che a molti lavoratori è stato sottratto il passaporto e sono stati pagati meno di quanto concordato. Grazie ad interviste con i lavoratori di G4S, si è potuto scoprire che alcuni di loro avevano dovuto contrarre prestiti per pagare commissioni fino a $ 1.800 (£ 1.400) per ottenere il loro lavoro, e quindi venivano pagati stipendi tra $ 130 e $ 170 al mese.

Spesso non erano in grado di smettere a causa della “schiavitù del debito”. L’indagine ha anche rivelato lunghe giornate lavorative, mancanza di pagamenti per straordinari e molestie, comprese minacce di licenziare i lavoratori, bloccare i loro stipendi o espellerli.

G4S ha affermato tramite un suo portavoce: “Abbiamo svolto un’indagine approfondita sulle questioni sollevate dal Council on Ethics sulle pratiche di lavoro di G4S in Qatar e negli Emirati Arabi Uniti. Sulla base di questa revisione, abbiamo effettuato 23 autovalutazioni di controllo dei diritti umani nel corso del 2019.”

Il fatto che l’azienda faccia autovalutazione, si commenta da solo. Interessante è anche scoprire Il ruolo di G4S nella privatizzazione dei servizi governativi nel Regno Unito: come già detto G4S è stato un importante “partner di outsourcing” per il governo del Regno Unito, coprendo una vasta gamma di servizi tra cui militari, giustizia, polizia e assistenza sociale.

E’ notizia di questi giorni che l’Home Office del Regno Unito, abbia in programma di esternalizzare anche i colloqui per l’ottenimento dell’asilo, proprio ad aziende private, si prevede un progetto pilota per affrontare il crescente arretrato delle richieste di asilo , con aziende private coinvolte nel delicatissimo ruolo di coloro che intervisteranno i migranti e giudicheranno la loro posizione.

Nella lettera in cui si ratifica tale decisione si sottolinea come diversi “fornitori strategici” siano desiderosi di essere coinvolti. Ed ecco, che, ancora una volta l’elenco dei fornitori strategici include aziende come Capita, G4S, Mitie, Serco e Sopra Steria.

L’Immigration Law Practitioners Association ha descritto la proposte come “estremamente preoccupante”, mentre l’ente di beneficenza Freedom from Torture ha parlato di uno “sviluppo allarmante”.

Nelle zone di conflitto del mondo, G4S cerca nuove opportunità di profitto, intensificando la militarizzazione e aumentando l’instabilità. L’azienda sfrutta le crisi di stato causate da guerre, cambi di regime e fallimenti dello Stato.

Assunti da governi e aziende per eseguire operazioni precedentemente svolte dalle forze militari nazionali, le società militari e di sicurezza private sono l’equivalente moderno dei mercenari: civili armati che operano a scopo di lucro nelle zone di conflitto. G4S è estremamente attiva anche in Grecia, pochi giorni prima del terribile incendio di Moria, il Ministro della Migrazione aveva confermato i piani del governo per la transizione del campo profughi di Moria in un centro controllato chiuso, firmando un contratto tra il Ministero della Migrazione e dell’Asilo e AKTOR, il ramo di costruzione della multinazionale ELLAKTOR Group – per quasi un milione di euro – per avviare i lavori preparatori.

Il ministro aveva affermato che la chiusura del campo sarebbe stata un “processo continuo” che “migliorerà il sentimento – non solo di salute, ma di sicurezza – sia dei residenti che delle comunità locali”. Anche in questo campo G4S offriva i suoi servizi già dal gennaio 2020.

La società serCo, 
soprannominata “the biggest company you have never heard of” opera in tutto il mondo offrendo numerosi servizi, tra cui: trasporto e controllo della circolazione stradale in aree pubbliche e private, aviazione, contratti militari e di armi nucleari, gestione di centri di detenzione e prigioni.

Per dieci anni (2004–2014), l’Home Office ha affidato a Serco la gestione del centro di espulsione di Colnbrook, per un appalto complessivo di 213 milioni di sterline. Nel 2014, Serco ha anche ottenuto la gestione del centro di Yarl’s Wood per un totale di 70 milioni di sterline su sette anni (fino al 2021). questo centro di detenzione vanta un triste primato in fatto di abusi nei confronti dei detenuti.

In origine specializzata in servizi di manutenzione e pulizie, la società Mitie fornisce oggi un’ampia gamma di servizi in subappalto alle aziende e ai governi.

Conosciuta soprattutto per i servizi operati nei centri di detenzione dei migranti, Mitie è attiva altresì nel campo della manutenzione degli edifici, la ristorazione, la prevenzione di incendi.

Per quel che riguarda la detenzione dei migranti, è stata più volte chiamata in causa per le sue pratiche aggressive di riduzione dei costi di gestione dei centri, così come per casi di abusi sui migranti detenuti, nonché per le cattive condizioni di lavoro dei suoi agenti.

Nel 2014 Mitie ha ottenuto l’appalto da 173 milioni di sterline (fino al 2022) per la gestione congiunta dei centri di espulsione di Colnbrook e di Harmondsworth (entrambi situati nei pressi dell’aeroporto di Heathrow).

La Geo Group Inc, fondata nel 1988, è un fondo immobiliare statunitense specializzato nell’acquisto, la locazione e la gestione di strutture di detenzione, rieducazione e reinserimento, e nell’erogazione di servizi nelle strutture comunitarie.

Com’è noto, l’azienda gestisce svariate prigioni e centri di detenzione per migranti negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Australia e in Sud Africa. Come i suoi concorrenti, anche Geo Group è stata colpito da vari scandali. Nel febbraio 2013, un cittadino canadese è deceduto incatenato a una guardia di sicurezza di Geo Group.

L’azienda Tascor è un’affiliata del gruppo Kingham, il quale è specializzato nella gestione per l’affidamento esterno di varie attività nel settore della giustizia penale. L’Home Office ha appaltato a Tascor il servizio di scorta dei migranti espulsi in aereo. il contratto da 6,8 milioni di sterline, per una durata di cinque anni (2011–2015) comprende la gestione dei 37 centri di permanenza temporanea ubicati nei pressi dei porti, degli aeroporti e dei differenti punti d’ingresso sul territorio britannico.

Nel 2016 perfino i servizi medici dei centri di espulsione di Brook House, Tinsley House e Yarl’s Wood erano gestiti da G4S mentre la società Care UK assicurava, per conto del NHS (servizio sanitario britannico), le cure mediche alle persone recluse nel centro di Campsfield House.

Anche in Grecia, come abbiamo già avuto modo di sottolineare, il principio dell’affidamento privato è il medesimo, seppur i servizi si mantengono in parte gestiti dallo Stato: nel 2012 il governo greco ha modificato la normativa relativa all’accoglienza di migranti e richiedenti asilo sul suo territorio, introducendo in particolare la possibilità di trasferire i compiti di sorveglianza dalla polizia ad agenzie di sicurezza private.

Un anno dopo il Ministro dell’ordine pubblico e della tutela dei cittadini ha annunciato di volere indire una gara d’appalto rivolta alle agenzie di sicurezza per la sorveglianza di sei centri di detenzione per migranti.

L’azienda G4S è ormai presente con i suoi servizi in diversi luoghi di detenzione dei migranti, compreso il tristemente noto campo profughi di Lesbo, oramai del tutto bruciato.

Nel 2016, l’Ufficio Europeo di Sostegno per l’Asilo (Easo), incaricato di gestire le domande di asilo presentate negli hotspot greci, ha reclutato sempre G4S per garantire la sicurezza del suo personale all’interno dell’hotspot di Lesbo. Il 9 giugno scorso, l’ordine degli avvocati di Mitilene ha presentato una denuncia contro l’Easo e le agenzie di sicurezza che operano nell’hotspot, accusandoli di impedire l’accesso dei migranti ad alcuni spazi, tra cui l’ufficio stesso dell’Easo, ostacolando, pertanto, ai migranti l’accesso ai documenti per la richiesta di asilo.

In controtendenza rispetto ai casi sopra citati c’è il caso della Svezia, che evidenzia un processo inverso poiché il Paese è passato dalla gestione privata a quella pubblica dei campi per stranieri.

Nel 1997, dopo aver ordinato un’inchiesta sulle pratiche di detenzione ed espulsione dei migranti in situazione amministrativa irregolare, il governo ha adottato una serie di riforme in materia di immigrazione e asilo, e ha deciso – tra l’altro – di vietare l’affidamento dei centri ad aziende private, trasferendone la responsabilità dalla polizia a un nuovo organismo governativo dedicato, la Migration Agency.

La decisione di esternalizzare i servizi è giustificata con motivi di ordine economico. La corsa alla riduzione dei costi perseguita dagli Stati e la massimizzazione del profitto ricercata dagli attori privati che si aggiudicano gli appalti, producono, quindi, inevitabilmente un impatto sulla qualità della vita e dei servizi erogati nei centri di detenzione. Inoltre la privatizzazione presenta altri vantaggi per gli Stati che vi fanno ricorso: minore trasparenza e diluizione delle responsabilità in merito alla privazione della libertà degli stranieri detenuti e alle sue conseguenze.

L’inchiesta condotta da Elsa Tyszler sulle violenze sessuali subite dalle detenute nel centro di Yarl’s Wood (Regno Unito) evidenzia come esista un rapporto diretto tra la gestione privata dei centri di detenzione e un maggiore rischio di violenze perpetrate sui detenuti.

Nel 2014 un ex dipendente di Serco ha rivelato al quotidiano The Guardian l’esistenza di un “blind spot”, un’area del centro senza videocamere di sorveglianza, utilizzata per gli abusi sulle donne. L’uomo ha anche denunciato la presenza di un “diffuso sentimento anti-immigrati” tra i dipendenti dell’azienda che gestisce il centro. Tuttavia, la diffusione di alcune di queste storie di abusi e ricatti è costata l’espulsione a vittime e testimoni.

Nei suoi lavori Claire Rodier riporta la testimonianza data al quotidiano The Guardian da alcuni ex dipendenti di G4S secondo i quali “l’azienda inciterebbe gli agenti, minacciandoli di sanzioni finanziarie, a fare uso di violenza durante le operazioni di espulsione” I migranti sanno che i piloti d’aereo non gradiscono viaggiare con passeggeri recalcitranti.

Per questo, alcuni protestano rumorosamente nella speranza che il pilota si rifiuti di decollare. Ma annullare un volo costa caro, cosa che può avere pesanti ripercussioni sulla società di sicurezza che potrebbe essere giudicata responsabile del contrattempo. Da qui la tentazione di ricorrere alla forza per evitare trattenute sullo stipendio.

Lo scenario a nostra disposizione non termina però qui: stando a una inchiesta di Corporate Watch, le aziende Mitie, Serco, G4S, GEO, così come HM Prison Service, offrivano ai detenuti “opportunità di lavoro remunerato” per diverse mansioni legate al funzionamento dei centri di detenzione.

Dall’inchiesta emerge che lo sfruttamento dei detenuti avrebbe permesso a queste aziende di risparmiare 3 milioni di sterline in un anno.

Le aziende in questione fatturano inoltre ai migranti alcuni servizi “extra”: all’interno del centro di Brook House (nei pressi dell’aeroporto di Gatwick) G4S ha messo in piedi un servizio molto redditizio di “telefono penitenziario”.

Al loro arrivo nel centro, ai migranti viene confiscato il telefono cellulare, In cambio ricevono un telefono Call4Five che gli consente di chiamare gratuitamente per cinque minuti, oltre questo limite la comunicazione viene addebitata al detenuto a tariffe elevatissime.

È inoltre utile notare che aziende come Serco, G4S e i loro concorrenti assumono ex funzionari pubblici per fare tesoro delle loro competenze e dei loro contatti.

Secondo Phil Miller (Corporate Watch) “questo sistema di vasi comunicanti tra il settore pubblico e quello privato permette nel Regno Unito agli alti dirigenti dei più grandi gruppi specializzati nella sicurezza di fare pressione sui loro interlocutori in seno al governo”.

Per gli stati, esternalizzare il lavoro sporco è un vantaggio enorme: G4S era stata richiamata dall’Home Office già nel 2006 per la pericolosità delle tecniche di immobilizzazione usate dai suoi agenti durante le espulsioni. E tuttavia, nonostante numerosi elementi provino le sue responsabilità nella morte di Jimmy Mubenga, G4S non è stata sottoposta ai necessari accertamenti da parte della giustizia.

Inizialmente arrestati, interrogati e quindi scarcerati su cauzione, i tre agenti accusati di omicidio involontario sono stati alla fine assolti.

Nonostante ciò, e nonostante le denunce a mezzo stampa, G4S e i suoi concorrenti (Serco, Mitie, ecc.) continuano indisturbati a espandere il proprio business nel campo della gestione delle frontiere.

Affidando la gestione dei centri a soggetti privati attraverso gare d’appalto guidate dalla logica del minor costo, gli Stati possono così sottrarsi al rischio di essere accusati di maltrattamenti ai danni dei migranti durante la detenzione e l’espulsione.

Nel 2020, siamo in grado, fortunatamente, di ricordare la nostra tragica storia europea recente, di ricordare i campi di sterminio, e di analizzare con accuratezza i crimini del passato e le nostre colpe, ci dichiariamo innocenti perché ignari di ciò che accadeva. Oggi, che sotto i nostri occhi, con soldi pubblici, vengono innalzate reti, muri, e perpetrato un sistema illegale di detenzione, sfruttamento e abuso quotidiano, pensiamo di poterci permettere di non sapere, di non capire, di non conoscere. Oggi sappiamo perfettamente cosa accade, chi alza quei muri, da chi è pagato, e cosa accade dietro quelle grate.

Grazie a Lydie Arbogast per il suo contributo “il fiorente business della detenzione dei migranti nell’unione europea” (Migreurop e Rosa Luxemburg Stiftung) da cui molte delle informazioni riportate in questo articolo sono tratte.