Vignette, rappresentazioni e performance del bravo studente immigrato

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7 Ottobre 2020

L’inclusione scolastica fra assimilazione linguistica e sopravvivenza

Il 24 Settembre ha cominciato a circolare sui social media, in particolare Facebook, la foto di un libro di antologia per la classe seconda elementare, intitolato Le Avventure di Leo.

L’antologia è stata scritta da quattro insegnanti Italiane bianche di madrelingua italiana, e pubblicata dal Gruppo Editoriale Raffaello. La vignetta è tratta dalla pagina Bentornati a Scuola, ed il focus della lettura sono desideri dei bambini durante l’anno scolastico e l’uso del verbo “vorrei”.

Nella pagina sono raffigurati quattro bambini bianchi, due maschi e due femmine, sorridenti e che sembrano intenti a interagire fra loro. Due di loro dicono “quest’anno vorrei fare tanti disegni con i pennarelli”, gli altri due “quest’anno vorrei andare sempre in giardino per la ricreazione”.

Al centro della pagina, c’è un bambino Nero solo, distaccato dai suoi compagni italiani bianchi e dice “quest’anno io vuole imparare italiano bene”.

Molti utenti di Facebook, soprattutto insegnanti, educatori, genitori, studiosi, attivisti e membri della comunità Afrodiscendente ma anche Italiani bianchi, hanno giustamente avvisato il Gruppo Editoriale Raffaello che la vignetta in questione riproduce e rinforza nei bambini e nella comunità scolastica stereotipi razziali.

Nel comunicato del 25 Settembre pubblicato sulla pagina Facebook del Gruppo Editoriale Raffaello, le quattro autrici del testo affermano che il loro intento non era di essere discriminatorie, ma di dare una rappresentazione reale del contesto classe, in cui ci sono anche bambini che fanno sforzi per imparare la lingua italiana.

Sempre secondo le autrici, la vignetta sembrerebbe neutrale perché i bambini non hanno “stereotipi”.

La ricerca scientifica mostra però come stereotipi e percezioni razziali sono già evidenti nei comportamenti dei bambini dal terzo mese di vita. A due anni i bambini utilizzano la razza (da intendere come costruzione sociale e demarcatore di identità) per formulare riflessioni sul comportamento delle persone nel loro ambiente circostante.

A tre anni scelgono i compagni di gioco in base alle somiglianze razziali. Dai cinque ai sette anni – quindi nella fascia di età a cui l’antologia in questione è destinata- i bambini mostrano comportamenti simili a quelli dei loro adulti di riferimento rispetto a persone razzializzate come non bianche.

In particolare, a questa età hanno già appreso ad associare certi gruppi di persone ad un maggior status socioeconomico e culturale rispetto ad altri. Infine, conversazioni esplicite, basate su una conoscenza critica e approfondita delle conseguenze materiali ed emotive delle differenze razziali e non su rappresentazioni esotiche e stereotipanti- come quella della vignetta in questione, sull’importanza dell’amicizia interraziale possono migliorare il comportamento e i pregiudizi dei bambini in una sola settimana[1]. Verrebbe dunque da chiedersi: a quale quadro teorico scientifico e pedagogico fanno riferimento le quattro autrici bianche italiane dell’antologia e gli editori del Gruppo Raffaello? E ancora, quale definizione hanno di inclusione scolastica e sociale?

Il Concetto di ‘Norma’ e la Rappresentazione nei Testi Scolastici

Successivamente alla vignetta de Le Avventure di Leo, sono comparse altre foto tratte da altri manuali e testi di Italiano per le scuole elementari che definiscono la diversità degli studenti Neri in modo deficitario.

Dunque, la vignetta in questione non sembra essere un errore casuale delle autrici e dell’editore, bensì essa costituisce parte integrante di un progetto sistemico, riprodotto nel curriculum scolastico, di inclusione/assimilazione del diverso nella ‘norma italiana’, costituita dal bambino bianco, normodotato, eterosessuale, di religione cristiana, proveniente da una famiglia nucleare composta da madre e padre, e che infine parla italiano correttamente.

In risposta alle polemiche sollevate da persone Afrodiscendenti, da insegnanti ed educatori Neri e da genitori in coppie miste, molti insegnanti, docenti, genitori bianchi italiani e anche giornalisti [2] si sono affrettati a sostenere che la vignetta e l’intera antologia non siano affatto razzisti, anzi siano esempio di educazione inclusiva.

Ciò apre ad un grande dibattito tutto italiano. L’assenza di una diversità nel corpo docente e fra gli editori scolastici italiani ha spianato la strada a pubblicazioni, narrazioni, storie e percezioni di inclusione declinate nella prospettiva della suddetta ‘norma’ italiana e senza una consultazione e una partecipazione dei veri protagonisti di quelle narrazioni.

Ulteriore elemento di fastidio nel mezzo della polemica sui social, è il constatare che una certa parte del pubblico italiano bianco non perda occasione di esercitare il proprio potere simbolico e il proprio privilegio per spiegare ed insegnare ai Neri, ai migranti, a chi non si conforma alla ‘norma’ italiana, cosa sia il razzismo o la discriminazione e cosa invece non lo sia.

In questa vicenda, dunque, le autrici dell’antologia, gli editori e i difensori delle buone intenzioni all’italiana continuano convenientemente ad avere una visione superficiale ed evasiva delle manifestazioni del razzismo in Italia, senza mettere al centro le esperienze dei Neri italiani, e le conseguenze emotive, psicologiche, sociali e materiali che vivono quotidianamente.

La posizione di chi scrive non è scontata. Da donna italiana bianca, che prima di essere una studiosa critica dell’antirazzismo nel mondo educativo e sostenitrice della pedagogia abolizionista [3] si offre e offre i propri pregiudizi come oggetto di scrutinio, non ho la pretesa di parlare a nome d’identità che non mi appartengono. Bensì, utilizzo il mio sguardo critico sviluppato attraverso un lungo percorso di apprendimento con collegh* Ner* per parlare a un certo pubblico italiano bianco e mostrare le diverse sfumature del razzismo all’interno delle nostre scuole ‘inclusive’.

 

Rappresentazioni Stereotipate nei Contesti Internazionali ed in Italia

Il dibattito sulle rappresentazioni della diversità nei testi scolastici e nel curriculum, tuttavia, non è comune solo in Italia, ma caratterizza anche il contesto educativo internazionale, chiaramente con tempi di sviluppo molto diversi. Negli Stati Uniti, ad esempio, il primo testo per bambini con una rappresentazione positiva della cultura Afroamericana in contesti urbani, intitolato Snowy Day, è stato pubblicato da Ezra Jack Keats, un ebreo americano, nel 1962. Ancora oggi, però, la letteratura per l’infanzia americana e i testi scolastici americani ricalcano stereotipi e pregiudizi all’intersezione di genere, razza, disabilità, orientamento sessuale e linguaggio e a rinforzare una visione Eurocentrica del curriculum.

Ragion per cui un’associazione no-profit composta da ricercatori, educatori, storici, famiglie, e attivisti esperti di giustizia sociale in educazione, Teaching for Change [4], ha dato vita al sito internet socialjusticebooks.org [5]. Una biblioteca online contenente testi che affrontano tematiche controverse come razzismo, sessismo, discriminazione, diversità e inclusione nella scuola e nella società per insegnanti dalla scuola materna alla scuola superiore. Il sito offre anche una guida pratica che aiuta gli insegnanti a scegliere con cautela i testi e ad identificare pregiudizi impliciti ed espliciti contenuti nei testi e nelle immagini. Una fonte d’ispirazione davvero importante per la realtà scolastica italiana.

Molti lettori avranno da dire che gli Stati Uniti non sono l’Italia e che non si può sempre prendere spunto da ciò che arriva da Oltreoceano o da altri paesi. Ma il razzismo è endemico, cioè esso è fortemente radicato nella matrice di tutte le società, soprattutto quelle occidentali.

Perciò, vorrei attirare l’attenzione del pubblico ed evidenziare i limiti e le tensioni presenti nelle politiche esistenti di educazione interculturale e inclusiva utilizzando la prospettiva che studia l’intersezione fra razza, linguaggio e status migratorio. Così facendo, vorrei inoltre sottolineare il concetto di inclusione scolastica e sociale che spesso è co-optato al fine di assimilare il diverso in una ‘norma’ istituzionale predefinita. 

Inclusione Scolastica e l’Intersezione fra Razza, Linguaggio e Status Migratorio

I modelli attuali di inclusione educativa e sociale in Italia, così come in altre società occidentali, impongono l’acquisizione della lingua nazionale dominante – come uno dei tre elementi che portano studenti Neri e immigrati ad una autonomia sociale ed economica.

Questa retorica neoliberista dell’autonomia tende a posizionare la lingua, l’istruzione, il lavoro e la residenza come strumenti per evitare il disorientamento di persone che tendono ad essere marginalizzate. In realtà, l’autonomia linguistica – fra le altre- costituisce uno strumento potentissimo per far crescere giovani adulti che diventeranno forza lavoro al servizio di interessi economici della società che li accoglie.

In questo contesto, il discorso sull’apprendimento linguistico si sviluppa a partire dalla premessa che gli studenti Neri multilingue, così come i migranti e i giovani migranti con disabilità, siano incapaci o disinteressati ad imparare la lingua dominante del paese in cui vivono.

La spinta e gli sforzi ad apprendere la lingua italiana, interpretati come un successo positivo e da rappresentare da parte delle autrici delle Le avventure di Leo costituiscono, in realtà, un’urgenza che gli studenti Neri e immigrati multilingue sentono per eseguire la performance del ‘bravo immigrato’ e dunque ottenere diritti e riconoscimenti dallo stato italiano. Ciò lascia intendere che il concetto di inclusione educativa implica una assimilazione all’interno di contesti scolastici monolinguistici e monoculturali.

Tutti quegli studenti che non rientrano in questa visione monolinguistica di inclusione, vengono percepiti, patologizzati e diagnosticati come analfabeti, aventi disturbi dell’apprendimento, o semplicemente non all’altezza delle richieste accademiche. Ma arriviamo al nodo centrale dell’argomentazione: perché l’associazione di una frase piena di errori grammaticali a un bambino Nero è razzista.

Gli studi sull’intersezione di razza, linguaggio e status migratorio in campo educativo affermano che i corpi razzializzati come Neri o diversi sono associati a deficienze linguistiche, completamente scollegate dalle pratiche e conoscenze linguistiche oggettive di quei soggetti.

Gli studenti Neri multilingue sono spesso rappresentati come linguisticamente incapaci anche quando riproducono le pratiche linguistiche normalizzanti (parlare con una grammatica corretta la lingua italiana) prodotte da soggetti bianchi privilegiati. Dunque, la vignetta in questione non solo genera immediatamente nel lettore l’immagine di un soggetto inferiore per la sua razzializzazione, ma anche per la sua incapacità di performance linguistica.

La costruzione dei soggetti razzializzati come linguisticamente devianti si nutre dello sguardo e dell’ascolto di insegnanti, editori, genitori bianchi e di madrelingua italiana.

Senza prendere in considerazione le modalità, spesso non immediatamente evidenti, attraverso le quali razza e linguaggio si intersecano per riprodurre disuguaglianze sistemiche a scuola e nella società, i modelli di educazione inclusiva a cui si fa riferimento nel testo del Gruppo Editore Raffaello sono solo confortanti per gli insegnanti bianchi italiani. Essi, inoltre non rispondono ai bisogni veri di quei gruppi di studenti che vengono intenzionalmente marginalizzati.

Oltre Visioni Confortanti d’Inclusione: Per una Didattica Intersezionale Antirazzista

I dibattiti creati dalle vignette tratte dall’antologia per la scuola elementare accadono in un momento di forte tensione per le relazioni razziali nel contesto italiano. Le opinioni date da alcune professioniste del settore della scuola fanno emergere l’urgenza per insegnanti e personale scolastico di ripensare e ristrutturare l’insegnamento della lingua italiana e le pratiche inclusive seguendo prospettive più radicali.

Occorrono delle politiche e pratiche didattiche che problematizzino il curriculum e le pratiche educative esistenti, con l’intenzione di avere informazioni e rappresentazioni più accurate di razza e diversità. Bisogna dunque creare una lente analitica dei modelli di inclusione educativa neoliberista che vedono i Neri e gli immigrati multilingue come deficitari e si concentrano solo su una visione individualistica e normativa dell’educazione.

Tale didattica deve decostruire rappresentazioni e significati negativi di razza e linguaggio e deve portare avanti visioni che riconoscano che la diversità è parte integrante della varietà umana.

Come la studiosa Sapon-Shevin afferma, “gli insegnanti devono trascendere le discussioni sulla diversità come un problema dell’alunno o della classe”.

Fino a che ciò non avverrà, continueremo ad avere un’inclusione scolastica neoliberista, che comporta l’aumentare di pregiudizi impliciti ed espliciti nei confronti degli studenti Neri e immigrati multilingue. Ma soprattutto i bianchi italiani continueranno a credere che il razzismo e il privilegio bianco non sono fenomeni sistemici che loro devono decostruire, ma solo degli incidenti casuali che li debbano fare empatizzare con i Neri o con chi è storicamente marginalizzato nella nostra società.

NOTE

[1] I riferimenti scientifici sono reperibili su questo sito: http://www.childrenscommunityschool.org/social-justice-resources/

[2] https://www.open.online/2020/09/27/la-vignetta-io-vuole-imparare-italiano-bene-e-razzista-no-non-va-cancellata-o-modificata-ma-insegnata/.

[3] https://abolitionistteachingnetwork.org

[4] https://www.teachingforchange.org

[5] https://socialjusticebooks.org

[6] Studi che sono classificati sotto il nome di Raciolinguistics.