26 Luglio 2018
Il 24 luglio il Ministro della Sanità della Repubblica Democratica del Congo e l’OMS hanno dichiarato la fine della nona epidemia di Ebola nello stato centrafricano
Il 24 luglio, il Ministro della Sanità della Repubblica Democratica del Congo e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) hanno dichiarato la fine della nona epidemia di Ebola nello stato centrafricano, più precisamente nella regione nord occidentale di Equateur, dichiarata l’8 maggio scorso, e che ha contato 53 casi (di cui 33 vittime) in tutto.
L’ EVD, “Ebola Virus Disease”, il virus Ebola – che prende il nome dal fiume congolese dove fu individuato per la prima volta – una volta entrato in contatto con gli esseri umani, è altamente e rapidamente contagioso.
Per questo gli sforzi della macchina umanitaria, questa volta immediatamente attivata, si sono concentrati su un controllo capillare dei casi e delle persone con le quali i malati erano entrati in contatto per evitare ulteriori contagi, su mobilizzazioni comunitarie, campagne informative e rafforzamento delle misure igieniche e sanitarie, nelle scuole, nelle comunità, nelle aree più rurali, spesso inaccessibili con mezzi normali come le automobili, oltre che su tutte misure di carattere sanitario e culturale, come il contatto con i malati e la gestione dei corpi delle vittime. Inoltre, per la prima volta è stato utilizzato un vaccino
sperimentale.
Secondo il protocollo internazionale, dopo due cicli di incubazione – l’incubazione di Ebola è di 21 giorni – dall’ultimo caso registrato, senza che nuovi casi si manifestino, si può dichiarare l’epidemia conclusa. I 42 giorni sono quindi scaduti il 24 luglio, con grande sollievo e soddisfazione di tutti coloro che hanno lavorato giorno e notte negli ultimi mesi e soprattutto del governo congolese, che può giocare questa vittoria sui tavoli nazionali e internazionali.
Ma l’odissea dello stato più grande e importante dell’Africa Centrale non finisce, purtroppo qui. Con un conflitto sanguinoso nelle regioni orientali di Ituri che non accenna a diminuire, con centinaia di migliaia di profughi a rischio di sicurezza alimentare ed esposti ogni sorta di violenza, e con le controverse elezioni presidenziali – già rimandate da un anno dal Presidente Kabila – a qualche mese di distanza, la Repubblica Democratica del Congo non può ancora tirare il fiato.
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