Coast to coast in comics: Diario di New York, di Peter Kuper

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26 Agosto 2018

Diario di New York (Tunué) è il viaggio di Peter Kuper in quarant’anni di vita e carriera nella Grande Mela

Quarant’anni di vita. Visioni di futuro profetiche. Immagini suggestive e terribili, storie brevi e tavole singole. Un guazzabuglio di creatività che diventa insospettabile coro d’orchestra. C’è tutto questo in Diario di New York, raccolta di quattro decenni di lavoro del fumettista Peter Kuper.

A un anno di distanza dal coast to coast dell’estate 2017, ho deciso di ripercorrere quello straordinario itinerario attraverso i fumetti. Quale inizio migliore, in questo caso, del volume recentemente pubblicato da Tunué?

Il motivo è semplice da scoprire: Kuper – newyorkese di adozione – con Diario di New York confeziona un tuffo di 230 pagine nella vita della Grande Mela, regalando al lettore un’esperienza immersiva del tutto simile a quella del viaggio.

Il filtro è ovviamente l’occhio dell’autore, ma i racconti sono così tanti e i registri narrativi così differenti che sembra davvero di assistere a una pluralità di sguardi provenienti da artisti diversi.

Lo stile grafico in continua evoluzione, poi, testimonia non soltanto la crescita dell’autore lungo i quattro decenni in cui si sviluppa l’opera, ma contribuisce in modo decisivo a restituire quella varietà umana, architettonica e culturale che s’incontra passeggiando per le strade di New York.

Una diversità che fin da subito cattura Kuper come un incantesimo – la raccolta si apre infatti con la sua prima visita alla città negli anni dell’infanzia – e che più avanti non lo lascerà più, facendolo sentire a disagio nel resto degli Stati Uniti molto meno cosmopoliti.

Dal tratto del cartoonist all’estetica undergrund, dal disegno puro e semplice al collage fotografico, dallo schizzo alla vignetta.

 

 

Il lavoro di Kuper – comparso negli anni su Time, MAD, New York Times e World War 3 Illustrated – è rappresentato qui in tutte le sue sfumature, con una selezione che riesce a restituire un’impressione di sequenzialità nonostante la grande eterogeneità dei materiali presentati.

Le tematiche più intime e personali affiancano episodi significativi di crescita individuale e professionale, senza mai perdere di vista la città. New York è la vera protagonista del volume, raccontata con la passione di chi guarda con affetto anche ai difetti dell’amata.

La varietà dell’espressione artistica, la spinta continua al rinnovamento, il disagio sociale onnipresente, un discorso politico di volta in volta evidente o sotterraneo sono gli aspetti del volume che saltano subito all’occhio del lettore.

In questo racconto globale, pochi personaggi o episodi risaltano al di sopra degli altri.

Tra i primi ritroviamo, immancabile, il futuro presidente Trump, protagonista di una delle più grandi azioni di speculazione edilizia nella storia della città, raccontata da Kuper in tempi non sospetti (persino la pubblicazione della raccolta, che negli Usa risale al 2013, precede di qualche anno l’ascesa del miliardario alla Casa Bianca).

Tra gli episodi che più hanno influenzato l’opera di Kuper spicca invece la tragedia dell’11 settembre 2001, una ferita ancora aperta nel cuore della città che l’autore riesce a restituire in tutto il suo impatto, testimoniato dagli occhi di chi c’era.

L’incredulità, soprattutto, caratterizza quelle pagine drammatiche, legata nel caso di Kuper anche a una circostanza particolare: il fatto che negli anni precedenti all’attentato, la sua fervida fantasia lo avesse portato a immaginare e illustrare più di una volta New York distrutta da una catastrofe di qualche tipo: bruciata, annientata o sommersa dalle acque.

La capacità immaginifica di Kuper è qualcosa di unico, consente alla città di umanizzarsi e prendere vita, di ritrovare nelle sue linee elementi simbolici e totemici che la trasformano in un puzzle, in un arazzo da interpretare.

L’autore raffigura i suoi sogni fino a quando sono questi ultimi a plasmare la realtà, in sequenze che a volte si concludono con un risveglio finale mentre in altre, semplicemente, non danno la possibilità di capire dove finisca l’incubo e cominci il mondo.

A metà strada tra i suoi due fumetti più noti in Italia – l’adattamento de La metamorfosi di Kafka (2003) e il graphic novel Ruins, vincitore dell’Eisner Award 2016 – Diario di New York rappresenta un momento fondamentale nella carriera di Kuper.

Non solo perché restituisce al pubblico quarant’anni di lavoro, ma perché dichiara tutto l’amore del fumettista per una città folle, frenetica, diseguale, ma allo stesso tempo affascinante e diversa da tutte le altre, animata com’è da quel crogiuolo unico di umanità e culture che Peter Kuper è riuscito a sintetizzare così bene in Diario di New York.