27 Aprile 2019
Recensione del libro di Claudio Fava, la dittatura argentina e una squadra di rugby cancellata dall’odio e dalla violenza
“Uno di noi due dovrà restare vivo. Solo di questo sono sicuro!”
“Perché?”
“Qualcuno dovrà raccontarla questa storia…”
Leggere Mar del Platain America Latina regala emozioni inaspettate.
Per un siciliano, ritrovarsi a leggere una storia di quello che considero il mio continente adottivo, con alcune parole sparse qua e là del mio dialetto, mi avvicina doppiamente alla lettura e alla storia di questi picciriddi alle prese con la dittatura argentina.
Claudio Fava mischia alle parole in spagnolo, che danno un ulteriore tocco latino alla storia, parole tipicamente siciliane. Questo mix di lingue e linguaggi dà al libro, almeno ai miei occhi, un senso di profonda vicinanza alle storie in esso narrate. Quasi di casa.
Ed è così che in poche ore le pagine del libro scorrono in fretta e così finisce la sua triste storia. Storia molto comune da queste parti del mondo.
Il protagonista è Raul, ragazzo argentino di origini italiane e spagnole, giocatore di rugby. L’ho immaginato come uno dei miei amici latinoamericani con passaporto italiano ma che non parlano una parola della nostra lingua.
L’unico rimasto in vita per raccontare questa storia di desaparecidos, ragazzi scomparsi nel nulla, torturati, seviziati, uccisi, per avere vent’anni nell’Argentina della dittatura della Junta Militar di Videla.
Un’intera squadra di rugby sterminata nel corso di quattro anni per il fatto di essere giovani partigiani costretti a resistere a una dittatura spietata. “Avete vent’anni. Vi ammazzano perché non conoscono i vostri pensieri e questo li fa impazzire” commenta ad un certo punto del libro il mister della squadra.
Mar del Plata racconta un’Argentina che, in piena dittatura militare che farà sparire nel nulla più di trentamila persone, si prepara a ricevere il mondiale di calcio, con le squadre di calciatori famosi, tutti con la stessa divisa, e tutti con le stesse giacche e cravatte.
Fava racconta uno spaccato della società argentina del tempo che intreccia la politica con uno sport non particolarmente conosciuto. Chi si sarebbe interessato di quei ragazzetti che giocano ad uno sport che non si vede tutte le settimane in televisione?
Infine, nella conversazione dell’autore del libro con Raul, l’unico sopravvissuto della squadra Mar del Plata e protagonista della storia, si ricorda quanto sia importante l’esercizio della memoria: “Mi fa male [ricordare]. Ma fa anche bene. A chi non c’era. A chi pensa che trentamila persone scomparse siano solo una statistica e non un pezzo di carne vive strappato a morsi dall’Argentina.”
Il 24 marzo, solo qualche giorno fa, si è celebrato il giorno della memoria in Argentina, proprio per onorare le vittime della dittatura degli anni ’70. Anche questo libro è un pregio alla memoria, affinché anche in Italia ci si ricordi che di memoria si vive e si cresce. Per non commettere gli errori del passato.