Celine & Ella, piccola storia di umanità e fiducia

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9 Luglio 2019

Recensione del graphic novel di Miba e Josh Prigge (Bao)

Celine & Ella è una di quelle storie che quest’epoca sembra non volere. E che forse non merita nemmeno.

Un racconto di rara delicatezza nei giorni dell’odio che viviamo quotidianamente. Un piccolo viaggio nell’animo umano che sembra impallidire di fronte alle immani tragedie a cui ormai siamo abituati.

Ma che forse nasconde la chiave per tirare fuori la testa dal mare di rabbia, cinismo e indifferenza in cui tutti stiamo affogando – realmente o per metafora – e tornare a respirare, almeno per un attimo.

Perché Celine & Ella ; Dear my gravity è una storia di ascolto, di comprensione dell’altro con le sue fragilità, oltre le differenze e il muro invisibile di isolamento che ci tiene a distanza gli uni dagli altri.

È impossibile non sviluppare da subito empatia con le due protagoniste.

Celine vive con difficoltà la propria origine coreana – causa di continue prese in giro da parte dei compagni di scuola – e non ha mai superato il trauma per l’abbandono del padre, che ha lasciato la famiglia quando lei era ancora bambina.

Ella soffre invece per la condizione della madre, sordomuta in seguito a un incidente che sembra l’oggetto preferito dei pettegolezzi della cittadina. Per questo, all’affetto per lei si lega un sentimento ambivalente di risentemento condito da una buona dose di senso di colpa.

Entrambe isolate negli anni complessi dell’adolescenza, le due ragazze rispondono in modo diametralmente opposto: Celine con un carattere esuberante e tentativi di socialità che vengono puntualmente delusi, Ella con una timidezza che la porta a un isoldamento quasi totale.

Il loro incontro, di conseguenza, ha qualcosa di straordinario: due solitudini che entrano in contatto, due persone che trovano qualcuno capace di ascoltarle davvero, senza compatirle né liquidarle con la superficialità delle frasi fatte.

Ella e Celine condividuono le loro insicurezze, le loro paure, mentre gli autori ci conducono nell’intimità dei loro pensieri, nel non detto sottostante a ogni conversazione che in questo caso diventa fondamentale per capire quanto sia difficile per le due ragazze aprirsi con qualcuno.

Il punto e virgola del titolo, non a caso, è un segno internazionale che simboleggia apertura e fiducia reciproche tra le persone che sono passate attraverso un periodo di depressione.

La dolcezza di queste due fragili protagoniste, che provano a fidarsi di un’altra persona per rialzarsi con fatica dopo anni di buio, è enfatizzata dal segno essenziale e delicato di Miba Prigge.

La scelta di una raffigurazione minimale, fatta di colori saturi e forme geometriche che ricordano vagamente Cézanne, sono quanto di più distante si possa immaginare dall’estetica legata al manga e per estensione al fumetto asiatico, da cui proviene la coppia di autori coreani.

Lo stesso vale per la sceneggiatura di Josh Prigge, che limita i dialoghi non per privilegiare l’azione, ma per rallentare il ritmo e lasciare spazio al pensiero. Quando si prendono la scena, però, le parole hanno il peso di un macigno e la leggerezza di una piuma, come accade in ogni conversazione tra persone insicure.

La strada comune intrapresa da Celine & Ella è di straordinaria importanza, specie di questi tempi, perché oltre all’isolamento è in grado di superare anche i pregiudizi sulle diversità, dalla disabilità al colore della pelle.

E potrebbe non essere tutto, perché emozioni e sguardi tra le due protagoniste lasciano intuire che la loro relazione possa evolversi in qualcosa di più di una semplice amicizia.

È così che, pagina dopo pagina, questa piccola storia di fragilità e fiducia assume un carattere quasi universale. Tenendo accesa una fiammella di speranza: forse c’è ancora qualcuno, da qualche parte, che coltiva l’umanità con la pazienza e la dedizione che servono.