Cafarnao-Caos e Miracoli, diretto da Nadine Labaki, con Zain Al Rafeea, Yordanos Shiferaw, Boluwatife Treasure Bankole, Kawthar Al Haddad, Fadi Kamel Youssef, Cedra Izam, Alaa Chouchnieh, Nadine Labaki – Gran Premio della Giuria a Cannes 2018. Nelle sale.
Bambini che non vanno a scuola, ma lavorano e vivono in strada da mattina a sera, famiglie numerose e poverissime dove può capitare di ‘vendere’ una figlia 11enne come sposa bambina; migranti che sognano invano una nuova vita, e una ribellione: quella di un ragazzino, forse dodicenne, che fa causa ai genitori, per averlo messo al mondo condannandolo a una vita di privazioni.
Cafarnao, terzo film dedicato dalla regista libanese al suo Paese, mette in scena un affresco di un’attualità durissima realizzato con un cast interamente di non professionisti, composto da grandi e piccoli che hanno tutti un vissuto vicino a quello dei personaggi del film.
Non per nulla Nadine Labaki ha iniziato a girare dopo tre anni di ricerche fra periferie, tribunali e prigioni, e dopo aver parlato con decine e decine di famiglie e bambini.
Protagonista della storia è il piccolo Zain, che lavora da ambulante e garzone nelle strade di Beirut, in mezzo ai rifiuti, senza acqua corrente, molto spesso senza cibo da mattina e sera, con una famiglia numerosa che vive accatastata in uno slum della città.
Attaccatissimo alla sorellina di 11 anni, si rivolta contro i genitori e scappa quando la “vendono” come sposa bambina a un trentenne parente del padrone di casa.
Inizia allora un odissea di peripezie in cui il bambino viene accolto da Rahil, giovane immigrata illegale del Corno D’Africa e mamma di un bimbo di un anno, Yonas, che nasconde al mondo intero. Insieme per poco tempo formano una nuova, strana famiglia, finché le cose precipitano e Zain, finito in prigione per un crimine, decide di fare causa ai propri genitori che l’hanno condannato a una vita da ‘invisibile’.
Senza i documenti, non solo in Libano, non si ha accesso a nulla, neppure all’assistenza medica. E si va incontro alla morte senza che nessuno se ne accorga.
Cafarnao è un film crudo e commovente, umanissimo ma per nulla “ricattatorio”, che conquista grazie alla sua potente lente d’ingrandimento sulle diseguaglianze sociali nel Libano di oggi, Nadine Labaki, abbandonato ogni tono di commedia dei precedenti film, si cimenta con perizia registica e di scrittura nel ritratto cinematografico di una nazione che dimentica i suoi poveri, visto attraverso l’infanzia rubata dei piccoli protagonisti.
E’ proprio mostrando il loro vissuto che Cafarnao manda il suo grido di dolente denuncia nei confronti dei bambini maltrattati, dimenticati, abusati di tutto il mondo.
Bambini come Zain, nella realtà un profugo siriano che ora per fortuna vive e studia in Norvegia. La sua è una storia bellissima, dickensiana, un racconto di vita neorealistica senza filtri che noi, gli spettatori, vediamo attraverso gli occhi indimenticabili di questo ragazzino costretto a crescere troppo in fretta, per nulla felice di essere nato, in lotta per avere un diritto minimo eppure essenziale: la carta d’identità.