di Irene Merli
12 Ottobre 2019
Il film di Francois Ozon, tratto da una storia vera di abusi di un prete sui bambini che gli erano affidati
GRAZIE A DIO, di Francois Ozon. Con Melvil Poupaud, Denis Ménochet, Swann Arlaud, Eric Caravaca, Francois Marthouret, Bernard Verley, Martine Erhel, Josiane Balasko. Gran Premio della Giuria al Festival di Berlino 2019, Nelle sale dal 17 ottobre
Alexandre vive a Lione con 5 figli e una moglie davvero invidiabili. Ha anche un ottimo lavoro in banca. Ma un giorno scopre che il prete che ha abusato di lui quando era uno scout lavora ancora a stretto contatto con i bambini. Qualcosa scatta dentro di lui e decide di agire, anche se sono passati più di venti anni. Così scrive al vescovo della città, monsignor Barbarin.
Gli racconta quello che ha subito da padre Preynat e inizia la sua lotta per avere giustizia: prima dalla Chiesa, che non gliene dà, e poi dallo Stato. Ma poiché il reato nel suo caso è andato in prescrizione, cercando prove contro quel vecchio religioso, viene a contatto con altri uomini abusati da lui negli stessi anni, in quello stesso campo scout estivo, il Group St. Luc.
E a poco a poco molte persone, tra cui Francois ed Emmanuel, trovano la forza di parlare e lottare perché altri bambini non debbano vivere le loro drammatiche esperienze.
Francois Ozon per la prima volta gira un film su una storia vera, tanto d’attualità che non si è ancora conclusa, e affronta una vicenda con una folta schiera di personaggi. Ma lo fa in maniera magistrale, senza retorica, toni né da mélo nè da pamphlet, riuscendo in ogni fotogramma a tenere la giusta misura tra sé e i suoi protagonisti, scelti dal primo all’ultimo con un’aderenza straordinaria tra caratteri e attori. Il regista ha infatti conosciuto uno per uno Alexandre, Francois, Emmanuel, Gilles, e i loro figli, le mogli, i genitori gli avvocati.
Perché leggendo i giornali si era imbattuto nel caso Preynat e aveva scoperto il sito de La Parole Libérée, l’associazione creata dalla vittime lionesi, Da lì ha attinto documenti che l’hanno colpito a tal punto da fargli cercare l’uomo per cui tutto era cominciato, l’uomo che solo a 40 anni si era scoperto pronto a raccontare la sua storia.
Così il film parte in quarta sin dalle prime scene e punta dritto al cuore della questione, attraverso le mail che Alexandre Guérin scrive al cardinale Barbarin (tutte vere). E cresce man man che la vicenda si arricchisce di testimonianze, con una sceneggiatura basata strettamente sui fatti e fedele alle esperienze umane dei veri protagonisti.
Grazie a Dio si struttura infatti come una staffetta di rivelazioni, perché la realtà di quello che è successo si raccontava da sola, con una sorta di effetto domino. Poi l’autore conta: il grande regista, con la sua opera impeccabilmente orchestrata, riesce a suscitare un’empatia immediata con i suoi personaggi e le loro sofferenze, disegnando con un pudore estremo il ritratto di individui dagli orizzonti sociali e culturali differenti che finalmente trovano la parola.
Uomini che hanno in comune un trauma infantile e dopo anni di rimozione si incontrano, danno voce alla rabbia inesplosa e risorgono.
Eppure Grazie a Dio non è un film antireligioso. Numerosi protagonisti del film sono credenti e Ozon è sempre rispettoso della loro fede “nonostante”, ma per far male il regista si affida di nuovo a dichiarazioni officiali e a documenti autentici. Così il carico contro la gerarchia episcopale si rivela tanto più aspro quanto più evita la caricatura: il cardinale Barbarin è mostrato come un uomo di potere che sembra onestamente non capire la gravità della situazione, una gravità che non pare saper misurare fino in fondo nemmeno padre Preynat, il prete pedofilo.
Orso d’Argento a Berlino, Grazie a Dio è un grande film politico sulla ricerca di giustizia degli uomini. L’abuso sessuale, lo stupro, l’incesto sono storie in cui ile parole restano in gola. Ozon fa della ricerca di quei fatti, di quelle voci un film d’azione collettiva.