15 Marzo 2019
È arrivato. E anche finalmente. Giovani e giovanissimi protagonisti. A noi il compito di accompagnare, senza disturbare
È accaduto. Una ragazza di sedici anni chiama allo sciopero globale perché non c’è futuro. E nel giro di pochi mesi ecco una risposta in tutto il mondo.
Vogliamo il nostro futuro, dicono le ragazze e i ragazzi scesi per le strade di centinaia e centinaia di città. Milioni di giovani nel mondo. Un giorno che resta, da ricordare: 15 marzo 2019.
A Milano il serpentone colorato, cartelli autoprodotti, nessuna appartenenza partitica, molta determinazione. E soprattutto divertimento, una arrabbiatura che dice cosa vuole, che è profondamente pre-politica. È vita quotidiana, semplicità del dire che no, così ci uccidono, dobbiamo cambiare.
Le domande del raziocinio agé, molte giuste, oggi non valgono. Andranno avanti? Davvero sanno che cosa sta succedendo? Conoscono i meccanismi del capitalismo? Sono capaci di approfondire le tematiche, di avere delle basi di discussione solida oltre a una bella giornata di sole?
Tutto questo non vale, oggi e in generale. Perché la partecipazione, la decisione che oggi sfilo e ci vado con un cartello e lo dico forte e lo urlo a tutti, questa azione è la chiave di tutto.
Lo switch. Fino a un attimo prima l’interruttore è fermo, un attimo dopo fa passare il contatto. Click.
Agli adulti vedere questa moltitudine con i sorrisi freschi, gli occhi vivaci, i corpi elastici dell’adolescenza, quella sana ingenuità ricorda il fastidio che avevamo allora di quelli che ci tacciavano di essere idealisti. Che con l’età saremmo cambiati.
Noi siamo qui, semplicemente li aspettavamo, quasi disillusi dalle mazzate e dalle ferite, con la nostra storia del Novecento sulle spalle.
Loro non sono noi. Per questo non li possiamo giudicare con i nostri occhiali. Li possimao osservare e forse anche proteggere da chi volesse mai accaparrarsi quell’energia che oggi scorreva nelle vene di Milano e di tante altre città del mondo.
Sono giovani e belli, sono allegri e hanno in mano i loro SmartPhone, la rete salta subito, impossibile telefonare, le foto vanno a manetta, la viralità è assicurata. Oggi non si va a scuola e sanamente è già una bella notizia, in più c’è il sole e anche il motivo per andare in piazza è sentito, è di tutti i giorni. Quando prendono un volantino ringraziano, non conoscono la cerimonia delle manifestazioni e dei cortei, non ci sono canzoni inno, non ci sono consegne politiche nazionali se non qualche cartello su +gattini e -salvini, ma davvero a volerlo cercare. C’è tanto cartone, con i pennarelli sopra. Tanto fai da te, che rende il corteo ancora più colorato, rispetto a blocchi di bandiere o di colori di realtà politiche. Un mix che è anche nei visi di chi sfila, nel colore della pelle, fra le mamme e i papà che accompagnano molt* ragazz* delle medie, che a ben guardare segnano sul proprio personalissimo cartellino la prima tacca di movimentismo fra gli 11 e i 13 anni.
Cosa vorremmo di più? Nulla. Se non ribadire che la profezia di un nuovo movimento sociale che si articoli sui grandi temi quali l’ambiente, il genere e l’uguaglianza si sta trasformando in realtà.
Fatti tutti i distinguo nelle ultime quattro settimane, a Milano, abbiamo visto reti di associazioni con 200mila persone e oltre, un 8 marzo davvero deciso e con notizie dalle piazze estere che parlavano di una partecipazione massiccia e ora il global strike. È il cambio turno e la politica partitica forse non lo capirà nemmeno questa volta andando a cercare di mettere il cappello o qualche punto nei programmi per mettersi al sicuro. Non c’è problema, oggi le cravatte del palazzo sembrano morti che camminano. A noi spetta un compito importante: informare, informarli, accompagnarli. Senza perdere di vista chi è il protagonista, adesso.