Podcasting. Va di moda ed è bellissimo. Era ora che l’audio arrivasse con questa potenza anche nel nostro Paese. Secondo Voxnest quest’anno l’Italia ci regalerà 4 milioni di ascoltatori in più e le cifre di chi usa le orecchie è in continuo e costante aumento.
Ma che cosa è un podcast?
Il podcast è uno strumento, può veicolare diversi formati. Una trasmissione radio, posizionata sul digitale e scaricabile è un podcast. Una inchiesta giornalistica, con musiche originali e in dieci puntate è un podcast. Podcast è una riproduzione audio che viene posizionata su una piattaforma digitale con un codice feed che permette di iscriversi e scaricare le puntate del podcast prescelto.
C’è chi legge racconti, chi legge ricette, chi parla del sesso degli angeli. Noi abbiamo iniziato a ragionare di audio e audioreportage tanti anni fa, quando raccontavamo sulle frequenze di diverse radio reportage o storie di persone. Venivano trasmesse, per noi finivano ai tempi e sui siti in cui lavoravamo a disposizione del pubblico.
Per questo, oltre ad aver contribuito a mettere insieme una redazione giovane di Libera Bologna con Sentiti Libera – stiamo aprendo altri canali, stay tuned – ci siamo interrogati sul fare nuovi podcast originali. E di trovare anche le risorse per avere la possibilità di creare prodotti di qualità, come abbiamo sempre voluto garantire su questo giornale.
Il podcast finalmente vince perché; ci tiene le mani libere, ci tiene gli occhi liberi, si ascolta in mobilità e si dichiara subito per quello che: puntate da tot minuti in cui verrai trascinato dentro un argomento. Se lo scegli lo ascolti e con tanti saluti alle leggi delle curve di ascolto brevi. Finalmente il discorso pubblico e giovane si dice convinto di voler prestare attenzione a quello che sceglie e che vuole provare.
Senza nulla togliere al video o alla scrittura o alla fotografia e alla croissmedialità che tanto amiamo. Ma l’oralità ci riporta intorno al fuoco a raccontarci storie. Ci vuole una raccolta partecipata, condividere il percorso e per questo iniziamo da due proposte cercando di raccogliere un budget di 5000 euro, da destinare alla prima produzione e poi andremo avanti insieme. Ecco, l’invito, oltre che a contribuire, e grazie, è a far girare la voce. Non siamo multinazionali, né società leader, ma abbiamo una lunga tradizione nel narrare giornalisticamente.
Si parte!
Fenomenologia dei Pink Panthers
Una storia criminale, tra mito e realtà, che dalla ex-Jugoslavia si è raccontata nel mondo
di Christian Elia
regia Angelo Miotto
In fondo nessuno ha mai saputo davvero quante persone componessero la banda, ma tutti sapevano che erano dannatamente bravi a fare una cosa: rubare gioielli.
Anche il loro nome, in fondo, era un omaggio che gli sbirri – in particolare quelli dell’Interpol – facevano alla loro abilità. Li hanno chiamati Pink Panthers, come il mitico diamante rubato dal ladro che faceva ammattire l’ispettore Clouseau nei celebri film di Blake Edwards e Peter Sellers.
Quello che è certo, da Dubai a Parigi, dal 2003 a oggi, in oltre 120 colpi in almeno 20 paesi differenti, è che la banda dei Pink Panthers viene ritenuta responsabile di rapine per un valore di 500 milioni di dollari. Chi sono i membri dei Pink Panthers? Si dicono, raccontano e scrivono molte storie.
Ex militari della Jugoslavia, provenienti da tutte le repubbliche che componevano il paese collassato nei conflitti degli anni Novanta? Forse, così li raccontano. Quanto questa narrazione cede a un orientalismo balcanico, quanto è reale e provato? Il loro leader indiscusso era Dragan Mikic? Probabile, ma chi è davvero?
E ogni volta che c’è un colpo in una gioielleria, da qualche parte del mondo, si torna a parlare di loro, come quando viene arrestato un vero o presunto membro della banda. Sembra sempre, con i Pink Panther, di muoversi su un confine incerto tra fascino della criminalità e creazione di un mito.
Questo podcast, diviso in cinque puntate, vuole raccontare la storia di una storia, indagando anche e soprattutto come nasce, si diffonde e si rafforza una narrazione.
Hikayat
di Silvia Moresi e Christian Elia
regia di Angelo Miotto
Raccontare storie, seduti attorno a un fuoco, attorno a un tavolino di un bar, in una tappa di un lungo viaggio. Nella tradizione del mondo arabo, le hikayat sono narrazioni orali, che passano di bocca in bocca, di padre in figlio, da una finestra all’altra di un piccolo vicolo o tra le strade di grandi città.
Racconti che spesso diventano memoria collettiva.
Questo progetto nasce dall’idea di raccontare le storie di donne e uomini che hanno affascinato e, in qualche modo, unito il mondo arabo, un mondo composito e variegato, ma che troppo spesso viene semplificato con definizioni ancora cariche del retaggio coloniale. Ci sono state vite che hanno attraversato l’intera comunità di una lingua, l’arabo, diventando vere e proprie ‘icone’ – positive o negative, o entrambe le cose – per un periodo di tempo.
Per la prima serie di questo progetto di podcast, sono stati scelti cinque personaggi, a cui verrà dedicata un’intera puntata, e che saranno raccontati in forma biopic narrativo: la vita, le azioni nel e del tempo, ma anche e soprattutto il loro lascito e la loro influenza nell’immaginario e nella quotidianità di oggi.
Personaggi: Jamal Abdel Nasser, Mu‘ammar Gheddafi, Samir Kassir, Fayruz, Ghassan Kanafani.
Vogliamo condividere con voi l’impresa, non solo chiedendo il vostro sostegno economico, ma anche sulle scelte di produzione.
Chi vuole diventare produttore non deve far altro che donare la somma che ritiene opportuna, con un bonifico a questo link:
specificando, nella causale, quale dei due progetti di podQast desiderate sia realizzato per primo.