Paure. Il terzo numero del nostra semestrale di geopoetica è dedicato alle tante paure che abbiamo raccolto dai nostri collaboratori, molti nuovi grazie alla call for entries, e sistematizzato nel nostro sfoglio. Qui vi raccontiamo cosa c’è dentro il numero 3 di Q CODE, rivista disponibile in abbonamento, o che si può ordinare in libreria.
Questa è la nostra copertina. Il ragazzo ha paura e in realtà è anche schiacciato dentro un luogo angusto. La paura è ancestrale, forse solo nel metaforico Eden uomo e donna non avevano paura – ma questo non lo sappiamo per certo.
E allora ricordiamo che il nostro semestrale si muove così: da una parola partono numerose declinazioni, di format e contenuti fino ad arrivare a un sommario ricco, qui siamo con un volume a5, come un libro per intenderci, da 180 pagine, sotto la direzione artistica di Giancarlo Pasquali.
C’è il nostro editoriale, una bella foto scelta da Leonardo Brogioni per illustrare la paura legata al Covid. Pensate che la scelta della parola è avvenuta prima ancora che scoppiasse la pandemia, perché la paura quella che proviamo e quella che vogliono che sentiamo per ottenere spesso richieste di sicurezza, è unaparola chiave di questo inizio del XXI secolo.
La paura che instillarono nel Movimento a Genova, era il 2001. La paura che nacque dalla due Torri, 2001. La paura della crisi, la paura degli attentatori lupi solitari e delle stragi, la paura del virus invisibile. Firmiamo due elzeviri a confronto, in cui si fonteggiano due paure: quella che scava dentro e ci terrorizza, e quella che è utile, che spesso può salvare, un sesto senso che attiva meccanismi di conservazione.
Intervista: è a Omar Mohammed, il cui nome è noto soltanto dall’8 dicembre 2017, quando l’autore del blog Mosul Eye, l’unica fonte di informazioni indipendente dalla seconda capitale dell’Isis (l’altra, Raqqa, è in Siria, ndr), ha deciso di ri- velare la sua identità. Il titolo dice tutto: anatomia della paure irachene.
Reportage: abbiamo delle sezioni fisse, come Reportage; qui c’è l’Albania della Sigurimi, per la penna di Christian Elia e le foto di Camilla de Maffei, in cui leggiamo del clima di terrore e di paura che abitava la ‘casa delle foglie’, il luogo in cui avvenivano interrogatori, sede della temutissima polizia politica di Enver Hoxha.
E poi abbiamo un reportage molto particolare: lo scrivente è Barbisa, un personaggio nato dalla fantasia di Mauro Mercatanti e illustrato da Felicita Sala. Il Barbisa ci parla di un viaggio, dentro la nostra paura sì di morire, ma anche di essere dimenticati.
Andiamo avanti con lo sfoglio.
Isidora Tesic ha una sua rubrica, si chiama Glossario, e questa volta ci racconta come i poeti hanno inteso lo stato d’animo, sicuramente creativo, di un’emotività così forte da gestire. E subito dopo con Monica Priante andiamo a ricostruire i tabù e la paura stessa di parlare di una delle grandi paure che abbiamo già evocata: quella di morire.
A questo punto si apre quello che strutturiamo come una specie di dossier, ma non monotematico, quello viene dalla parola chiave, ma dove riuniamo articoli che creano un interessante incrocio comune. Una sezione che abbiamo chiamato Un mondo di Paure e che comprende:
E così siamo arrivati a metà giornale. Finito questo dossier internazionale il nostro sfoglio stacca sulla Graphic novel, in questo numero di Enrico Natoli, la nostra matita, che ci racconta le tante paure, da bambini, e da cittadini, con un disegno peraltro bellissimo anche per Stefano Cucchi.
Restiamo in argomento, perché abbiamo chiesto a Luca Rasponi, che qui sul sito cura la Nona Arte, di raccontarci della paura che sta alla base di tante storie di supereroi. Il suo incipit: “Prima la paura come arma o come ostacolo da superare. Poi la paura del diverso, di non essere accettati, di perdere la propria umanità. Il percorso ormai quasi secolare dei supereroi dei comics Usa è da sempre intrecciato alla paura”.
E siamo arrivati a due articoli sull’arte, il primo è di Bianca Bozzeda, che firma una riflessione su arte e restituzione, che si inscrive nel grande tema della restituzione delle opere d’arte saccheggiate o fatte bottino di guerra. L’altro è per la penna di Giusi Affronti che sceglie nel portafoglio del Novecento la storia di Gustav Messmer: “Ossessione è la parola-chiave a proposito di un artista outsider, ovvero ignaro del sistema dell’arte ufficiale, mainstream”, scrive Affronti.
IRPI è un gruppo di giornalisti di inchiesta che da anni lavora a livello internazionale, spargendo le proprie inchieste di alta qualità su diversi giornali e testate di prestigio. Con Irpi, così come con Valori, con Codici Ricerche, con Re:Common, Trasparency, abbiamo voluto stringere un accordo per una visibilità sulle nostre pagine, per trasformarci in una piattaforma di condivisione di testate che sentiamo vicine e cercando di unire le forze di una concezione del giornalismo che travalica lo sciatto mainstream che subiamo.
Lorenzo Bagnoli in questo caso ci parla di ‘ndrangheta. Chiuderà il lungo ragionamento con una frase di Enzo Ciconte, anticipiamo solo uno stralcio: “Le relazioni con i mafiosi da parte di coloro che detengono il potere politico e istituzionale non è dovuto alla paura, o solo ad essa, ma a qualcosa di più profondo: alla convinzione che anche la violenza, se controllata e disciplinata, può concorrere alla regolazione della società e al governo territoriale di essa”.
Non è scontato affrontare il tema della paura del migrante. Ha perso e lasciato tutto, è arricato in un Paese diverso e spesso non si attende quel che lo aspetta. Gabriella Grasso con ottime relazioni per i suoi laboratori di autobiografia, ci racconta come molti migranti, decisi a restare in Europa, sono impreparati a una vita che non è (affatto) come l’avevano immaginata.
Subito dopo è la volta di Massimo Conte, di Codici Ricerche, a ragionare sull’uso della parola paura. Un ragionamento intenso in cui scrive, tra l’altro: “Trovo che evitare di usare il termine come un’etichetta generica, sia un modo per rispettare le vite segnate dalla paura. Tanto più che la lingua ci offre altre possibilità di identificare le emozioni che proviamo, analizzarne le cause e comprendere a quale azione ci invitano”.
La corruzione fa paura. È vero, ma non basta, per questo c’è Trasparency Italia che inizia dal numero 3 la sua collaborazione con Q CODE.
E poi Clara Capelli, economista, che è andata a riprendere con una minuziosa ricerca delle frasi pronunciate da imprenditori e da lavoratori in un ragionamento duro su Paura, diseguaglianze che porta in epigrafe una frase di Luciano Gallino, a noi molto caro, che scriveva così: “Tra le disuguaglianze che discendono dall’appartenere a una classe sociale piuttosto che ad un’altra si può includere anche questa: la divisione categorica tra chi a vent’anni si trova nella condizione di concepire un progetto di vita, di disegnarsi o immaginarsi un futuro, e chi invece non può farlo né a quell’età né dopo”.
Siamo alle battute finali, con la grande paura della fine del mondo, in cui abbiamo chiesto a Gianluca Ruggieri di ragionare oltre l’emotività della paura e di raccontarci come superare unemozione che ci potrebbe rendere rassegnati. Scrive Ruggieri: “La speranza è un atto di volontà. Joanna Macy ha proposto di abbracciare la speranza attiva. Nel suo approccio “speranza” può infatti avere due si- gnificati. Possiamo sperare che si avveri quello che desideriamo, ma così rischiamo di lasciar perdere tutte le volte che le possibilità sono scarse. Oppure possiamo adottare una speranza che ha a che fare con il desiderio”.
“Sul senso del pericolo, sulla reazione alla consapevolezza del danno, si interroga l’ultimo lavoro del regista Emanuele Caruso, il docu-film A riveder le stelle prodotto da Obiettivo Cinema. Sarebbe dovuto uscire nelle sale a marzo 2020, ma l’emergenza COVID-19 – emergenza, un’altra pa-rola saliente – lo ha prima bloccato, poi ostacolato, e infine fatto slittare al 2021”. Alessandra Chiappori ci porta A Riveder le stelle, per il cinema, mentre Luca Bergara di Movieday stila per Q CODE una top dei film di paura più famosi.
E così siamo arrivati alla fine. Qui lo sfoglio prevede una cosa che molti giornali fanno e cioè chiudere con un tema che susciti interesse e quindi non con un calare dell’attenzione: paura e cibo.
Qui tocchiamo una delle corde più sensibili dell’uomo contemporaneo: la sua alimentazione nell’era del consumo e del consumismo. Ippocrate diceva: “Siamo ciò che mangiamo”. Preoccupante a volte, no? L’articolo conclusivo di Michela Aprea.
Ma dove si compra o si ordina Q CODE? Per l’abbonamento a due numeri:
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