Dice “ma ci sei mai stato a via Rasella? E no perché dopo che hanno rimbiancato la scritta VIVA GARIBALDI e la scritta a Valerio Verbano, questi nel nome del decoro urbano cianno il coraggio di chiudere pure i buchi sul palazzo di via Rasella”.
Dice: «I segni della guerra si vedono ancora in via Rasella: all’angolo con via del Boccaccio dove abitava e fu preso Guido Volponi, ci sono ancora i buchi dei colpi sparati all’impazzata dalle SS contro le finestre e le case dopo l’esplosione della bomba – Il palazzo nostro era tutto bucato e ancora c’è qualche buco, poi quando hanno fatto la facciata mi sa che qualche buco l’hanno levato, però le belle arti hanno imposto di lascià i buchi come so’ rimasti laggiù alla piazzetta (Bruno Frasca)”.
Questo e molto altro è quello che si dice dei buchi e dei muri. Poi c’è chi i buchi cerca ancora di andarci dentro e di tenerli aperti e i muri di aprirli. C’è, per esempio, un archivio che si chiama ViBiA (Virtual Biographical Archive), che è l’archivio Virtuale delle vittime delle Fosse Ardeatine che è stato raccontato a Centocelle, a Roma, al Festival BellaStoria, da Alessia Glielmi, Doriana Serafini, Sara Vannozzi.
E insomma loro hanno detto che oggi se uno viene a Centocelle, a piazza delle Camelie, dietro al capolinea del 542, c’è un muro con scritto in grande ACHTUNG BANDITEN, ma che però all’inizio non era quello il murale e c’era disegnata una scena del 25 aprile dove le protagoniste erano le donne che imbracciavano i fucili e che andavano in giro per il quartiere.
Dice che però questo murale è stato oltraggiato talmente tante volte che l’autore alla fine prima lo ha ricoperto e poi ci ha scritto sopra ACHTUNG BANDITEN e dice che quella scritta cementifica il quartiere con gli ideali di quel tempo.
Dice: c’è ancora qualcosa da dire sulle Fosse Ardeatine? Dice: ma ancora con l’identificazione delle vittime ignote? Dice: ma non erano trecentoventi?
Ecco. Il progetto ViBia è nato nel 2009 quando è venuta fuori una lista, bruciata sui margini, dattiloscritta con delle spunte, con dei ripensamenti, con sottolineature, con dei numeri con delle omissioni. Dice che questa lista parla delle Ardeatine e insieme a questa lista ci sono altri documenti che Giuseppe Dosi ha portato nella sua residenza estiva ad Arcinazzo Romano, di fronte alla casa del Generale Graziani e che fino al 2009 erano stati tenuti in uno scantinato. Dice che Dosi aveva salvato questa documentazione dall’incendio che avevano fatto i nazisti a via Tasso nella notte tra 3 e 4 giugno e che, dice, era pratica delle SS, bruciare e cancellare tutto. Come avevano cercato di fare con le Ardeatine.
Dice perché quella che doveva essere una rappresaglia e un insegnamento da dare a tutta Roma, venne invece occultata dalle SS? Dice che le SS sono riuscite a tenere lontana la gente da quel posto fino al luglio del 1944. Dice che la storia dei 320 morti delle Ardeatine è andata avanti per 4 mesi e che solo dopo si è scoperto che erano 335.
Dice che Kappler era il tenente colonnello a capo di una organizzazione e quindi per motivi di ordine pubblico ed evitare una ribellione fanno sparire tutto.
Dice che solo uno si rifiutò, mentre gli altri eseguirono l’ordine in un arco di tempo che va dalle ore 14 alle ore 23 del 24 marzo.
Dice che Michele Di Veroli (sacello 231) nato il 3 febbraio 1929 è la vittima più giovane delle Ardeatine.
Dice che non tutte le 335 vittime sono state riconosciute e che, a oggi, 9 salme restano ma che ci sono degli oggetti che sono stati catalogati e che risultano appartenere a queste vittime. Dice che ci sono anche i nomi, non tutti, ma non si sa ancora a quale salma appartengano.
Dice che non sono tutti partigiani i martiri delle Ardeatine, ma che c’erano pure i ladri di verdure, c’erano partigiani non riconosciuti tali, c’era chi faceva la borsanera. Dice che c’era pure uno spacciatore.
E dice che da questi documenti e dagli incroci con i documenti e archivi di istituzioni e familiari delle vittime, si vede che Lazzaro Anticoli, detto Bucefalo, pugile quasi professionista, sacello 222 alle Ardeatine, muore al posto di qualcun altro. Dice che è morto perché il suo nome è stato sostituito per un favore fatto alla sorella collaborazionista del vero condannato a morte che nella notte tra il 23 e il 24 marzo ha scambiato suo fratello con Lazzaro Anticoli.
Dice che con questo progetto non solo le memorie scritte, ma pure gli oggetti e diventano un documento. Dice che da un colletto che hanno catalogato i martiri non sono stati fucilati, come si vede nei quadri o nelle rappresentazioni delle Ardeatine: l’esecuzione avveniva facendo inginocchiare i prigionieri e, con una istruzione precisa data da Kappler, si doveva dare un colpo secco alla nuca per farli morire sul colpo.
Dice che le vittime delle Ardeatine non erano tutti condannati a morte e Kappler, nella la notte tra 23 e 24 marzo, ha ancora una lista di meno di dieci persone con sentenza di condannato a morte da far finire alle Ardeatine e che per farne ammazzare 335 trova l’escamotage del “candidato a morte”.
Questo è stato detto a Roma il 21 marzo 2019 al Festival BellaStoria.
Il libro di Alessandro Portelli sull'eccidio delle Fosse Ardeatine
Virtual and Biographical Archive victims of Fosse Ardeatine
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