Era il 31 dicembre 2019 quando la Commissione Sanitaria Municipale di Wuhan in Cina segnalava all’OMS un cluster di casi di polmonite ignota, conosciuta nelle settimane successive come Sars-Cov2. La storia purtroppo la conosciamo e sono passati due anni dallo stravolgimento di massa, dalla pandemia tanto prevedibile quanto inevitabile; quello che in questo tempo ha reso il mondo piccolo come un fazzoletto sono state le misure adottate per contrastare il virus.
I governi di tutto il pianeta, o quasi, per contrastare la ferocia e la rapida diffusione del virus sono ricorsi a lockdown e misure restrittive, obbligo di mascherina, un ritiro forzato dalla vita sociale per come l’abbiamo sempre conosciuta. Basti pensare che l’Italia è rimasta completamente chiusa dal 9 marzo al 18 maggio.
Così non è banalmente cambiato solo il modo di viaggiare o di lavorare, è cambiata la modalità di rapportarci e interagire.
Due anni in cui abbiamo visto crollare rapidamente tutte le nostre certezze, in primis assistendo al graduale collasso della sanità pubblica. Le regole e le norme che ci accompagnano in questa fase sono identificabili con le frasi icona di un periodo che è già storia. “Due settimane di lockdown”, “andrà tutto bene”, “io mi vaccino”, “restiamo chiusi per salvare il natale” e ancora “freniamo la curva dei contagi”, “indossa la mascherina” e tanto altro.
Una propaganda forse senza precedenti, il tutto per arrestare la ferocia della pandemia da Covid-19. Finalmente i vaccini hanno ridato speranza ad un tunnel che sembrava senza fine. I dati parlano chiaro: le vaccinazioni di massa hanno ridotto i contagi, frenato le ospedalizzazioni che mettevano in ginocchio la sanità e diminuito drasticamente quei numeri che parlavano di morti.
Eppure nonostante ciò qualcosa ad oggi sembra non tornare, tanti addirittura parlano di lockdown non dichiarati perché la normalità tanto decantata dalla propaganda non è mai più arrivata e forse mai tornerà. Purtroppo a pesare sul 2021 sono state le varianti che hanno offuscato quell’allegria generale che si era creata intorno alla vaccinazione.
La ‘variante inglese’ o ‘Alpha’ del settembre 2020, quella sudafricana’ o ‘Beta’ dell’ottobre 2020, poi la ‘variante brasiliana’ o ‘Gamma’ isolata per la prima volta nel gennaio 2021 in Brasile e Giappone, e ancora la variante ‘indiana’ o ‘Delta’, per poi arrivare alla “omicron”. Il modello di società esistente quasi ci impone di non uscire da un loop di varianti poiché per quanto i vaccini possano risultare armi vincenti, nel Vecchio Continente potremmo continuare a vaccinarci all’infinito e a cadenza regolare ma risulterebbe comunque inutile in quanto nel mondo globalizzato bisognerebbe non lasciare indietro nessuno e quindi banalmente se in Italia si parla di terza dose, in Angola, Palestina e in Honduras non hanno neanche il 4% della popolazione vaccinata. I brevetti sui vaccini così come il business legato a tamponi e mascherine ad oggi ci impediscono di rialzare la testa.
Le basi della sfiducia
Quello che ha caratterizzato il dibattito pubblico oltre al tema covid sono state le insurrezioni no-vax, un tema nuovo nato durante la pandemia. La diffidenza nella scienza così come verso le istituzioni è divenuta dilagante, le teorie cospirazioniste sono esplose sui social così come nella vita reale, e il risultato si è visto nelle manifestazioni che hanno preso piede in tutta Europa, molto spesso con duri scontri tra manifestanti e polizia e continui appelli sui social per scoprire chissà quale verità nascosta.
All’estrema destra europea è bastato poco per impadronirsi di questo malcontento e additare al potere delle Big Pharma come nuovo male da cui difendersi.
L’obiettivo ovviamente di questi movimenti non è stato quello di chiedere maggiore democrazia o un ampliamento dei servizi sanitari, storicamente è noto come la destra provi a far leva sul malumore per generare consensi e nuovi affiliati.
Così la spaccatura sociale a cui stiamo assistendo è forse senza precedenti, ma pare chiaro come vax vs no vax sia la nuova frattura sociale insanabile. In questo contesto il ruolo della stampa mainstream non ha fatto altro che creare nuovo caos e conflitto affrontando le basi della sfiducia come un argomento da bar, limitandosi a supportare due squadre con cui inevitabilmente schierarsi. L’imprevedibilità del virus, le bizzarre norme anti-covid, la distanza tra istituzioni e cittadini così come il protagonismo di certi leader politici hanno aiutato la diffusione di un altro virus altrettanto pericoloso: quello della sfiducia totale che ha radici ben più profonde. Risulta quindi miope additare tutti gli scettici come estremisti o no vax.
La diffidenza parte molto prima del 2019 (anno di inizio della pandemia) e forse va ricercata nel fallimento totale del sistema in cui viviamo.
L’avvento dei social e delle realtà virtuali, l’assoggettamento della politica alla finanza, i nuovi partiti politici svuotati dai vecchi concetti così come eravamo abituati, e le crisi finanziarie, hanno reso chiaro quanto il mondo globalizzato e il neoliberismo favoriscano sempre più una piccola percentuale di persone; ed è così che il cinema coreano ad oggi molto apprezzato è diventato un ottimo narratore per mostrare in maniera cruenta le disparità sociali e la disillusione dilagante.
Se in questi ventidue anni il ruolo della politica fosse stato differente forse ad oggi non staremmo qui ad affrontare i no vax, non avremmo bisogno di sottolineare fenomeni cospirazionisti per coprire in realtà quelle che sono delle responsabilità mancate. Potremmo quindi etichettare i no-vax come un prodotto della stessa politica che ad oggi li discrimina e li combatte?
Un paragone scomodo
Dall’altra parte del mondo nell’unico Paese attualmente estraneo alle logiche del neoliberismo troviamo Cuba che sicuramente non ha passato, come tutti, due anni semplici. L’isola oltre agli unici commerci con Cina, Spagna e Germania mantiene a galla la propria economia prettamente con il turismo, frenato ovviamente durante questo tempo.
Investita dalle proteste del 2021, descritte dalla stampa occidentale come le forme di dissenso più potenti dopo i malumori del maleconazo del 1994, il governo di Diaz-Canel ha dovuto fronteggiare il dissenso capeggiato dal Movimento San Isidro, un movimento che seppur in parte sostenuto da Miami pone i riflettori sulla censura del governo e sulla repressione dei movimenti artistici cubani.
In realtà le proteste sono state un mix di elementi, tra tutti l’impoverimento dovuto alla pandemia e la continua scarsezza di beni di prima necessità, le spinte di apertura verso il mondo e un accesso più libero verso il mondo del web ancora fortemente controllato dal governo, ma anche un malcontento dovuto a quella che potremmo definire la causa di tutti i mali: l’embargo a cui l’isola viene sottoposta da oramai tempi lunghissimi.
Anche Cuba ha conosciuto il caos finendo così in prima pagina durante i primi di luglio (le proteste sono iniziate l’11 luglio 2021); eppure nonostante una parte del mondo continui a definirla come una feroce dittatura l’isola ha avuto un approccio con il virus totalmente diverso da noi qui in Occidente.
Cuba oltre a vaccinare più cittadini contro il covid di qualsiasi altra grande potenza del mondo, ha sviluppato negli ultimi 60’anni un sistema sanitario nazionale esclusivamente pubblico, rendendo tangibile la vicinanza dei suoi medici ai cittadini. Con 220 ospedali, 15 istituti di ricerca, 500 policlinici e una copertura diffusa in tutta l’isola di personale sanitario, Cuba ad oggi conta circa 30.000 medici di famiglia.
Una medicina basata sulla prevenzione, con controlli negli ambulatori ma soprattutto domiciliari. L’isola resta comunque il primo Paese al mondo per densità di medici per abitanti. John Kirk, docente presso la Dalhousie University in Canada ha affermato: “L’idea che Cuba, con solo 11 milioni di persone e un reddito limitato, possa essere una potenza biotecnologica, potrebbe essere incomprensibile per qualcuno che lavora alla Pfizer, ma per Cuba è possibile”. Insomma nell’arco di poco tempo l’isola caraibica ha sviluppato Abdala, e i Soberana 02 e Soberana plus, vaccini completamenti pubblici. Nelle ultime settimane sull’isola si sono fermati i contagi ma soprattutto ci sono stati zero morti per covid-19.
Con l’83,2% della popolazione vaccinata, Cuba ha già completato il programma di vaccinazione contro il covid. E se qualcuno giustamente starà pensando che è facile fare la differenza su un’isola con “pochi” abitanti basti pensare che alla fine di marzo scorso a Cuba c’erano 146 morti per covid mentre il Belgio che ha lo stesso numero di abitanti, di morti ne contava circa 15.000.
Anche a Cuba l’informazione è stata costante, la differenza con l’Occidente è che sull’isola oltreoceano nessuna promessa è stata fatta dal governo, né tantomeno la priorità è stata quella di salvare il natale per favorire lo shopping. Piuttosto quanto prima si sono adoperati per aprire le scuole e lì dove c’erano dei contagi, la televisione scolastica di Stato ha provato a sopperire alla didattica dal vivo, niente talk show né programmi demenziali.
Ed è per questo che sull’isola nessuno ha avuto paura delle case farmaceutiche perché li sono pubbliche e statali, nessuno ha avuto paura dei vaccini; al contrario i Soberana sono stati accolti come motivo di orgoglio nazionale, e nessuno ha dovuto parlare di no vax, perché hanno evidenti ragioni per poter continuare a credere nell’operato della scienza poiché non è soggetta a dinamiche politiche. Ecco perché Cuba non conosce i no-vax.