Il tempo degli operai

di

7 Maggio 2020

Una serie di quattro documentari di ARTE ripercorre tre secoli di storia operaia europea

Il tempo della fabbrica, scandito dalla macchina e dalla catena di montaggio. Il tempo delle lotte, dalle barricate, dei grandi scioperi, fino alle grandi trasformazioni economiche degli ultimi quarant’anni, che paiono avere consegnato la classe operaia al passato.

“Le temps des ouvriers” (Il tempo degli operai) un documentario in quattro episodi per la regia di Stan Neumann, è da qualche giorno disponibile sulla piattaforma Arte (in francese, oltre che con sottotitoli in inglese e spagnolo). Nel corso delle puntate si ripercorrono circa 300 anni di storia del movimento operaio europeo, da Glasgow a Terni, raccontata attraverso la lente del “tempo”.

La fabbrica e la macchina trasformano il tempo del lavoratore, fino alla catena di montaggio e al taylorismo, in un un controllo sempre più pervasivo di ogni movimento, attività, funzione. Ma il tempo degli operai è anche quello della Storia che hanno scritto tra battaglie, scioperi e rivoluzioni, la Storia della classe lavoratrice che si oppone alla classe capitalista.

Il documentario attinge a un ricco archivio visivo e sonoro: foto di operai in fabbrica o nella miseria dei loro quartieri, ma anche moltissime canzoni di lotta e protesta. Il racconto si appoggia ai contributi di diversi storici del movimento operaio, alternati a testimonianze di “operai dei giorni nostri”, in un continuo alternarsi tra passato e presente che mantiene continuità lungo una Storia lunga secoli. Qualcuno lavora ancora in fabbrica, oppresso dalla sorveglianza su tempi e ritmi di lavoro decisi da manager ossessionati dall’efficienza per il profitto; altri hanno visto le fabbriche chiudere, transitando nel settore del terziario a basso valore aggiunto, come nel caso dei lavoratori della logistica.

“Le temps des ouvriers” è un pregevole lavoro di ricostruzione storica, anche per ragionare sul fatto che la Storia narrata nel documentario non si esaurisce – e soprattutto non finisce – con la trasformazione delle fabbriche né con la terziarizzazione. Continua, anche fuori dall’Europa, dove ormai si colloca gran parte della classe operaia a seguito di massicce operazioni di delocalizzazione.

 

Clicca qui per la versione originale in francese

Clicca qui per la versione sottotitolata in inglese

Clicca qui per la versione sottotitolata in spagnolo