L’ultimo cittadino sovietico (e la sua prima Coca-Cola in orbita)

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15 Dicembre 2021

Sergej Krikalëv non fu soltanto l’ultimo cittadino sovietico nello spazio, ma fu anche uno dei primi, tra i suoi concittadini, ad assaggiare la bevanda

Qualcuno lo ribattezzò il “cosmonauta abbandonato”, qualcun altro ha pensato di girarci un film (peraltro godibilissimo, Sergio & Sergei – Il professore e il cosmonauta, Cuba, 2017). Resta in ogni caso una storia incredibile, letteralmente “di un altro secolo”.

Sergej Krikalëv (classe 1958) non fu soltanto l’ultimo cittadino sovietico (assieme al collega Aleksandr Volkov), ma fu anche uno dei primi, tra i suoi concittadini, ad assaggiare una Coca-Cola, cosa che fece davanti a uno schermo nel suo isolamento cosmico. Aggiungiamo pure che fino al 2015 vantava il record assoluto di giorni trascorsi nello spazio: 803 (su sei voli totali). Dopo di lui il titolo è passato a due altri russi, Gennadij Padalka e Jurij Malenčenko. Ma andiamo per ordine.

Il volo sulla Sojuz TM-12

Il 18 maggio 1991 Sergej Krikalëv lasciava il cosmodromo sovietico di Bajkonur per il suo secondo volo nello spazio (il primo era stato di 151 giorni tra il novembre del 1988 e l’aprile del 1989). Assieme a lui, sulla Sojuz TM-12, due colleghi al loro primo volo: il concittadino Arkadij Arcebars’kij e l’inglese Helen Sharman, che sarebbe rientrata già la settimana successiva sulla terra.

Sebbene la missione di Krikalëv dovesse inizialmente durare cinque mesi, il cosmonauta acconsentì a rimanere oltre in qualità di ingegnere di volo e attendere il nuovo equipaggio previsto per l’ottobre. I problemi che stava attraversando l’Unione Sovietica infatti si riflettevano anche sul budget e le decisioni relative al settore della cosmonautica: i due viaggi previsti dopo quello della Sojuz TM-12 vennero accorpati in uno solo; non c’era modo di far rientrare Krikalëv sulla terra e inviare al suo posto un nuovo ingegnere di volo. Il cosmonauta sovietico accettò le nuove condizioni e si preparò a rimanere in orbita oltre il previsto.

Una permanenza prolungata dal collasso dell’Urss

Il 10 ottobre 1991, il comandante Arcebars’kij rientrava così sulla terra con la Sojuz assieme al kazako Toktar Aubakirov e all’austriaco Franz Viehböck, giunti il 2 ottobre e trattenutosi in orbita appena una settimana.

Il viaggio che li aveva portati nello spazio fu particolarmente inusuale, perché privo di un ingegnere di volo; fu la situazione dell’Unione Sovietica in progressivo disfacimento a determinare la scelta dell’equipaggio — nelle casse sovietiche da Vienna entrarono 7 milioni di dollari; mentre il neo-indipendente Kazakistan voleva sponsorizzare la nomea del proprio cosmodromo di Baikonur come base aerospaziale internazionale.

A sostituire Arcebars’kij arrivò, con la Sojuz TM-13, il comandante Aleksandr Volkov, che rimase assieme a Krikalëv a bordo della stazione Mir fino al rientro, il 25 marzo 1992. Per Sergej Krikalëv i giorni in orbita furono in tutto 311, quasi il doppio di quelli previsti inizialmente.

Gli ultimi sovietici

Krikalëv e Volkov rientrarono da cittadini sovietici in un paese completamente nuovo (un po’ come nel caso dell’astronauta di un noto spot dell’atlante DeAgostini): l’Unione Sovietica si era ormai disciolta ufficialmente nel dicembre del 1991 e la neonata Russia aveva di certo passato momenti migliori.

Non si può dire tuttavia che ne fossero del tutto all’oscuro: nel corso della missione, Krikalëv riuscì con regolarità a mettersi in contatto radio con radioamatori da tutto il mondo. Tra questi contatti, si distinse in particolare quello pressoché quotidiano con l’australiana Margaret Iaquinto, che aveva studiato russo all’università di Boston. Fu lei in particolare ad aggiornare i cosmonauti sovietici sulle novità relative al loro paese che venivano loro taciute nei contatti radio ufficiali con la terra. È a partire da questa storia che nasce il film cubano sopracitato, Sergio & Sergei.

E la Coca-Cola? Un’idea la offre il breve video sottostante, dove si può ammirare il cosmonauta Sergej Krikalëv sorseggiare la sua lattina (adattata ad hoc dagli ingegneri NASA per le condizioni di zero gravità) direttamente a bordo della stazione Mir.