Continuano incessanti gli arrivi di persone migranti sulle nostre coste. Nel solo mese di ottobre, più di 3.200 vite in fuga hanno attraversato il Mediterraneo Centrale, con la disperata speranza di raggiungere le coste italiane, per loro unica via d’accesso all’Europa.
Da inizio anno, sono circa 27.000 i migranti che ce l’hanno fatta, a fronte di tanti altri, troppi, purtroppo, dispersi durante la traversata. Fra loro oltre 9.995 respingimenti in Libia (535 minori), 220 morti accertati, 287 dispersi e 3.400 minori non accompagnati.
I dati, diffusi dal Ministero dell’Interno, segnalano un netto incremento delle partenze dalla Libia e dalla Tunisia, sottolineando il fallimento di intenti del rinnovato Memorandum Italia-Libia . Dei quasi 27.000 migranti sbarcati in Italia nel 2020, sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco 11.175 sono di nazionalità tunisina (42%); gli altri provengono da Bangladesh (3.390, 13%), Pakistan (1.251, 5%), Costa d’Avorio (1.207, 4%), Algeria (1.203, 4%), Sudan (884, 3%), Egitto (861, 3%), Afghanistan (776, 3%), Marocco (712, 3%), Somalia (632, 2%) a cui si aggiungono 4.823 persone (18%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione.
Nell’ultima settimana si sono registrati tre naufragi, due a largo della Libia ed uno a sud di Lampedusa. L’ultimo risale al 25 ottobre, in cui sono annegati almeno 11 migranti a largo delle coste libiche.
Le immagini dei loro corpi, fra cui quello di una donna incinta, allineati sulla spiaggia ed avvolti in sacchi neri, vengono rese note dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) presente sul territorio.
Si è trattato del terzo episodio in una sola settimana. Infatti, pochi giorni prima, il 20 di ottobre, almeno altre 15 persone hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo Centrale. La loro piccola imbarcazione si è capovolta nei pressi della città di Sabratha. Il 22 ottobre, in acque internazionali, a 30 miglia a sud di Lampedusa, almeno altre 20 persone hanno perso la vita in mare, mentre 15 naufraghi sono stati tratti in salvo da un peschereccio di Mazara del Vallo.
Nella notte del 26 ottobre, altre 87 persone sono invece fortunatamente state soccorse dalla Guardia Costiera italiana in acque SAR maltesi, a 47 miglia a sud da Lampedusa. Altri 17 di nazionalità tunisina sono stati rintracciati su un peschereccio dalla Guardia di Finanza. Nella stessa notte, in Puglia, nei pressi di Santa Caterina di Nardò (Le), 28 migranti, tutti iraniani, presumibilmente partiti dalle coste greche, sono stati intercettati e condotti a riva dalla Guardia di Finanza. Il 27 ottobre, in Calabria, approdano in barca a vela, sulla spiaggia della Locride (RC) altre 58 persone e il 28 ottobre altre 77 (tra cui 6 donne e 7 bambini). I due probabili scafisti di quest’ultimo sbarco, alla vista della Guardia Costiera, si sono gettati in mare. Uno è stato bloccato a terra dai Carabinieri, l’altro è al momento disperso. E’ il quindicesimo sbarco sulle coste calabresi nel mese di ottobre, con l’arrivo di oltre 1000 migranti.
Sono questi dunque gli effetti dell’esternalizzazione delle frontiere? Secondo Oxfam, gli accordi fra l’Ue ed il Nord Africa violano i diritti umani:
“L’esternalizzazione del controllo delle frontiere europee delegato al Nord-Africa, senza fermare le morti in mare, sta causando violazioni dei diritti umani, non solo in Libia”. È quanto denunciato da Oxfam con il rapporto “Un reale interesse comune” che descrivere dettagliatamente le conseguenze delle politiche europee di esternalizzazione per il controllo delle frontiere delegato a Tunisia e Marocco, su migliaia di persone in fuga da povertà e guerre.
Gli effetti di queste politiche, quindi, non si vedono solo in Libia. A pagare un prezzo altissimo per gli accordi di esternalizzazione delle frontiere sono anche le fasce più vulnerabili della popolazione di Tunisia e Marocco, insieme a migliaia di persone in fuga da paesi come Siria, Eritrea, Sudan, Costa D’Avorio ed ora anche Grecia e Turchia.
In parallelo a tale scenario, proseguono gli aiuti dell’Italia alla Tunisia per il rafforzamento dei controlli terrestri e navali, nonostante le autorità tunisine rifiutino di soccorrere i migranti in mare. Si riporta, altresì, il recente investimento del Viminale di 7,2 milioni di euro per noleggiare un drone che pattugli le frontiere marittime “esterne” e “contrasti l’immigrazione clandestina”.
Nessun accenno alla ricerca e al soccorso dei naufraghi, ma solo un susseguirsi di negazioni. E, infatti, restano pretestuosamente bloccate dalle autorità nazionali tutte le flotte civili europee operanti nel monitoraggio e salvataggio in mare, confermando la volontà governativa di ostacolarne le attività.