Segnali di vita nei cortili
e nelle case all’imbrunire.
Le luci fanno ricordare
le meccaniche celesti
(F.Battiato)
Nel mio cortile ci sono alberi alti. Quando ci passo accanto mi ricordano quanto sia interessante rivolgersi alle loro sommità, oltrepassarle con lo sguardo e scrutare il cielo. Qualcuno diceva di essere stato fortunato in gioventù, a Milano, perchè aveva sempre un albero a disposizione per meditare. La città per molti versi fa ribrezzo, ma un albero può fare parecchio. Attraversando il mio cortile mi piace ricordarmi di questo.
Nel mio cortile è comparsa una svastica nera sul muro. Non mi risulta siano presenti ferventi nazi, ma si sa la svastica è buona per tutte le stagioni. Tenace, è dura a morire. Qualcuno si è prodigato per cancellarla, lo ha fatto coprendo con vernice di color grigio chiaro le sue linee incrociate, forse nel nome del decoro urbano. Così oggi nel mio cortile esiste ancora una svastica, non più nera, ma di color grigio chiaro. Mi ricorda un mio caro amico al liceo, non me ne vorrà. Da sempre profondamente cattolico, veniva bersagliato dai tiri mancini di chi scriveva bestemmie sul suo diario. E lui, prodigo, invece di eliminare la questione in modo definitivo ricalcava con lo sbianchetto la scritta, lettera per lettera. Forse le cose che danno fastidio è meglio non rimuoverle del tutto. Forse le cose che danno fastidio è bene ricalcarle senza cancellarle del tutto. Così è nel mio cortile.
Nel mio cortile sono arrivati gli scoiattoli. Non si tratta di quelli rossi, ma di quelli grigi, scoiattoli infestanti. Sono arrivati l’estate passata e con loro sono spuntati anche i bambini. Ed è così che nel mio cortile si è consumato uno psicodramma intorno a una chiave. La chiave che apre il cancello del campo giochi, una distesa di cemento irregolare incastrata fra i palazzi. Se il cancello rimane chiuso i bambini non sfogano più di là, è una questione di controllo dei flussi, come una diga che non fa il suo dovere. Nel mio cortile tutto ha una sua collocazione specifica, anche i bambini. Guai se loro sono fuori posto, succede un finimondo. I bambini sono selvaggi, si destreggiano nell’arte di tirare pietre ad altezza volto, vanno a letto tardi e non sanno cosa sia l’educazione. Contro queste piccole furie ribelli, nel mio cortile, ho visto brandire bastoni nelle mani di personaggi ignobili e sbraitanti che difendevano il loro diritto di fare quello che vogliono e fottersene degli altri, ma rigorosamente in silenzio. Il mio cortile va in crisi se non c’è qualcuno che gestisce la chiave dell’apertura del campo giochi.
Nel mio cortile è possibile udire il canto notturno di un signore che grida con voce stentorea da decenni sempre la stessa litania. Da che ne ho memoria, nel mio cortile, echeggia un unico imprescindibile verso che recita: a’bucchinara e’bucchin a’mammata. Mi auguro di poterlo ascoltare per sempre, anche se so che non sarà così, e per fortuna le mie modeste doti di imitatore mi consentono di riprodurre a me stesso questo mantra quando ne sento il bisogno. Il godimento è doppio, perché nel mio cortile c’è spesso chi risponde a questo cantore notturno, con argomentazioni di ineccepibile realismo sul tono della voce, sul fastidio recato, talvolta sull’immoralità del testo recitato. Vorrei dire a queste persone che nulla si può fare a riguardo, che hanno proprio sbagliato tiro. Nel mio cortile queste cose si ascoltano in religioso silenzio.
Nel mio cortile non si sosta mai. C’è anche chi sostiene che i regolamenti vietino proprio di fermarsi. Non è un vezzo, è una legge. Di tanto in tanto qualcuno sfida questa legge e si prende una pausa.
Sono sempre gli stessi, solitamente uomini, che stanno fermi nella penombra, come giovani alberi. Al buio si riconoscono per via della piccola incadescenza di una sigaretta accesa.
Poco tempo fa uno di loro ha deciso di fare una sosta tecnica e pisciare in un angolo proprio sotto una finestra. Nel mio cortile è più confortevole pisciare lungo i muri piuttosto che nelle aiuole o contro gli alberi.
Nel mio cortile c’è una madonnina. Davanti a lei vedo sfilare devozioni le più disparate. Tante volte le sono passato a fianco da solo o in compagnia, alcune volte sottobraccio a libertà stanche e striscianti che avevano il passo di persone che oggi non sono più qui. Non di rado e a cadenze regolari davanti alla madonnina transitano invece grandi e preziosi scatoloni trasportati dalle ruote di un portapacchi o da braccia affaticate. Nel mio cortile si sentono profumi e odori di cibi che hanno viaggiato per centinaia o migliaia di chilometri, colmando le distanze tra i tanti mondi di appartenenza delle persone che qui vivono.
Del mio cortile non sono capace di riconoscere tutti gli alberi e le piante. E non ho nemmeno voglia, per pigrizia o idiosincrasia, di usare le app di riconoscimento. Per quello che so ci sono alcune betulle, una palma ormai alta quasi quanto il terzo piano dei palazzi, due abeti di cui uno gigante, alcuni nespoli piantati da poco, delle ortensie assai folte, un oleandro e molte rose. C’è anche un pungitopo. Un giorno nei suoi pressi è comparsa una carta geografica del mondo che i bambini e le bambine del mio cortile hanno apprezzato. Mohammed detto Mimmo la portava in giro mostrandola agli altri, mentre Walid soccorreva una signora sincopata e Sarah insieme ad Ambra accudiva il piccolo Rami strafatto di tè freddo. Nel mio cortile è possibile farsi ispirare e aiutare dai bambini.
Nel mio cortile c’è anche una quercia giovanissima, piantata qualche anno fa senza pretese nè autorizzazione.
Eppure la quercia ha attecchito e in futuro bisognerà pensare che farne quando crescerà e ruberà spazio a ciò che le sta intorno.
Presumibilmente non farò in tempo a vederla, ma mi piace pensare che sopravviverà al mio cortile e nei suoi lunghi rami protesi verso il cielo custodirà importanti domande su ciò che le sta intorno. Una in particolare: di chi è questo cortile? A riguardo qualcosa si può dire con certezza già da ora. Senza che nessuno se ne sorprenda, questo cortile, il mio cortile, non è mio.