di Andrea Cegna
8 Luglio 2019
Messico: un bilancio del governo che ha vinto con l’idea di cambiare tutto
Cosa sarà del governo Lopez Obrador in Messico sarà il tempo a dirlo. Ad un anno dal suo trionfo elettorale, il 1 luglio 2018, quando 30 milioni di persone l’hanno scelto come presidente, un pezzo del suo lavoro é realtà, non speculazione.
Non é una rivoluzione come in tanti speravano. La quarta trasformazione arranca tra promesse di uscita dal neoliberismo, la violenza che non si placa, e le pressioni di Trump da nord. Ma Lopez Obrador resta uno dei presidenti più popolari della storia del paese, i suoi metodi di comunicazione e di “vicinanza” alla popolazione per ora pagano.
Il 1 luglio scorso, Lopez Obrador é tornato alla Zócalo di Città del Messico. La piazza era gremita come il giorno del suo arrivo al potere, ma la composizione della piazza é cambiata. Non c’erano grandi delegazioni indigene, ma c’era Carlos Slim. Un passaggio non da poco, e non solo a livello simbolico. I più poveri si allontanano e si avvicina uno degli uomini più ricchi del mondo. Una traiettoria netta che marca i primi mesi di AMLO(acronimo popolare di Andres Manuel Lopez Obrador) molto più delle parole, delle promesse e dei risultati.
Nel suo discorso dal palco il presidente ha ammesso senza mezzi termini che la violenza non é stata sconfitta, ma subito dopo ha promesso che entro dicembre (ovvero la conclusione del primo anno di governo) sarà la corruzione ad essere battuta.
Il passaggio mostra l’abilità comunicativa di Amlo e allo stesso tempo come alcuni dei punti cardine del suo mandato siano in grossa difficoltà.
Dal 1 dicembre 2018 sono già otto i giornalisti uccisi e il presidente non é stato in grado di dire nulla. Oltre a loro sono tanti e tante le attiviste sociali, soprattutto indigeni e campesini, a morire per mani misteriose o essere arrestati per le loro lotte, esattamente come succedeva prima di Amlo.
L’unico passaggio fatto per affrontare la violenza é stato stressare la costituzione e formare un nuovo gruppo armato, la Guardia Nazionale: corpo governato dall’esercito e sotto il diretto controllo dello stesso presidente.
Questo corpo armato dovrebbe sostituire la Polizia Federale per azioni contro i gruppi criminali, considerata troppo corrotta dallo stesso Amlo. Ma a chiedere di entrare in questo nuovo corpo sono stati per lo più ex membri della stessa federale. Se non bastasse, i primi compiti attributi alla Guardia Nazionale sono stati di controllo delle frontiere a sud. Ovvero al confine con il Guatemala.
Di fatto Lopez Obrador davanti alle pressioni di Trump e alla minaccia di vedere il ritorno di dazi del 5% sull’esportazione dei prodotti Made in Mexico verso gli USA, ha deciso di reprimere fortemente i flussi migratori provenienti dal Centro America, e di accettare di trasformare il Messico in un grosso imbuto che permetta agli USA di controllare i flussi d’ingresso, di persone e beni.
In tutto questo il Messico prosegue nei suoi progetti di estrazione di materie prime e di grandi opere invasive. L’unica grande opera ad essere stoppata é stata la costruzione dell’aeroporto internazionale di Città del Messico. Sembra sempre più sicuro che non si farà nei territori resistenti di San Salvador Atenco, ma su un possedimento militare. Mentre la commissione governativa per la scomparsa dei 43 studenti di Ayotzinapa si é fermata subito dopo la sua istituzione ad inizio del mandato di Lopez Obrador.
Per ora il Messico prosegue seguendo la linea degli ultimi anni. Se al governo, ora, c’è una persona che gode dei favori dei sondaggi e di una storia che lo rende lontano da una storia di governi corrotti e collusi con le ambiguità delle compromissioni tra stato ed economie legali e illegali, però non si vedono ancora scarti significativi nella linea del potere, come avevano predetto le donne e gli uomini dell’EZLN, e delle comunità autonome zapatiste.