Conformarsi o svanire

di

15 Luglio 2020

Nell’Egitto post-2011 si continua a morire di autoritarismo e a pagare un prezzo particolarmente alto è stata la comunità LGBTQI+

Chiudiamo gli occhi per un istante e proviamo a immaginare cosa significhi avere 20-30 anni nell’Egitto che rovescia l’autocrate Mubarak  e sprofonda nella brutalità del regime di Al-Sisi.

Diventare adulti aggrappati a sogni di libertà e giustizia – per se stessi e per gli altri – , che per qualche fugace momento si sono creduti a portata di mano. Sentirsi schiacciati da una feroce, soffocante, pervasiva oppressione.

 

Nell’Egitto post-2011 si continua a morire di autoritarismo e a pagare un prezzo particolarmente alto è stata la comunità LGBTQI+, rea di sfidare la norma imposta da uno Stato dispotico e sorvegliante, da una società martoriata da lotte di potere e gabbie patriarcali fondate sul controllo e la sopraffazione.

 

L’ultima vittima di questo lungo, doloroso, elenco è Sarah Hegazy, 30 anni, suicidatasi nel suo esilio in Canada il 14 giugno.

Militante LGBTQI+ e comunista, Sarah viene arrestata nel settembre 2017 con una sessantina di altre persone per avere osato librare al cielo la bandiera arcobaleno durante un concerto dei Mashrou’ Leyla, band libanese nota per le sue canzoni e il suo attivismo a sostegno della comunità LGBTQI+.

I Mashrou’ Leyla e il loro frontman Hamed Sinno sono particolarmente invisi a tanti poteri del Medio Oriente e del Nord Africa, tanto da vedersi cancellare il loro concerto al Festival Internazionale di Byblos nell’agosto 2019, a seguito delle accuse di blasfemia mosse dalla Chiesa maronita libanese.

La foto di una gioiosa Sarah Hegazi che vola sopra la folla di fan con la bandiera arcobaleno ha fatto il giro del mondo dopo il suo suicidio. L’ultimo euforico sogno di libertà prima del carcere e delle torture, come lei stessa ha raccontato un anno dopo l’arresto per il magazine on line egiziano Mada Masr (la versione in inglese è ora disponibile qui).

Dopo mesi di sofferenze, Sarah riesce a ottenere l’asilo politico in Canada. Ma non è facile riconciliarsi con le ferite profonde che la repressione autocratica lascia nell’anima. Non è sufficiente la distanza geografica, anzi, l’allontanamento dal proprio mondo di sogni e lotte è esso stesso un trauma, così profondo da non riuscire nemmeno a descriverlo con le parole.

“Il cielo è più bello della terra e io voglio il cielo, non la terra”, scrive Sarah sul proprio profilo Instagram, accompagnando un’altra foto che la ritrae apparantemente lieta, poco prima di togliersi la vita.

La sua vicenda è stata da molti superficialmente attribuita a una visione oppressiva dell’Islam, tuttavia si tratta di una lettura parziale e inaccurata. La storia di Sarah racconta piuttosto di una esistenza stroncata dalle tante forze che, come in altri luoghi nel mondo, impongono il loro arbitrio sulla moralità dei singoli e delle comunità, il loro potere di determinare ciò che è bene e ciò che è male.

Lo hanno raccontato molto bene sia Hamed Sinno, che ha messo in musica le ultime parole di Sarah (as-sama’ aHla min al-ardh, “Il cielo è più bello della terra”) in una commovente interpretazione, sia il ricercatore palestinese Tareq Baconi, il quale sempre su Mada Masr ha raccontato con straziante delicatezza il travaglio emotivo del suo percorso di queer in Medio Oriente.

 

Una vita fatta di maschere, segnata da un costante e pervasivo senso di inadeguatezza, come descrive citando L’infelicità araba dell’intellettuale libanese Samir Kassir.

 

Il fardello di dover scegliere solo uno tra i tanti colori che compongono la propria identità e la propria storia personale. “Conformati o svanisci” riflette Baconi: o si rinnega una parte di sé, piegandosi al controllo soverchiante, oppure si fugge altrove, lasciandosi indietro, distante, il mondo da cui si proviene. Quando si vive in bilico tra mondi diversi, privati della libertà, si è immancabilmente incompleti, amputati.

A Sarah Hegazy si rivolge nuovamente l’augurio di volare in alto e libera nel cielo, cercando di rendere questa terra un poco più somigliante a quelli che sono stati i suoi sogni.

 

Clicca qui per leggere l’articolo di Tareq Baconi su Mada Masr