Portogallo, aria di crisi

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21 Ottobre 2020

Economia in affanno e pandemia potrebbero aprire la strada alla destra

Con un autunno così, in cui nemmeno la riapertura delle scuole è del tutto garantita, l’unica certezza ormai è il dibattito parlamentare sulla nuova legge di bilancio.

Il governo portoghese l’ha presentata la settimana scorsa ed è già polemica. Naturalmente c’è tempo per discuterne, il parlamento potrà approvare una prima bozza il 28 ottobre, novembre sarà poi il mese degli emendamenti.

Ma tutto entro i limiti del buon senso, ha dichiarato il primo ministro António Costa facendo forza sulla sua debolezza: una crisi politica ora potrebbe avere effetti catastrofici.

Dalle elezioni dell’anno scorso i socialisti sono transitati nella nuova legislatura ancora una volta con un governo di minoranza, ma stavolta senza l’accordo programmatico con le sinistre, che hanno preferito valutare volta per volta se sostenere o no le proposte legislative.

Già il bilancio dell’anno in corso era passato grazie alla semplice astensione a sinistra, e neanche le reazioni a questa nuova proposta sono state delle migliori.

Non hanno reagito bene i partiti e le confederazioni sindacali in genere, perché ci vedono misure troppo timide nella difesa del reddito in tempo di crisi (aumenti delle pensioni nell’ordine del risibile e poche prospettive di aggiornamento salariale nella pubblica amministrazione) a fronte di quello che è visto come l’ennesimo eccesso di benevolenza nei confronti di un settore bancario che, dalla mai troppo lontana crisi del 2008, non si è ripreso del tutto (continuano, per esempio, le iniezioni di denaro pubblico nella banca che fu il Banco Espírito Santo, prima fallito, poi nazionalizzato come Novo Banco, infine rivenduto al fondo americano Lone Star con un contratto capestro in buona parte ancora oscuro).

Non ha reagito bene neanche la destra e la Confindustria locale, che ci vede pochi stimoli alle imprese, anche se è credibile che per loro ci saranno i soldi del Fondo europeo per la ripresa, che in Portogallo dovrebbe portare circa 15 miliardi nei prossimi tre anni.

Quello che si può dire di questo bilancio è che è anticiclico: non risponde alla crisi con l’austerità, bensì prova a combatterla con altre armi, malgrado tutti i limiti di un paese ancora fortemente indebitato e che l’attuale pandemia ha ricacciato nel buco di una crisi da cui non solo non era mai uscito totalmente, ma in buona parte ne era uscito facendo leva sul turismo, settore al momento in caduta libera.

Le misure di questo bilancio 2021 tentano di arginare gli effetti devastanti della crisi aumentando sia il salario minimo che l’indennità di disoccupazione, facilitando la cassa integrazione e dando una maggiore liquidità ai contribuenti non attraverso una vera riforma delle aliquote fiscali (rimandata a breve), ma riducendo la ritenuta d’acconto.

Questo e altro il premier Costa e il suo nuovo ministro delle Finanze João Leão (il più noto Mário Centeno, conclusa l’esperienza da presidente dell’Eurogruppo, ha abbandonato anche il governo ed è andato a dirigere il Banco de Portugal) lo fanno cercando la quadratura del cerchio, ossia ricominciare a ripianare il deficit sulla base di una strabiliante ripresa economica (+5,8%) prevista già dal prossimo aprile. Forse sono conti senza l’oste (o senza l’immunologo), ma dimostrano almeno che al rigore dell’inverno non si risponderà con il rigorismo immediato dei conti.

D’altronde, che il rigore non è più quello di una volta lo dimostrano le linee guida emanate recentemente dallo stesso Fmi. A raccomandare investimenti pubblici, che all’1% del Pil possono moltiplicare fin oltre il 10% quelli privati, è il Fiscal Monitor 2020, pubblicato dall’ufficio Affari fiscali diretto proprio da quel Vítor Gaspar che fu il primo ministro delle Finanze del governo portoghese di destra (e della troika) negli anni peggiori della crisi, e che si ritirò dalla politica proprio perché non reggeva la tensione sociale provocata dalla sua austerità.

Sullo sfondo di questo delicato passaggio della vita politica portoghese resta uno scenario non facile, ma nemmeno unico nel suo genere: i contagi da Sars-Cov-2 che tornano a crescere e una società sempre più esposta al contagio dell’estrema destra.

L’onorevole André Ventura, eletto un anno fa, al momento è l’unico rappresentante parlamentare del suo partito sovranista Chega (Basta).

Però si è candidato alla presidenza della Repubblica e i sondaggi (si vota fra circa tre mesi) già gli attribuiscono un aumento delle simpatie dell’elettorato, sebbene si tratti di una crescita forse esagerata dall’asse involontario dei benevolenti e dei malevolenti, che insieme finiscono diabolicamente per ingigantire l’esposizione mediatica di un Salvini minore (a settembre era in Toscana a fare campagna per Susanna Ceccardi, la candidata leghista alle regionali).

Colpiscono di più, invece, la precoce apertura al dialogo a destra del maggiore partito di opposizione, il socialdemocratico, e le manifestazioni d’affetto da parte di settori più o meno sorprendenti, come certi sindacati di polizia o la presidente dell’Ordine degli Infermieri, sempre pronta a osteggiare i governi con rivendicazioni corporative forse più adatte a un sindacato che a un ordine professionale, e adesso pronta a mettere sul piatto dell’on. Ventura il discreto capitale di stima che il personale paramedico ha visto aumentare in questi mesi.

Tutto ciò in pieno semestre bianco, ossia con un Presidente della Repubblica che, in caso di crisi politica, non può sciogliere il parlamento e indire nuove elezioni. In caso di crisi, si andrebbe verso un lockdown parlamentare, una convivenza forzata fra partiti già pronti a raccogliere per strada il malcontento che altre maggioranze potrebbero gestire con l’aiuto dei nuovi fondi europei.