Riportando tuttə a casa – Il Recovery Fund alla prova degli appetiti mafiosi

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26 Febbraio 2021

I soldi del Recovery Fund fanno gola a tanti. Conoscere profilo e meccanismi delle mafie moderne permette di capire come […]

Lo shock del coronavirus è andato ad impattare su un sistema economico nazionale già in difficoltà; un sistema che nel 2019 aveva segnato un marcato rallentamento, con un PIL cresciuto di soli 0,2 punti percentuali rispetto all’anno precedente e ben distante dal picco raggiunto nel 2008”.

A scriverlo è la Direzione Investigativa Antimafia, nell’ultima relazione semestrale in cui analizza la situazione causata dal Covid-19 in relazione all’espansione delle mafie. E uno dei primi passaggi nel rapporto dell’organismo investigativo riguarda proprio la situazione economica italiana. Perché?

Perché l’andamento economico va a impattare su una economia reale, fatta di persone, aziende, società, imprese, lavoratrici e lavoratori, creando, nella situazione attuale, nuove sacche di povertà e di disagio sociale, aumentando il rischio di usura e dell’aumento di una liquidità mafiosa utilizzata per sanare i nuovi spazi di vulnerabilità creati dalla crisi in corso – o forse meglio dire dalle crisi – causata dalla pandemia di Covid-19.

È in questo contesto che si annida il rischio forse più grande in relazione all’espansione delle mafie: la possibilità per le associazioni mafiose di diventare promotrici di un welfare sociale sostitutivo, un vero e proprio welfare criminale. 

Ma questo non è l’unico scenario: ce n’è un altro, che riguarda le economie nazionali: “Un secondo scenario – scrive sempre la DIA -, questa volta di medio-lungo periodo, in cui le mafie – specie la ‘ndrangheta – vorranno ancor più stressare il loro ruolo di player, affidabili ed efficaci anche su scala globale. L’economia internazionale avrà bisogno di liquidità ed in questo le cosche andranno a confrontarsi con i mercati, bisognosi di consistenti iniezioni finanziarie”. 

Da dove viene la liquidità delle mafie? Dalle attività illecite, in primo luogo: traffici internazionali di droga, sfruttamento della prostituzione e del lavoro, contraffazione, frodi, gioco d’azzardo usura, corruzione, per citarne alcuni. E poi dalle attività illecite svolte in settori legali: l’infiltrazione negli appalti, a partire da quelli nel sistema sanitario, investimenti in settori in crescita o che godono di numerosi finanziamenti, come il settore agricolo.

Attività, queste ultime, che rappresentano bene la tipologia di mafie che abbiamo davanti: organizzazioni mafiose moderne, che agiscono spesso sotto traccia e in modo silente, rivolgendo le proprie attenzioni verso ambiti affaristico-imprenditoriali. Mafie capaci di rafforzare le proprie associazioni, sul territorio attraverso la ricerca del consenso, ma anche di stare al passo con le strategie di investimento più avanzate, “riuscendo a cogliere – scrive ancora la Direzione Investigativa Antimafia – anche le opportunità offerte dai fondi dell’Unione Europea”. 

Il riferimento è al Recovery Fund, il piano dell’Unione europea per il rilancio delle economie degli stati membri dopo la crisi economica causata dal Covid-19: miliardi di euro che arriveranno anche – e soprattutto – in Italia, a cui sono destinati 209 miliardi di euro, circa il 28% dei 750 miliardi complessivi previsti dal Consiglio europeo.

Sono soldi che fanno gola a alle associazioni mafiose e criminali e gli allarmi sono già arrivati, anche dalla stessa Unione europea: “I fondi per la ricostruzione sono già presi di mira dalle organizzazioni criminali e lo saranno ancora più”, ha affermato a settembre 2020 Catherine De Bolle, direttrice esecutiva di Europol.

“Sui finanziamenti per il recupero – ha detto – dovremo essere attenti e monitorare per evitare il rischio di infiltrazione delle mafie: è importante che al massimo livello dell’Unione Europea ci sia consapevolezza dei rischi per la somministrazione di sussidi legati alla crisi durante pandemia”. 

 

 

Ma quelle stesse mafie in altri casi hanno saputo approfittare dei fondi stanziati dall’Ue, a partire, ad esempio, da quelli per l’agricoltura, senza che l’Unione europea mettesse in campo strumenti adeguati per contrastare il fenomeno: “Questo è un momento in cui c’è livello di attenzione a come verranno spesi i primi soldi, a quali saranno i grandi appalti che probabilmente è molto più elevato a quanto non sia mai stato in passato: i fondi europei non sono finiti solo alle mafie, ma anche a un sacco di truffatori di vario tipo e l’Europa non è mai stata in grado di effettuare dei controlli efficaci, a causa di una sostanziale impreparazione culturale al fenomeno”.

A dirlo è il giornalista di IrpiMedia Giulio Rubino, in un’iniziativa di Libera Bologna sull’assalto delle mafie ai fondi europei. “Penso che in questo caso – ha continuato Rubino – alla prima grossa assegnazione di denaro ci sarà una grande attenzione: non vuol dire che le mafie non ci saranno, ma significa che la nostra attenzione e il nostro impegno a tenere gli occhi aperti su questa situazione dovrà estendersi ben al di là della prima erogazione di fondi, prestando attenzione in particolare a quelle aree non definite, dalla transizione al verde alla digitalizzazione, in cui è più facile entrino il greenwashing, la truffa e, a un livello successivo, interessi e capitali mafiosi”. 

Anche perché negli ultimi anni sono diversi i processi che hanno dimostrato le capacità delle mafie di adattarsi: mafie moderne, che hanno utilizzato lo strumento del mimetismo per penetrare il tessuto economico e imprenditoriale.

Così nelle aule di Tribunale, dove sempre più spesso anche al Nord si celebrano processi di mafia, vediamo una moltiplicazione di reati di natura economica, con mafie – e in particolare la ‘ndrangheta – che si reinventano, portando avanti investimenti, aprendo e chiudendo società di comodo, facendo affari anche con imprenditori di livello nazionale, facendo soldi attraverso le truffe ai finanziamenti europei accompagnate da sfruttamento lavorativo e minacce.

 

 

E il rischio è concreto anche per il Recovery Fund, come ha spiegato Michele Riccardi di Transcrime, sempre nell’incontro di Libera Bologna: “Questi fondi rappresentano un’opportunità per le mafie, ma non solo per le mafie: avremo una pletora di soggetti non necessariamente collegati alle mafie che cercheranno di accaparrarsi questi fondi in maniera illecita. Questo è un aspetto fondamentale, perché l’aggressione al Recovery Fund, mostra ed espliciterà ancora di più quello che le mafie sono diventate già da diversi anni: una commistione ormai lampante tra gruppi di criminalità organizzata “tradizionali” e soggetti imprenditoriali ormai abituati e molto esperti nel condurre frodi, manipolazioni contabili, frodi fiscali e fatturazioni false. Sicuramente il cercare di accaparrarsi questi fondi pubblici in maniera fraudolenta comporterà l’utilizzo massiccio di frodi in bilancio, falsificazioni contabili, schemi di fatturazioni false, schemi societari complessi e opachi e l’appoggio su soggetti intermediari, imprenditori cosiddetti tipici dell’area grigia”. 

La piena tracciabilità dei flussi finanziari legati ad appalti e opere pubbliche potrebbe essere un primo modo per bloccare l’accesso della criminalità organizzata ai fondi pubblici.

Significa avere sistemi trasparenti, ma anche banche dati che permettano una analisi massiva di possibili infiltrazioni di società mafiose o criminali, anche protette da prestanomi: banche dati coordinate tra autorità pubbliche – locali, nazionali ed europei – banche, istituti finanziari.

Perché questo sia efficace è necessario che le tecniche predittive siano condivise tra gli Stati europei: servirebbe un maggiore coordinamento e un aggiornamento del piano normativo europeo necessario per contrastare un fenomeno che non è ovviamente solo relegato all’Italia. E servirebbe subito, perché se per supportare lo sviluppo economico post-crisi si mettono in campo quasi sempre gestioni iper-velocizzate, bisogna pensare anche a un aggiornamento degli strumenti di contrasto che non arrivi quando le associazioni criminali e/o mafiose si sono già accaparrate i fondi. 

La sfida, insomma, è quella di un’attenzione lungimirante e profonda – nel tempo e nello spazio – per fare in modo che, in una situazione come quella attuale, i fondi del Recovery Fund non finiscano nelle mani delle mafie.

Quegli stessi soldi, infatti, possono essere, se utilizzati bene, lo strumento di contrasto al rafforzamento di un welfare criminale che permette alle mafie di espandere il proprio potere anche in un momento come quello attuale, facendo leva sulle fragilità socio-economiche che si sono ampliate in questi mesi di pandemia. Se invece l’Unione europea e gli Stati membri non saranno in grado di mettere in campo strumenti per evitare le infiltrazioni mafiose, quei soldi non saranno altro che un ulteriore mezzo di rafforzamento e radicamento per le associazione mafiose. Ma questo potremo capirlo meglio solo più avanti.