Antifascisti senza patria

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26 Gennaio 2019

Con un taglio narrativo, ma basato sulla ricerca storica, il libro ricostruisce la complessità della vicenda del confino a Ventotene tra il 25 luglio e l’8 settembre 1943.

L’aria è appiccicosa e gli ospiti di un camerone squallido aspettano con timore quello che il futuro ha in serbo per loro. Il giorno prima è colata a picco la nave Santa Lucia che faceva la spola tra la terraferma e l’isola di Ventotene, sulla quale si trovano, confinati, coloro che il regime fascista voleva tenere lontani, per evitare che infettassero la nazione. Così si apre Antifascisti senza patria, di Paolo Pasi, il 25 luglio 1943, per condurre per mano il lettore a conoscere, con un taglio narrativo, i confinati.
Sull’isola c’era lo stato maggiore dei partiti comunista, da Secchia a Scoccimarro a Longo, diversi socialisti – tra cui Pertini – e giellisti. C’erano inoltre figure di spicco del movimento anarchico .

C’erano molti ex volontari che si erano battuti in Spagna contro Franco, nella speranza di poter un giorno fare lo stesso in Italia contro Mussolini.

I sopravvissuti erano riparati nella Francia repubblicana, dove erano stati stipati in campi dalle condizioni proibitive per essere poi rimpatriati a forza in Italia, dopo l’occupazione tedesca. Era seguita la condanna al confino per la partecipazione alla guerra di Spagna. Al confino si trovavano anche alcuni stranieri arrivati in Italia per diverse vie, come i catalani in fuga verso il Sud America intercettati da una nave italiana.
Le parabole personali si intrecciano con le grandi fratture e i contrasti della storia, attraverso alcune individualità prorompenti. Tra queste Emilia Buonacosa, sovversiva di lunga data che nella fabbrica aveva conosciuto la politica, ma aveva perso i suoi capelli, da giovanissima, in un incidente. Portava una parrucca e reclamava a gran voce il suo diritto alla bellezza, richiedendo la sua valigia con gli oggetti confiscati. Come molte altre attiviste, aveva avuto una vita avventurosa, sparpagliata tra diversi paesi, condividendo passione politica e amorosa con diversi compagni. A Ventotene divideva il camerone femminile con altre compagne di sventura, politiche, come Camilla Ravera, o condotte al confino dai pregiudizi, come una donna di Napoli, colpevole di “essere andata a letto con un negro”, come i documenti riportavano.

La grande storia irrompe sull’isola, con l’arresto di Mussolini, i conflitti silenziati tra anarchici e comunisti per il riemergere delle ferite della guerra di Spagna, e finalmente il momento della prima divisione.

I primi ad essere liberati furono giellisti e socialisti, poi comunisti, in ordine di pericolosità. Il libro segue il viaggio che portò alcuni degli ex prigionieri di Ventotene, in massima parte anarchici, ad essere trasferiti ad Arezzo, in un campo già tristemente famoso per il trattamento riservato agli internati slavi. L’Italia di Badoglio li considerava ancora nemici.

Il libro di Pasi, basato su un analitico lavoro di ricostruzione storica e un appassionato slancio narrativo, restituisce una dimensione umana alle pedine di una storia politica, e porta in luce capitoli rimasti nell’oblio della lotta al fascismo. Come la frattura tra anarchici e comunisti apertasi a Barcellona nel maggio del 1937, della quale la memoria dei primi è stata marginalizzata ed estromessa dal discorso pubblico. O la memoria dell’internamento e del confino nel discorso pubblico italiano, che ha permesso di ripulire la coscienza dell’Italia fascista, addossando le responsabilità per i crimini commessi durante la seconda guerra mondiale quasi esclusivamente alla Germania nazista. Il libro di Pasi aiuta a rendere palpabile la complessità di quella vicenda storica.