La controfigura

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26 Febbraio 2019

Il libro di Luigi Lollini, la storia di Eduardo Ròzsa Flores, tra guerra in Croazia e secessione in Bolivia

Mai come per il libro La controfigura, di Luigi Lollini, la definizione ‘oggetti narrativi non identificati’, che sottotitola la collana Quinto Tipo – diretta da WuMing 1 – di Alegre editore, è perfetto.

Lollini parte da un ricordo, che è stato un incontro, che diventa una ricerca. Alla fine degli anni Ottanta, a Bologna, durante una rassegna internazionale per celebrare lo storico ateneo felsineo, lo studente Lollini incontra Eduardo Ròzsa Flores, studente come lui, ungherese.

Le loro vite, che si incrociano di nuovo come amici in vacanza a Budapest prima e poi di passaggio a Venezia, sono il più classico esempio di sliding doors. L’uno diventa un insegnante precario in Italia, l’altro va a morire in un sordido albergo in Bolivia. Assassinato

Le vite, le storie, in fondo, sono tutte assieme, poco prima di un bivio. Lollini ricostruisce una vita che poteva essere la sua. Che a tratti, anzi, sembra quasi desiderasse essere la sua.

Un’inchiesta narrativa che, come fine, per una volta, non ha trovare qualcuno, ma qualcosa.

Perché Eduardo è imprendibile. Prima di arrivare in Bolivia, combatte come volontario nella Brigata Internazionale in Croazia, durante la guerra nella ex-Jugoslavia, poi è in Kosovo, in Sudan, in Iraq.

Probabilmente un operativo dei servizi segreti ungheresi, poi uno smarrito della caduta del muro, ma forse un’idealista, a modo suo. Oppure un camaleonte, capace di essere comunista e militante dell’Opus Dei, vicino ai padroni secessionisti della provincia di Santa Cruz (dove era nato, da padre ungherese in fuga e da madre ebrea boliviana).

Lollini parte alla ricerca degli amici comuni, della famiglia di Eduardo, degli esperti delle aree di crisi che Ròzsa ha attraversato nella sua vita, fino a parlare con chi lo ha incontrato.
Un quadro incerto, una vita dove molti estremi di incontrano, una serie di identità in una sola.

E Lollini ha la capacità, invece di scivolare nell’opera incerta di un investigatore dilettante, di puntare molto in alto: cerca sé stesso e la sua generazione nelle scelte estremo di Eduardo.

Cerca una generazione intera, travolta dalla storia e dal riflusso nel personale, nella vita opaca di chi ha affrontato la storia in prima persona, anche se era una sola moltitudine.

Un libro denso, anche troppo, di pensieri e di parole, di immagini e di voci. Quasi mai la matassa si dipana, nel senso giornalistico del termine, ma si coglie fin da subito che lo scopo di Lollini non era quello.

I contesti si confondono, gli scenari sono nebbiosi, le scelte di Eduardo – a tratti – risultano incomprensibili nel loro essere estreme e contrapposte. Ma il senso di questo libro è la domanda di una generazione intera che, tra la caduta del Muro di Berlino e il G8 di Genova, si è persa.

In un malinconico tramonto che, in fondo, non è molto meno patetico della fine del guerrigliero Eduardo, che alla fine, forse, come Lollini e tanti di quella generazione, lottava solo per sentirsi vivo.