Ne La luce dentro da un lato c’è l’innocenza, dall’altro c’è la colpa. L’innocenza è quella dei figli, la colpa quella dei genitori, che provano ad espiarla in carcere. E l’innocenza e la colpa si abbracciano, e si respingono, e si abbracciano ancora, senza potersi mai districare definitivamente l’una dall’altra.
Non possono perché unite da un legame di sangue, come se la vera condanna fosse quella di dover amare per forza qualcuno: gli uni i propri padri, gli altri i propri figli.
Si regge su questo binomio il nuovo documentario di Luciano Toriello, regista e documentarista pugliese che firma con La luce dentro la sua settima fatica. Prodotto da Apulia Film Commission e Fondazione CON IL SUD, il documentario segue le vite di alcuni detenuti del carcere di Lucera, che si impegnano ogni giorno per far valere il loro diritto alla genitorialità.
Lo sforzo evidente è quello di mantenere in qualche modo un rapporto con i propri figli, i quali intanto si ritrovano a dover, e a poter, crescere senza di loro.
Toriello si fa carico obiettivamente di un tema fra i più spinosi e lo fa prendendolo di petto, puntando al cuore delle questioni, e a quello dei protagonisti. Il regista assume completamente su di sé il rischio di risultare invadente, a tratti spietato, e invece alla fine riesce ad essere semplicemente sincero.
Si stima che siano circa 100mila in Italia i minori con un genitore in carcere, e questo dato è uno dei pochi che è possibile reperire sull’argomento.
È un tema ostracizzato anch’esso dal dibattito pubblico, come lo sono le persone che riguarda, ostracizzate dalla società. Scarseggiano i numeri ufficiali, scarseggiano gli studi, le indagini, le politiche.
Scarseggia chi vuole esporsi e parlarne. E forse è per questo che l’autore più che rappresentare l’ampiezza di un fenomeno, sceglie di scandagliarne la profondità attraverso le storie dei singoli.
Il senso del lavoro di Toriello sta proprio qui, nel fatto che sia riuscito a parlarne e l’abbia fatto con una particolare sensibilità. Ha iniziato lui nella speranza, e nell’attesa, che se ne parli un po’.
Una di queste storie è quella di Christian, con una moglie e una figlia di tre anni a casa che lo aspettano. Mentre Christian parla della sua infanzia travagliata, racconta che a un certo punto è stato affidato a una famiglia e di lì è iniziato il suo cambiamento.
“Io oggi so riconoscere il bene e il male” spiega, “prima no”, e nelle sue parole c’è tutto il rammarico di vedere sua figlia crescere anche lei senza una famiglia normale. Poi c’è la storia di Mario, che ha una moglie anch’essa con problemi di giustizia, e due figli preadolescenti. Il più grande piange spesso, per cose futili, e suo padre alle ennesime lacrime gli chiede “chi ti ha insegnato a piangere?”. E anche qui ad arrivare allo spettatore è tutto il senso di colpa per quello che Mario si è perso.
Infine la scena forse più forte dell’opera. Una mamma e sua figlia arrivano da lontano per far visita al papà detenuto a Lucera, dopo due ore di viaggio, e finito il colloquio fanno il giro dell’istituto per posizionarsi sotto la finestra della cella di lui, finestra che dà sull’esterno.
Lì la bambina si mette a chiamare fortissimo per un ultimo saluto. Una luce si accende e da dietro le sbarre si vede la sagoma di un uomo che ricambia il ciao. La bambina non saluta suo padre, ma l’ombra di suo padre. Che è poi quello che purtroppo i genitori detenuti finiscono per essere nella vita dei propri figli: delle ombre.
E invece quei bambini, come tutti gli altri, hanno bisogno che i propri genitori siano dei fari illuminanti. Che portino la luce dentro, ma anche la luce fuori.
Certo non è facile, le tematiche che la questione interseca sono tante, spinose e spesso portatrici d’interessi in contrasto fra loro. Ma se c’è una cosa che questo documentario ci dice in maniera netta è che, quantomeno, varrebbe la pena provarci.
L’innocenza andrebbe protetta dalla colpa, non lasciata contagiare da essa. Questo in definitiva il nostro compito. Questa la missione.
Il documentario sarà presentato in anteprima alla Camera dei Deputati il 20 febbraio prossimo