La Polonia in rivolta contro le leggi sull’aborto

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6 Novembre 2020

Un podcast del progetto Europa Reloaded

Il 22 ottobre 2020 la Corte costituzionale della Polonia ha giudicato incostituzionale l’aborto in caso di malformazione del feto. La sentenza ha scatenato manifestazioni di protesta in tutte le città del Paese. Nell’episodio 5 di Europa Reloaded intervengono Pia (attivista), Claudia Torrisi (giornalista freelance ed esperta di questioni di genere) e Giulia Olga Fasoli (dottoranda Università di Breslavia).

ll 22 ottobre 2020 la Corte costituzionale della Polonia ha giudicato incostituzionale l’aborto in caso di malformazione del feto. La sentenza ha scatenato manifestazioni di protesta in tutte le città del Paese. A guidare la “rivolta” i movimenti femministi. In ballo c’è il futuro della Polonia, ma anche i diritti di donne e cittadini.

Nell’episodio 5 del podcast Europa Reloaded intervengono Pia (un’attivista polacca), Claudia Torrisi (freelance ed esperta di questioni di genere) e Giulia Olga Fasoli, dottoranda presso l’Università di Breslavia.

«Ho deciso di scendere in piazza perché quando qualcuno entra in casa tua e mette a ferro e fuoco tutto, devi difenderti. È una rivoluzione quello che sta accadendo in Polonia in questo momento. Non ho scelta. Devo difendere il Paese in cui voglio vivere e le persone con le quali voglio vivere», spiega l’attivista Pia, prima di aggiungere: «Personalmente, non ho altra scelta se non cercare di fermare questo governo che sta aggredendo brutalmente le donne, che sta inviando gruppi violenti in strada per combattere contro persone che stanno lottando per i loro diritti fondamentali. Diritti fondamentali che equivalgono a vivere in maniera dignitosa e in libertà».

Claudia Torrisi spiega come, già prima della sentenza del Tribunale costituzionale, la legislazione polacca fosse «una delle più restrittive in Europa», insieme a quella di Malta. Secondo Torrisi, la mossa del Tribunale – e, più in generale, le azioni e i discorsi del partito al governo, PIS (Diritto e Giustizia) – si inseriscono in un quadro più generale di movimenti conservatori in Europa.

Giulia Olga Fasoli – dottoranda presso l’Univeristà di Breslavia – racconta che in termini di dimensione e portata, le proteste in corso sono di gran lunga le più importanti dal crollo dell’Unione sovietica. A giocare un ruolo fondamentale, le nuove generazioni, ma anche i giovani polacchi emigrati precedentemente e ora tornati in patria, anche a causa del COVID-19: «Le manifestazioni raggiungono anche i villaggi più remoti della Polonia».

Secondo Pia, «la protesta non si fermerà. Il governo di destra estrema vuole instaurare lo stato di emergenza nel Paese. E così hanno scatenato proteste nel momento del COVID-19. Ieri i contagi sono stati 20mila. Quindi stanno cercando di creare un vero e proprio casino per nascondere il fatto che non sono in grado di gestire la situazione. Ma non riusciranno a fermare le persone».

Fasoli conferma che l’energia che si respira in strada è elettrica. E Non se ne andrà rapidamente. «Non ho mai visto tanta determinazione in Italia. Non si fermeranno», spiega. E aggiunge: «Il problema vero in Polonia è l’influenza della Chiesa sulla politica».

Fino a quando continueranno le proteste?

«Fino a quando la situazione precedente non sarà restaurata. E, tra l’altro, non sarà neanche abbastanza. Quello che vogliamo è una liberalizzazione del diritto all’aborto. Vogliamo che le persone siano trattate con dignità. Vogliamo l’educazione sessuale a scuola, uno stato laico in cui la Chiesa non abbia particolari prerogative. E vogliamo un sistema giudiziario indipendente. Vogliamo che vengano rispettati i diritti delle donne, delle persone diversamente abili, l’istituzione di un Garante dei diritti effettivo. Perché oggi nessuno rappresenta i diritti dei cittadini».

Il 30 ottobre si sono svolte nuove proteste e scioperi in tutta la Polonia.

Europa Reloaded è una serie podcast prodotta da Bulle Media in collaborazione con fanpage.it e Cafébabel.com, grazie al supporto della European Cultural Foundation (ECF). Nel secondo episodio, Tamás Kugyela (corrispondente di Index a Bruxelles dal 2014 al 2019), Hélène Bienvenu (corrispondente freelance Europa centrale e orienale per Le FigaroLa CroixThe New York Times), Szabolcs Vörös (fondatore del magazine online indipendente, Valasz) e Zsolt György Balogh (professore Università Corvinus di Budapest), discutono le ragioni del tramonto della libertà di stampa e del pluralismo dei media in Ungheria.