26 Gennaio 2020
Un’inchiesta indipendente sulla morte di Rocchelli e Mironov in Ucraina
Questa storia ha avuto inizio il 24 maggio 2014 a Sloviansk, nell’est dell’Ucraina in guerra.
In un fosso vicino a un passaggio a livello, muoiono i colleghi Andrea Rocchelli e Andrej Mironov.
Di quei drammatici fatti rimangono qualche scatto fotografico, un video e un uomo condannato a 24 anni di carcere. Da qui parte un lavoro di inchiesta durato mesi per cercare di chiarire cosa sia veramente successo quel giorno.
Per la morte di Rocchelli, un tribunale italiano condanna, dopo un processo complicato, a 24 anni di carcere un soldato ucraino con doppia cittadinanza, Vitaly Markiv, che si trovava, secondo l’accusa, in una trincea posta sulla collina di Karachun, insieme ad altri membri della Guardia Nazionale e a un centinaio di soldati dell’esercito ucraino. Le nostre rilevazioni hanno fornito una distanza: circa 1875 metri dal luogo indicato dall’accusa a quello dove è avvenuto l’attacco ai giornalisti.
Di Andrej Mironov – giornalista, dissidente, uomo di grande spessore politico e culturale, descritto spesso dai media italiani solo come “interprete”- si ricordano in pochi. Almeno in Italia.
Su questa storia ci sono troppe incertezze. Nelle testimonianze, nella ricostruzione. Nessuna verifica o indagine fatta sul terreno.
Siamo tornati proprio su quei luoghi per cercare di capire come siano andate le cose. Per rispetto di chi non c’è più e per chi ancora è in vita.
Abbiamo preso le carte del processo, le motivazioni della condanna, le abbiamo lette e rilette decine di volte. Qualcosa non quadrava e abbiamo fatto una cosa semplicissima: siamo andati sul posto a verificare tutto quello che è stato descritto nei documenti processuali, ormai pubblici. Punto per punto: visibilità, distanze, test di tiro, ricostruzione con tecniche scientifiche delle caratteristiche del luogo del delitto, modelli di elevazione digitale del terreno.
Abbiamo ritrovato testimoni che finora non erano stati cercati o che comunque non erano stati ascoltati, confrontato le deposizioni e incrociato poi i dati forniti dagli strumenti utilizzati. Un lavoro il più accurato possibile che, però, finisce col mettere in discussione la verità processuale. Non vogliamo screditare nessuno, ma siamo convinti anche che la colpevolezza di chiunque debba essere provata oltre ogni ragionevole dubbio. E in questo caso i dubbi erano enormi. Ogni dubbio è stato messo alla prova sul terreno
Lo riteniamo un lavoro importante perché la chiarezza in casi così dolorosi è fondamentale. E ci saremmo aspettati per questo, qui in Italia, una maggiore collaborazione dal mondo dell’informazione per chiarire quello che è successo. Ma così non è stato. Almeno non fino ad adesso.
Cristiano Tinazzi
Olga Tokariuk
Danilo Elia
Ruben Lagattolla
Per sostenere la raccolta fondi volta alla realizzazione di questo progetto, la piattaforma Produzioni dal Basso ospita a questo link la campagna di sostegno: https://www.produzionidalbasso.com/project/the-wrong-place-nevdale-mistse/