Art Lords: resistere a Kabul

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2 Settembre 2019

Armati di penna e vernici

“Sogno un Afghanistan di pace. Sogno di un giorno in cui potrò camminare per le strade a qualsiasi ora, senza paura. In cui le persone potranno venirci come turisti, considerandolo come uno dei paesi da visitare almeno una volta nella vita”.

Comincia così la lettera di uno dei tantissimi cittadini di Kabul che si sono uniti alla campagna Dard-e-Dil (Lettere del dolore), creata da Omaid Sharifi e la sua organizzazione ArtLords. Il fine potrebbe sembrare quasi naif: raccogliere i pensieri e i sentimenti degli afghani sull’attuale situazione del paese, per poi spedirli direttamente ai diplomatici statunitensi, ai talebani e ai funzionari del governo che, durante i “colloqui di pace” attualmente in corso, stanno decidendo il destino della nazione.

Eppure la campagna ha una funzione ben precisa: “Miriamo a incoraggiare soprattutto i giovani, che sono il 60% della popolazione, a parlare delle loro paure, speranze, pensieri, e anche a proporre soluzioni – spiega Sharifi – Per questo abbiamo sistemato delle cassette postali apposite fuori da licei, caffetterie e altri luoghi frequentati dai ragazzi”.

Partita a luglio nella capitale, l’iniziativa è stata un successo e conta di espandersi: “Solo il primo mese abbiamo ricevuto oltre 300 lettere, le abbiamo lette, preparato un’introduzione e le abbiamo inviate ai destinatari”.

Sembra che perfino i Talebani abbiano accettato di riceverle. Sharifi, però, la vede soprattutto come una forma di terapia: “La generazione post 11 settembre non ha conosciuto altro che guerra, e in generale la maggior parte di noi afghani deve convivere con traumi, stress, ansia. Ed ecco che scrivere, raccontare le nostre storie può aiutarci a salvaguardare la salute mentale, in un paese dove l’assistenza in questo senso è carente”.

Sebbene non vi siano dati precisi dati precisi, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) stima che oltre un milione di afgani soffrano di disturbi depressivi e oltre 1,2 milioni di disturbi d’ansia

Le strutture mediche e le professionalità non sono però sufficienti per far fronte al problema e per molti afghani, soprattutto nelle province e nelle aree rurali, l’aiuto psicologico è fuori portata. Inoltre, coloro che si fanno avanti vengono spesso stigmatizzati, e i ragazzi e le ragazze sono costretti a tenersi dentro le loro paure.

Non a caso, Sharifi racconta che i sentimenti predominanti nelle lettere scritte sono l’ansia, la confusione e l’incertezza. “Ogni singolo individuo ha però menzionato il desiderio di pace”, spiega Sharifi, la cui organizzazione – dal nome quasi provocatorio – si rivolge proprio ai giovani, coloro che secondo lui corrono maggiormente il rischio di perdersi in questo clima di continua instabilità.

Fondata nel 2014, ArtLords si propone infatti di contrapporre ai fucili dei signori della guerra (warlords) o ai traffici dei signori della droga (druglords) i pennelli e le vernici colorate della street art.

“Siamo i lords positivi” precisa. In pochi anni i suoi “artivisti” hanno riempito la città di Kabul di giganteschi murales colorati dal forte messaggio sociale, per poi espandersi in 19 province di tutto il Paese: oltre 600 le opere realizzate fino ad oggi, con campagne su corruzione, guerra, politica, salute, parità di genere, diritti umani.

Un movimento che è arrivato a coinvolgere più di 50 persone dai 14 anni in su, ragazzi e ragazze che dipingono e lavorano insieme e che, attraverso l’arte e iniziative collaterali come Dard-e-Dil, possono finalmente esprimere ciò che sentono e condividerlo con la comunità.

“Siamo la voce dei senza voce. Cerchiamo di rendere i cittadini consapevoli e soprattutto partecipi, usando l’arte come uno strumento di cambiamento sociale”, spiega Sharifi. Come sfondo per i loro murales, non dei muri a caso ma quelli che circondano le sedi istituzionali e i palazzi del potere.

“Si tratta di muri anti esplosivi, brutti e imponenti, sorti un po’ dappertutto per questioni di sicurezza a bloccare le strade e le vie di Kabul: in attesa di buttarli giù concretamente, li buttiamo giù metaforicamente, disegnandoci sopra e rendendo più bella la città”.

Essendo i muri presidiati giorno e notte da guardie e polizia armata, per poterli dipingere il permesso delle istituzioni è necessario, ma non per questo la funzione critica viene meno: una delle campagne più importanti di ArtLords è stata ad esempio quella intitolata “Ti vedo”, contro la corruzione, con una serie di murales raffiguranti due grandi occhi che fissano intensamente.

La sua realizzazione nel 2016 suscitò un dibattito nazionale: non bisogna infatti dimenticare che l’Afghanistan è tra i paesi in cui la corruzione percepita è tra le più alte al mondo, figurando al 172 posto su 180 nella speciale classifica di Transparency International.

“Volevamo svergognare coloro che rubano e mettere loro pressione. La popolazione sente molto questo problema, l’Afghanistan è un paese musulmano e la corruzione è proibita anche dalla sharia”, commenta Sharifi, che non nasconde di aver avuto qualche problema con i potenti di turno. Se a Kabul le opere degli ArtLords sono tollerate dalle istituzioni, nelle province e nelle aree rurali non è sempre così facile.

“Quella della sicurezza è una grande sfida – commenta – anche perché in molti luoghi il governo non ha il pieno controllo come invece avviene nella capitale. Allo stesso tempo la popolazione ci accoglie e ci supporta. Anche perché ci occupiamo di tutti i temi sociali più importanti, compreso quello della salute, con una campagna sull’eradicazione della polio, rendiamo visibile il problema dell’ingiustizia e dell’impunità, parliamo della costituzione”.

Questioni da sempre in bilico nel paese, oggi al suo 18° anno di guerra, in un clima reso ancora più delicato dalle imminenti elezioni (previste in teoria per settembre), dai delicati colloqui di pace tra americani, governo e talebani, dai sanguinosi attentati che non si sono mai fermati. Così come gli attacchi da entrambe le parti, che non risparmiano nessuno: 1.366 le vittime civili nei primi sei mesi del 2019, e 2.446 quelli rimasti feriti secondo i dati delle Nazioni Unite, con le forze governative e statunitensi che avrebbero causato più vittime di quelle provocate dai talebani e dagli altri insorti. A questo si aggiunge l’infiltrazione di Daesh (Isis): solo due giorni prima del centenario dell’indipendenza del Paese, che si è svolto il 19 agosto, un attentato da loro rivendicato ha provocato oltre 60 morti durante un matrimonio.

«La paura di una nuova guerra civile è sempre forte» confida il fondatore di ArtLords, che tuttavia si considera una persona ottimista. «In genere cerco di incoraggiare i ragazzi a stare positivi e lavorare duro. Non è facile, ma credo nelle giovani generazioni, e so che avremo un’opportunità di cambiare questa situazione e di fare la differenza”. Non a caso Sharifi si definisce un attivista da sempre: «Sono nato a Kabul, da bambino vendevo sigarette sulle strade ma non mi sono mai arreso, voglio continuare a vivere e lavorare in questa città e in questo Paese».