10 Ottobre 2019
Da Quito il racconto e le testimonianze della repressione: coprifuoco e lacrimogeni sulle manifestazioni di protesta
da Quito Dana León León
foto di Andrés León
grazie per la traduzione a
Silvina Grippaldi
La polizia attacca le zone che sono state dichiarate neutrali. Mentre si scrive questo testo, alle ore 20 di mercoledí 9 ottobre, c’è il coprifuoco e la polizia riempie di lacrimogeni gli spazi neutrali per accogliere migliaia di indigeni mobilitati verso Quito, la capitale del paese.
Bambine, bambini, donne, anziani, uomini, volontari per aiutare in cucina e accudire i bambini, medici, paramedici, gente, tantissima gente che, in questo momento, sta affrontando la spropositata repressione della polizia. Tutto il giorno è stato così.
“¡Hey! Está en zona neutral” (questa è una zona neutrale!), “¡Es zona de paaaaaz!” (è una zona di pace!), urlano i volontari che hanno ripreso tutto in diretta sulle reti sociali. “¡Hey! Aquí hay niños, son niños!” (ci sono dei bambini!). Urlano mentre i lacrimogeni continuano ad arrivare. Qualche minuto dopo, la Ministra di Governo, María Paula Romo, ha chiesto scusa ma non ha ammesso che questi attacchi siano stati fatti nelle zone protette.
Qualche immagine degli attentati contro i diritti umani che si stanno verificando sin dal primo giorno delle proteste… oggi (9 ottobre) è il settimo.
Aggiornamento del 10 ottobre: la Defesnsoría del Pueblo conferma un morto in più nelle proteste del 9i ottobre. Si tratta di Inocencio Tucumbio, líder de la Confederación de Nacionalidades Indígenas Indígenas del Ecuador (Conaie) de Cotopaxi.
Qual è il motivo di questa sommossa sociale?
Lo sciopero nazionale, indetto dalle organizazioni indigene, soprattutto dalla Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador (CONAIE), è contro le misure economiche e del lavoro firmate il 1° ottobre dal presidente Lenin Moreno. La più devastante è il ritiro dei sussidi sul combustibile, attraverso il Decreto 883, che aumenta il costo della benzina di più del 100%.
Il governo stima che grazie a questa misura, il fisco potrebbe risparmiare 1,4 miliardo di dollari, un risparmio indispensabile per affrontare la “crisi economica” del paese, “prodotta da (Rafael) Correa”, presidente che ha finito il suo mandato due anni fa. Invece, l’attuale governo a giugno del 2018, ha condonato il debito d’imposte, di cui l’80% apparteneva alle banche e ai grandi gruppi economici. In questo modo, lo Stato non ha più percepito 2.355 milioni di dollari relativi soltanto a questi gruppi.
Dopo due giorni dal decreto presidenziale, è iniziato lo sciopero nazionale dei trasporti, i primi ad essere colpiti dalla misura, e poi si sono aggiunti gli indigeni e i contadini che si sono mobilitati verso la capitale perché l’aumento del combustibile provocherà un’ulteriore aumento del costo della produzione e del trasporto degli alimenti che loro producono. Insieme a loro partecipano della protesta studenti, artigiani, casalinghe e altri gruppi di cittadini.
Quale è stata la reazione del governo?
Da giovedì 3 ottobre, il presidente ha dichiarato lo Stato di Emergenza, (Estado de Excepción), contro la partecipazione di massa alle proteste, sia nella maggior parte delle città dell’Ecuador sia nelle strade che attraversano il paese. Per questo motivo, ha trasferito la sede del governo verso la capitale economica del paese, Guayaquil. Inoltre, da questo martedì vige il coprifuoco dalle ore 20.00 alle ore 5.00, tutti i giorni.
Inoltre, attraverso lo Stato di Emergenza, il presidente ha chiesto alla Polizia Nazionale e alle Forze Armate di coordinare le azioni per poter “mantenere l’ordine e prevenire gli atti di violenza”.
Ci sono già due morti finora tra gli ecuadoriani che hanno partecipato alle proteste e che sono stati attaccati dalla Polizia Nazionale: il Governo ha ammesso le colpe della morte di un manifestante investito da una macchina privata durante il blocco di una strada del paese; mentre che un giovane è morto poche ore dopo essere caduto da un ponte perché è stato intimorito dalla polizia. Insieme a lui sono caduti altri due giovani dei quali non si hanno notizie. È importante sapere che ci sono stati altri morti indigeni dei quali non si è avuto alcuna conferma da parte di nessuna autorità. Oltre al fatto che ci sono centinaia di feriti e almeno 700 detenuti.
Come mai non c’è alcuna conferma ufficiale di tutta quest’informazione?
Molti denunciano che esiste una censura mediatica cui si sono piegati i media più importanti del paese. Lo dichiarano sia i Movimientos Indígenas sia i mezzi di comunicazione Pichincha Universal (perquisita questo martedì dalla polizia e obbligata a sospendere le sue attività), Wasi Media (pagina web che è riuscita a pubblicare un avvertimento del governo che dice testualmente: “Abbiamo l’autorizzazione di arrestare coloro che istigano al caos pubblico e alla mobilitazione sui social network”), Wambra Radio, Revista Crisis, tra gli altri.
Quali sono le diverse posizioni?
Il presidente Lenin Moreno sostiene che Rafael Correa sia l’unico responsabile di questa sommossa sociale, perché lo accusa di aver ordito l’intento di un colpo di stato. Mentre che la COANIE è stata sempre in conflitto con il precedente governo e, inoltre, hanno dichiarato che la sua mobilitazione è per gli interessi di tutti gli ecuadoriani.
D’altra parte, il governo dichiara di aver teso la sua mano verso le comunità indigene per instaurare un dialogo e dare a loro dei risarcimenti, però ha anche ammesso che le misure economiche non sono negoziabili. Inoltre, il presidente della CONAIE, Jaime Vargas, ha manifestato che non si arrenderanno finché non arrivi la deroga del decreto 883. “Continueremo fino alle ultime conseguenze”, ha affermato.