4 Febbraio 2019
Il lento smantellamento dell’agenzia ONU contro l’impunità e la corruzione e lo scontro fra i poteri dello stato
La crisi dello stato di diritto in Guatemala era iniziata alla fine dell’agosto del 2017, quando il presidente della Repubblica Jimmy Morales aveva spiazzato tutti dichiarando “non grato” Iván Velásquez, il Commissionato della CICIG, Commissione Internazionale contro la Corruzione e l’Impunità in Guatemala
(agenzia dell’ONU), che stava investigando sul figlio e sul fratello dello stesso Morales per casi di corruzione.
Grazie alle grandi manifestazioni popolari, tanto nella capitale, come anche nel resto del Paese, e soprattutto grazie alla decisione della Corte Costituzionale di sospendere tale decisione, l’ordine fu ristabilito con non poche tensioni.
Ad un anno da quella decisione, alla fine di agosto del 2018, Jimmy Morales ci riprova e dichiara di voler porre fine all’accordo stipulato fra le Nazioni Unite e lo stato guatemalteco, e lo fa con una immagine molto evocativa degli anni del conflitto armato interno e delle dittature militari: Morales infatti si presenta
in conferenza stampa circondato dai militari, annunciando che la CICIG avrebbe avuto ancora solo un anno di vita in Guatemala.
Pochi giorni più tardi viene dichiarato dalla Ministra per gli Affari Esteri
Sandra Jovel, che a partire da quel momento sarebbe stato impedito il ritorno in Guatemala al commissionato Velásquez, andato all’estero per questioni di lavoro. Perfino il presidente Morales, all’assemblea generale delle Nazioni Unite svoltasi a fine settembre, aveva tuonato contro la CICIG e contro Iván Velásquez, chiedendo pubblicamente che vi fosse un cambio al vertice dell’istituzione internazionale.
Durante questi mesi, numerosi sono stati gli amparos (strumenti giuridici molto comuni negli ordinamenti latinoamericani) di associazioni di diritti umani e della società civile che sono stati presentati alla Corte Costituzionale in modo da bloccare le scelte del presidente Morales e far sì che la CICIG, con Velásquez
a capo, potessero continuare a svolgere il proprio lavoro. Durante l’ultimo anno e mezzo la CICIG, insieme a Thelma Aldana, Fiscale Generale che è stata a capo del Pubblico Ministero fino allo scorso maggio, avevano dichiarato di avere prove contundenti per poter provare la responsabilità del presidente Morales e del suo partito, nell’aver commesso il crimine di “finanziamento elettorale illecito” per le elezioni che lo hanno visto eleggere presidente nel 2015.
Dopo la decisione della massima Corte, da settembre fino agli inizi di gennaio, sembrava che ci si preparasse ad un possibile ritorno di Velásquez nel paese centroamericano, comunque senza che le parti si sottraessero dal rilasciare numerose dichiarazioni incrociate e contrapposte in tal merito.
Da una parte le fazioni governative hanno continuato ad affermare che non sarebbe stato permesso al commissario ONU di rientrare, adducendo di rimanere nell’ambito della legalità nel non voler rispettare ordini considerati da loro stessi illegali, ovvero di non voler rispettare le sentenze della Corte Costituzionale; dall’altra parte la società civile chiedeva a gran voce all’Alta Corte di destituire i ministri che avevano ripetutamente sostenuto di non voler rispettare gli ordini della Corte Costituzionale e al Pubblico Ministero di iniziare le
indagini in merito.
Nel frattempo Iván Velásquez e Thelma Aldana hanno ricevuto vari premi per i diritti umani in vari paesi del mondo, come per esempio il premio assegnato loro da Wola negli Stati Uniti e il Right Livelihood Award (conosciuto anche come Nobel alternativo) in Svezia, per appoggiare pubblicamente la lotta contro la corruzione e a favore dei diritti umani.
L’apice di questo scontro istituzionale si è vissuto fra gli ultimi giorni dello scorso anno e le prime settimane del 2019. Con una nuova mossa a sorpresa il governo di Morales ha dichiarato che alcuni investigatori della CICIG fossero considerati “terroristi” nei propri paesi di origine e non potevano perciò continuare a lavorare in Guatemala, revocando loro il visto di cortesia assegnato agli internazionali che lavoravano presso tale istituzione.
La Corte di Costituzionalità, nuovamente amparando l’agenzia ONU ha emesso un nuovo giudizio a favore degli investigatori internazionali, nel frattempo usciti dal paese per le vacanze natalizie, dichiarando che non in alcun modo si sarebbe potuto impedire il loro ritorno.
Come ulteriore pronta risposta il governo ha iniziato una denuncia contro tre dei cinque magistrati dell’Alta Corte, adducendo che questi stavano assumento decisioni illegali.
Tale denuncia, se proseguisse il suo intero percorso giuridico, porterebbe a ritirare l’immunità a questi tre magistrati e così ad essere rimossi dalla carica.
Ad oggi, la Corte Suprema di Giustizia (CSJ), gerarchicamente al di sotto della Corte Costituzionale, ha dato tramite alla denuncia che ha intrapreso un percorso parlamentare che porterà i deputati del Congresso a votare se togliere o meno l’immunità ai tre massimi giudici.
Il conflitto fra poteri, molto presente ormai da mesi, è arrivato così alla sua massima espressione con il tentativo di rimuovere tre giudici scomodi, facendolo comunque attraverso una maschera di legalità.
Molti sono i costituzionalisti e analisti politici che sostengono che questo sia già un colpo di stato dove lo stesso Morales cerca di rimuovere chi gli ha messo i bastoni fra le ruote in questi scomposti tentativi di cacciare l’istituzione che sta indagando su di lui e sui membri della sua famiglia.
Ultima, ma solo per il momento, saga di questa cronaca, è detonata lo scorso 5 gennaio quando uno degli investigatori internazionali della CICIG ha messo piede nell’aereoporto della Città del Guatemala, al ritorno dalle vacanze, ed è stato bloccato per più di 24 ore, fino a che l’ennesimo amparo della Corte Costituzionale ha obbligato i funzionari della migrazione a lasciarlo passare.
Due giorni più tardi la Ministra Jovel è volata a New York per riunirsi con il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, e annunciargli l’immediata sospensione dell’accordo fra il Guatemala e l’ONU sulla CICIG, dando 24 ore di tempo al personale dell’istituzione per abbandonare il paese.
Appena terminata la conferenza stampa della Ministra da New York, il presidente Jimmy Morales, ex comico prestato alla politica da pochi anni, ha indetto una conferenza stampa del tutto inedita. Dal Palazzo Presidenziale situato nel centro storico della Capitale, Morales si è presentato alla stampa circondato non solo dai membri del suo governo, ma anche da una serie di famiglie che erano state
vittime, a suo dire, di ipotetici soprusi della giustizia provocati dalla CICIG.
Fra questi anche persone condannate dai tribunali guatemaltechi (c’è da ricordare che la CICIG funge solo da supporto tecnico) per questioni di corruzione. Per più di un’ora il presidente-conduttore ha passato il microfono a questa o a
quella “vittima”. È stato così che, con una spettacolarizzazione e una palese manipolazione delle informazioni, Morales si è barcamenato fra video e commenti di chi sta affrontando dei processi in un paese dove la corruzione è a livelli incredibilmente alti e l’impunità va di pari passo ad essa.
Un auto-golpe così lento ed incerto non si era mai visto nel paese; l’unico precedente tentativo da parte dell’allora presidente Serrano Elias di accentrare a se tutti i poteri è datato 1993, e solo grazie alla Corte Costituzionale e alle mobilitazioni della società civile, fu bloccato dopo pochi giorni.
Nel prossimo mese di giugno in Guatemala ci saranno le elezioni che eleggeranno l’undicesimo presidente della repubblica dal 1985, ovvero da quando si è potuti ritornare a libere elezioni democratiche dopo decenni di governi militari. In molti scommettono che il tema della CICIG, della corruzione e dell’impunità presente nel paese, sarà centrale nella campagna elettorale, in un senso o nell’altro, ovviamente.
La Comunità Internazionale, che in questi mesi è stata timidamente a guardare il lento smantellamento della Commissione delle Nazioni Unite, potrà giocare un ruolo fondamentale se decidesse di dare un chiaro e incondizionato appoggio a chi difende i diritti umani e a chi lotta contro la corruzione.