Gustamundo: ogni cena una storia

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29 Febbraio 2020

Quando la buona cucina fa rima con umanità

Il progetto “Gustamundo, ogni cena una storia” prende il via nel 2017 a Roma, nel cuore del quartiere Prati, a due passi dal Vaticano con l’obiettivo di promuovere l’integrazione di rifugiati e migranti con protezione umanitaria tramite la cucina.

Gustamundo nasce da un’idea di Pasquale Compagnone, a sua volta ristoratore da oltre venticinque anni ed opera come piccolo “porto culinario”, in cui sono impiegati esclusivamente uomini e donne provenienti da paesi lontani, arrivati in Italia al termine di viaggi spesso lunghi e pericolosi, con la voglia nel cuore di ricominciare senza azzerare la loro vite ma, anzi, mettendo a frutto il proprio bagaglio di esperienza.

Questa è una delle principali caratteristiche del progetto: gli Chef Gustamundo erano già cuochi e ristoratori nei loro paesi di origine. La ricerca di un nuovo luogo in cui vivere non si è tradotta, per loro, in una rinuncia alle proprie passioni…in un accantonamento delle proprie capacità e competenze. In altre parole, per gli Chef Gustamundo, l’inclusione sociale ed economica è stata possibile continuando a fare ciò che facevano prima di lasciare le loro case. Senza ulteriori sacrifici, senza annullare il passato.

Sono poche e discrete le insegne all’esterno che ci introducono nella piccola sala colorata dove, tra le tinte blu e gialle delle pareti, sono sistemati tavoli in legno in grado di ospitare circa trenta coperti. Musica soft e fotografie vintage sui muri, perfette nel creare un ambiente intimo, informale e allegro, per sentirsi un po’ come a casa propria. La cucina si trova al piano di sotto ma, in occasione di ogni cena, gli Chef Gustamundo si “affacciano” per salutare gli ospiti e condividere momenti d’incontro e cordialità.

Dal 2017, il progetto ha coinvolto circa 60 persone in cucina (di cui circa la metà donne) rifugiati e migranti, provenienti principalmente da Senegal, Mauritania, Mali, Gambia, Costa d’Avorio, Guinea, ma anche Siria, Afghanistan, Iran, Iraq.

Sono circa 170 i CUD rilasciati da Gustamundo in questi primi due anni di attività. Oltre a ciò, parallelamente all’impiego lavorativo, i beneficiari del progetto hanno ricevuto formazione professionale diretta con l’obiettivo di sviluppare ulteriormente la propria autonomia sul lavoro e le proprie capacità di gestione dei servizi.

Il “bistrot etnico ed etico” vanta già numerose collaborazioni attivate con diversi CAS e SPRAR di Roma e dintorni, ed altri partner strategici quali ad esempio: Humiltas Onlus, Comunità di S. Egidio, Caritas Italiana, IIS Domizia Lucilla, Croce Rossa italiana.

“Siamo partiti da zero, ma con le spalle ben solide. Gustamundo, al principio di tutto, si è appoggiato al livello finanziario, logistico e di expertise professionale ad El Pueblo – ristorante di cucina messicana di cui sono gestore dal 1993. Quindi, dietro questo progetto per l’inclusione sociale e lavorativa di persone a rischio di emarginazione, non c’è alcuna onlus, nessun finanziamento pubblico, bensì il lavoro realizzato per anni all’interno di un ristorante privato che poi ad un certo punto ha voluto dar vita ad altro, a qualcosa di diverso, con un significato più ampio.

Le due attività oggi corrono lungo binari paralleli, con dei punti di contaminazione: alcuni Chef Gustamundo, dopo essersi appassionati a piatti tipici del Centro America come il guacamole o pico de gallo, sono passati alla sperimentazione e, spesso, con ottimi risultati. Nella nostra cucina la diversità non costituisce mai un limite.” racconta Pasquale Compagnone, fondatore e responsabile di Gustamundo, e aggiunge: “Non è stato sempre facile, soprattutto all’inizio: abbiamo dovuto lavorare con determinazione per superare le barriere linguistiche fra i fornelli, e trasformare le diversità culturali o nelle modalità di lavoro, in un valore. Oggi però siamo una vera e propria squadra in cucina.”

Della squadra, fa parte anche Buba, 27 anni, originario del Gambia. Buba è uno dei tanti giovani africani arrivati in Sicilia con un barcone, dopo aver vissuto l’inferno delle carceri libiche.

Oggi vive a Malatesta in un appartamento condiviso con altri ragazzi senegalesi e gambiani (non hanno una lavatrice, ma per il resto la convivenza funziona bene), lavora come cuoco da Gustamundo ed ama l’Italia. Buba era cuoco già nel suo paese: per oltre due anni, ha lavorato nelle cucine di un Resort fronte-oceano a Bakau, città che per sei mesi l’anno viene presa d’assalto da turisti americani ed europei. Il suo “pezzo forte” in cucina è il domodà, specialità gambiana. Più precisamente, dell’etnia mandinga.

Buba parla benissimo italiano, anche grazie a Luca: insegnante di lingua e suo grande amico. È stato Luca ad organizzare, poco più di due anni fa, l’incontro con Pasquale: Gustamundo era in progetto ideale per iniziare a costruire il futuro di Buba in Europa. Quella possibilità di futuro per cui, ancora giovanissimo, ha lasciato tutto: casa, famiglia, amici. Non il lavoro, perché lo aveva perso da quando il Resort fronte-oceano era stato chiuso per dissidi tra il proprietario ed il regime dittatoriale di Yahya Jammeh.

Il suo permesso di soggiorno scade a settembre del 2021 e questa è l’unica preoccupazione che sente di avere al momento.

Più forte della mancanza della sua terra e del dolore di non essere stato accanto al padre mentre moriva dopo 5 mesi dalla sua partenza, è il suo desiderio di continuare a costruire il suo futuro qui, fra le persone che lo hanno accolto e supportato, restituendogli giorno dopo giorno, con gentilezza e calore, una prospettiva di vita.