Italia, tra coloro che son sospesi

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22 Maggio 2020

Gli specializzandi di medicina, nel cuore della tempesta Covid-19 e della precarietà

“La Regione ha espresso l’intenzione di ampliare il bonus anche a noi specializzandi. Ora si dovrà capire operativamente come questo avverrà, vederne tempi e modalità. Attualmente è un’ipotesi che si riferisce a duecento persone – mentre noi siamo quattrocento – e di cui manca l’ufficialità. E’ un percorso lungo, ed è stato fatto un primo passo. Staremo a vedere”.

Francesco Cogliati, ventottenne medico specializzando del II anno di malattie infettive al policlinico Umberto I, sintetizza così la posizione di attesa assunta dai medici in formazione presenti nel Lazio dopo l’incontro con la Regione e l’assessore regionale alla sanità avvenuto lunedì 18 maggio.

Un confronto arrivato in seguito alle proteste messe in atto dagli specializzandi nelle ultime due settimane, dopo che la misura annunciata l’11 aprile dall’assessore regionale alla sanità – un contributo di mille euro previsto per gli operatori sanitari – veniva smentita il 24 aprile dalla Regione Lazio, che specificava come la corresponsione del bonus sarebbe avvenuta dietro “la titolarità di un rapporto di lavoro, di tipo libero professionale o subordinato a tempo determinato”.

“Noi però non siamo dipendenti – spiega Cogliati, che racconta come, dopo la comunicazione della Regione, in meno di 48 ore si sia organizzata una rete tra gli e le specializzande degli ospedali universitari di Tor Vergata, Sapienza e Gemelli.

‘Il paziente vede un medico, la Regione uno studente’, ‘Stessi rischi, stessi diritti, stesso rispetto’: questi alcuni dei messaggi più diffusi durante una delle azioni della rete, un social bombing diretto alla Regione.

Valentina - foto di Daniele Napolitano

“E’ uno schiaffo alla nostra attività quotidiana [..], la dimostrazione di quanto possa essere falsa la retorica degli ‘eroi in corsia’: chi la utilizza e poi agisce così non ha a cuore il presente e il futuro del SSN e di chi ci lavora”, dichiarano gli specializzandi, evidenziando la distanza tra propaganda politica e comportamento istituzionale.

Sono centinaia i medici in formazione impegnati nel contrasto al Covid-19. Con i loro colleghi medici dipendenti hanno condiviso turni massacranti, riposi mancati, il rischio, lo stress, la paura di contagiare i propri cari.

“Siamo medici quando siamo utili come forza lavoro nelle strutture sanitarie, siamo studenti quando veniamo esclusi dal riconoscimento del lavoro che stiamo svolgendo”: questo si legge nel testo della petizione indirizzata alla Regione, e che, in meno di due settimane, ha raccolto oltre 35mila firme.

Un’azione diretta a richiedere l’assegnazione del bonus, corrispondenza pratica del “riconoscimento morale del nostro lavoro”.

E’ proprio questo l’aspetto che più interessa sottolineare agli specializzandi, che evidenziano come tale situazione non riguardi solo il contesto attuale: il mancato riconoscimento della loro figura non è infatti cosa nuova, l’emergenza sanitaria lo ha solo palesato in modo se possibile ancora più evidente.

“In condizioni ordinarie suppliamo alle carenze del Servizio Sanitario Nazionale dovute ai de-finanziamenti degli ultimi decenni e, dall’inizio dell’emergenza sanitaria COVID19, grazie alla nostra, abbiamo permesso alle strutture sanitarie universitarie della regione Lazio di rispondere in maniera adeguata alla sfida di questa pandemia”. A fronte della loro continua presenza, i medici in formazione sollecitano anche la riduzione delle tasse universitarie, o in alternativa una compartecipazione della Regione alle stesse.

Guido - foto di Daniele Napolitano

“Sentivo le incessanti notizie sulla pandemia, i contagi in costante aumento, le centinaia di morti e ho avuto paura, come tutti”, racconta Valentina, medico 29enne in formazione specialistica.
“Il senso di smarrimento iniziale ha fatto però spazio alla consapevolezza di essere un medico, e l’unica reazione che sentissi davvero mia era lottare. Con questa consapevolezza mi sono fatta avanti. E rifarei la stessa scelta altre mille volte”.

Pensando alle istituzioni, Valentina parla di una sensazione di ‘invisibilità’: “Noi, seppur vitali per i nostri pazienti, siamo invisibili per la Regione Lazio, invisibili per il Sistema Sanitario Nazionale, che, consapevoli che nonostante tutto saremo ancora lì, in prima fila, ci trattano come se non esistessimo, privandoci della dignità di esseri umani, prima ancora che di medici”.

“Siamo un ibrido tra studente e lavoratore. Veniamo retribuiti con un contratto di formazione-lavoro, paghiamo le tasse universitarie ma la nostra formazione è frequentemente carente a scapito di un’attività professionale totalizzante”.

La denuncia degli specializzandi non è una mera – e per quanto giusta – rivendicazione di categoria: al contrario, abbraccia una visione politica del ruolo delle istituzioni nella tutela del diritto alla salute: “La pandemia in atto ci ha messo di fronte all’enorme difficoltà di lavorare sulla base di pochissimi dati validati scientificamente. L’unica certezza è la necessità di rinforzare e riorganizzare il servizio territoriale per poter gestire al meglio questo tipo di emergenze in futuro”, dichiara Guido, medico specializzando in Malattie Infettive al Policlinico Umberto I di Roma, a cui fa eco Cogliati: “L’emergenza COVID ci insegna che se non si torna ad investire nel SSN e nella formazione dei giovani medici non saremo in grado di affrontare le sfide del futuro per garantire la salute di tutti”.

Proprio per questo, una delle richieste degli specializzandi è un aumento degli investimenti nel SSN e nella formazione dei giovani medici.

Lo ribadiscono con forza: “L’emergenza COVID ha messo in luce ancora una volta come il SSN si regga sulla dedizione e competenza degli operatori”, afferma Raissa, medico specializzando in Malattie Infettive al Policlinico Umberto I di Roma, che sottolinea come sia “fondamentale mettere i medici nelle condizioni di non essere definiti ‘eroi’, quanto piuttosto investire concretamente nella tutela e nella formazione di futuri specialisti”.

La situazione denunciata nel Lazio interessa in realtà tutto il territorio nazionale da Nord a Sud, esclusa la Toscana che, da subito, ha previsto l’estensione del bonus, seguita dall’Emilia-Romagna. In molte regioni i medici in formazione si stanno organizzando per richiedere il riconoscimento della loro reale posizione, e un aumento dell’impegno istituzionale rispetto al Servizio Sanitario Nazionale.

Francesco - foto di Daniele Napolitano