24 Giugno 2019
Viaggio in uno degli orfanotrofi statali. Nel paese sono 400, accolgono 130mila ospiti, ma dati non ufficiali raccontano di numeri ancora più impressionanti
Udaitzi, Ucraina. La cosa più difficile da affrontare, al ritorno, è la nostalgia: capita così quando un posto ti ruba il cuore.
Si ricomincia a pensare alla marea di teste biondo cenere, ai fisici magri e, alle volte, un po’ sbilenchi, al “ciao” ripetuto come un ritornello, alle manine che cercano le tue.
Sono i bimbi degli internat, un termine che suona sinistro e che in Ucraina indica gli orfanotrofi statali. Ce ne sono nel paese circa 400 e, secondo dati ufficiali, accolgono 130mila ospiti, ma secondo altre fonti sarebbero molti di più.
La maggior parte delle strutture sono al limite della capienza numerica e nelle città maggiori, specie nella capitale, Kiev, sono moltissimi i minori che invece vivono per strada elemosinando o scippando e dormendo nei tombini o negli anfratti della metropolitana. Si tratta di minori orfani o abbandonati. Il perché di questi numeri è presto detto: la maggior parte delle famiglie si divide entro i cinque anni di matrimonio, il resto lo fanno la disoccupazione e la vodka.
La crisi economica si è aggravata negli ultimi anni e, insieme alla corruzione del governo, è uno dei motivi che ha spinto il popolo ucraino a votare in massa per il comico Zelenskij alle elezioni di aprile, voltando pagina dopo Poroscenko, dando quindi fiducia ad una figura nuova, anche se priva di esperienza e con programmi fumosi.
Il governo precedente aveva spesso accennato alla possibilità di chiudere gli internat e aprire case-famiglia, ora la palla passa al neoeletto presidente, che avrà probabilmente altre cose a cui pensare, visto che gli stipendi medi in ucraina sono di 180-200 euro al mese.
Intorno a Udaitzi, un minuscolo villaggio nel nord-est del paese, a tre ore da Kiev, raggiungibile solo in auto lungo una strada dissestata, si apre la sconfinata campagna ucraina: la primavera è iniziata, i colori si fanno accesi, i piccoli ospiti possono uscire nelle ore più calde a giocare nel mini parco giochi, altri fanno una piccola passeggiata fino al cancello insieme ad una educatrice.
Qui, distribuiti in diversi edifici dall’aspetto reso più allegro dalla mano di vernice passata in occasione della Pasqua ortodossa, vivono una sessantina di ospiti “speciali”, cioè che presentano disagi psicofisici più o meno gravi.
Sono Ivan, Vesta, Tatiana, Dima…bimbi con occhi spalancati su una realtà misera che per loro è la normalità e dove anche l’arrivo di una figura nuova, esterna, che parla un’altra lingua, che risponde al loro richiamo di andare a giocare o di stare semplicemente seduti vicini può fare la differenza e cambiare la giornata.
E’ un’esperienza emozionante e coinvolgente, ecco perché i volontari che giungono dall’Italia per brevi periodi, decidono poi di ritornare. E’ capitato così anche a Marialuisa Zanato, una docente di Ospedaletto Euganeo, in provincia di Padova, che dopo aver accolto per alcune estati Natasha, qui in Italia, ha deciso di andare a vedere dove viveva e nel 2016 è partita con famiglia ed è arrivata proprio a Udaitzi, dove si è resa conto che era necessario fare qualcosa di più strutturale per i bambini: “Siamo un gruppo di amici che all’inizio gravitava intorno alla parrocchia di San Giovanni Battista – spiega – ma un po’ alla volta ci siamo allargati e, tutti insieme, abbiamo deciso di dare vita ad un’associazione che tenti di fare la differenza per bambini e ragazzi in situazioni di difficoltà”.
Nasce così Ukraine Kids, con l’obiettivo di organizzare, sia a Udaitzi che nel vicino orfanatrofio di Pryluky, d’accordo con le istituzioni locali, campi ludico-formativi a cui partecipano volontari italiani durante l’estate, ma, a partire da quest’anno, anche progetti educativi, ovvero insegnanti italiani che si rechino per una decina di giorni negli orfanatrofi per tenere corsi in varie discipline, dall’informatica all’italiano.
I primi a rispondere sono stati proprio due insegnanti vicentini dell’istituto “B.Montagna”, una di Lettere e un Tecnico informatico utilizzando le ferie pasquali e periodi di aspettativa breve.
“Quest’anno ho fatto due turni – dice Massimiliano Primon – per lo più ho cercato di coinvolgerli con qualche nozione di informatica, naturalmente non era semplice, ma l’entusiasmo c’era, anche perché ero già stato in Ucraina e amo questo paese. Qualsiasi sacrificio viene completamente annullato dall’empatia che si crea con i bambini, anche perché vivi lì con loro”.
A questo punto, già coperti i turni dei campi estivi, in luglio e agosto, Marialuisa Zanato guarda già al prossimo anno scolastico: “Questo è stato un anno sperimentale – dice – ma vorrei che questo mio sogno prendesse piede e ci fossero più turni, in modo da assicurare negli internat una presenza esterna costante, tutti i mesi”.