di Manuel D'Antonio and Sara Savina
15 Gennaio 2020
Varanasi, un’oasi di spiritualità e una meta turistica: nel mezzo di un racconto di viaggio un incontro speciale
La strada era gremita di gente, i colori erano a migliaia e il frastuono quasi assordante. Anziani santoni con la tunica arancione e i capelli lunghi passeggiavano accanto a donne dai sari colorati e dai volti ingioiellati.
Uomini in abito elegante invitavano ad entrare nel vicolo per visitare il proprio negozio che, come tutti i precedenti, aveva le sete più pregiate dell’India, mentre le mucche pascolavano liberamente tra la gente mangiando qualsiasi cosa, anche se non necessariamente commestibile. Tutt’intorno chi aveva la fortuna di essere lì come turista fotografava qualsiasi cosa e rimaneva a bocca aperta. In parole povere, era un giorno come tanti a Varanasi.
Conosciuta anche con il nome di Benares, Varanasi è una delle città più antiche del mondo, in quanto si ritiene sia stata abitata da più di 3500 anni. Attraversata dalle acque del fiume Gange, raggiunte da decine di scalinate monumentali chiamate ghat, essa è anche la più sacra delle sette città sacre della religione induista. Al suo già elevato numero di abitanti, che si aggirano intorno ai tre milioni e mezzo, si aggiungono dunque ogni giorno migliaia di fedeli giunti qui per pregare, fare un bagno purificatore o assistere alla cremazione dei propri cari. Si ritiene infatti che se una salma venga cremata sulle rive del Gange, e le ceneri gettate nelle acque del fiume, si sia in grado di interrompere il ciclo di reincarnazioni della propria anima.
Tutto questo fa di Varanasi uno dei posti più incredibili del mondo, un luogo in cui la vita scorre nuda e cruda, senza alcun filtro e senza preoccuparsi di come lo spettatore potrebbe reagire. Ogni giorno trascorso in questa città è in grado di regalare una sorpresa dopo l’altra.
Ogniqualvolta si pensa di aver visto tutto il possibile, e che più nulla in quella città sia in grado di stupirci, Varanasi è lì pronta a contraddirti. E in un posto così pieno di misticismo e di religiosità possono essere anche le cose più semplici, quelle apparentemente insignificanti, a regalare la migliore delle sorprese.
Può capitare ad esempio che mentre si cammina lungo una delle più affollate strade di Varanasi, spinti dalla sete e dalla possibilità di bere solamente acqua proveniente da bottiglie sigillate ermeticamente, si decida di entrare nel primo locale incontrato con un frigorifero pieno di bevande fresche a disposizione.
Per fortuna una delle caratteristiche dell’India è la facilità nel trovare cibo e bevande in qualsiasi luogo e in ogni momento della giornata. Ci sono locali di tutti i tipi, dal ristorante di lusso alla pentola incrostata di sporco riscaldata da una fiamma accesa sul marciapiede.
Quello era un ristorante piuttosto nella media. A giudicare dallo spesso strato di polvere sui tavoli e dalle condizioni del pavimento, doveva essere stato aperto qualche decennio prima, periodo durante il quale il proprietario non si era troppo preso cura della pulizia del locale. A riempire lo spazio del ristorante c’erano almeno una decina di tavoli rettangolari di legno con basse panche su entrambi i lati. Nessuno dei posti a sedere era occupato, ma dopo tutto era troppo tardi per pranzare, e troppo presto per cenare.
Il locale contrastava terribilmente il trambusto della strada nella quale era ubicato, sembrava quasi un’oasi di pace. Al suo interno tutto era vuoto e silenzioso ad eccezione della presenza di un uomo, che sedeva all’estremità di una delle panche. Mangiava qualcosa di cremoso, e come tutti in India lo faceva usando le punte delle dita per mescolare il cibo con del riso bianco prima di metterlo in bocca.
Indossava un cappello di lana grigia e aveva una lunga barba incolta dello stesso colore, oltre ad un segno bianco e rosso al centro della fronte.
Ci è voluto poco per capire che l’unica persona all’interno del ristorante non era altri che il proprietario, che stava consumando il suo pasto dopo il turno della mattina, o prima di quello della sera. Sembrava una persona molto gentile, aveva uno sguardo molto dolce e un sorriso contagioso. Sembrava anche piuttosto incuriosito, quasi felice, che persone provenienti da un paese diverso dal suo fossero entrate nel suo ristorante. Gli indiani sanno essere molto amichevoli e ospitali, ma spesso approcciano il turista con il fine di ottenere qualcosa da lui.
Non sempre è semplice capire le loro reali intenzioni, ma in quel caso era diverso. L’interesse dell’uomo era reale e genuino. Era rivolto al denaro, ma non al suo immediato valore monetario quanto a quello affettivo e collezionistico.
E un ristorante qualsiasi di una trafficata strada della città più sacra dell’India si è rivelato così essere il teatro della storia di una passione che ha accompagnato un uomo per tutta la vita, o almeno per la parte della sua vita iniziata il momento in cui ha scoperto che nel mondo non tutti i paesi utilizzano la stessa valuta. Da quel momento, il gestore di un polveroso ristorante di Varanasi, è diventato “L’uomo dei soldi di Varanasi”.
Proprietario di un ristorante da quasi trenta anni, quell’uomo era da sempre stato incuriosito da quei visitatori che decidevano di esplorare l’India arrivando da paesi lontani. Essendo una persona molto simpatica e socievole, e conoscendo l’inglese molto bene, ha da sempre approcciato i molti stranieri che decidevano di visitare la città sacra dell’India, e che per scelta o per caso finivano a passare per il suo ristorante e ad incrociare la propria vita con quella dell’uomo dei soldi. A tutti coloro che gli sembravano abbastanza disposti a passare qualche minuto con lui, rivolgeva la stessa domanda: “Avete del denaro del vostro paese da mostrarmi?”.
In questo modo quel simpatico uomo con la barba grigia ha iniziato a crearsi una propria collezione di monete e banconote del mondo, ognuna delle quali legata ad una persona che, anche per un solo istante, ha incrociato con lui il proprio cammino.
Una serie di piccoli tasselli che se messi insieme possono ricostruire la vita di un uomo che ha passato la propria esistenza in un ristorante di Varanasi, cercando contatti col resto del mondo, e dando vita ad una collezione sbalorditiva.
Una collezione conservata gelosamente in raccoglitori appositi, anch’essi impolverati, tenuti dall’uomo al di sotto del bancone in cui accoglie i clienti nel ristorante, insieme ai menù e alle ricevute per i conti. Album dalla copertina rigida e dalle pagine di una plastica fina e trasparente, piene di banconote su entrambi i lati.
È sufficiente sfogliare solamente qualche pagina di quell’album per rendersi immediatamente conto che più che una collezione di banconote, quello è un libro di storia, un raccoglitore di testimonianze di tempi andati, che sono rimasti in vita solo nella memoria di chi li ha vissuti. Ci sono banconote di paesi che non esistono più, o di valute che sono state sostituite.
Marchi della Germania Est, ricordi di un’epoca in cui una cortina di ferro divideva il mondo in due. Banconote dei vari paesi europei prima della moneta unica. Franchi francesi, pesetas spagnole, dracme greche. E tante lire.
Quelle banconote dai valori altissimi, i primi soldi che abbiamo mai visto, il pezzo di carta con l’immagine della Montessori che in quei tempi andati per noi significava un tesoro. E l’uomo dei soldi, nel suo raccoglitore, ha anche banconote italiane ancora più vecchie, come quella da 500 lire, le 1000 lire con Giuseppe Verdi o quelle con Marco Polo.
Entrando in quel ristorante polveroso dell’India, oltre a conoscere l’interessante storia di un uomo e della sua collezione, si ha dunque anche la possibilità di scoprire un pezzo della storia del nostro paese che sta andando perduto. Si può inoltre imparare qualcosa di importante, che quello a cui molte (troppe) persone attribuiscono il maggior valore possibile, può averne in realtà anche un altro, né minore né meno importante.
I soldi possono essere dei tasselli che compongono una storia, o che ci aiutano a scoprirne una. E il valore che vi attribuiamo dipende sempre dalla nostra visione delle cose, dal modo in cui decidiamo di vivere la vita. Per l’uomo dei soldi di Varanasi sono un tesoro affettivo da custodire gelosamente e da mostrare a coloro che sono abbastanza interessati da scoprirlo.