4 Dicembre 2020
L’introduzione del reportage di Martina Ferlisi, scelto nel 2020 dalle giurie dei pitching di Meglio di un romanzo
Le dimensioni sono titaniche. Lo scafo affusolato. La prua tondeggiante. E pare non manchi neppure il fumaiolo. Una nave, una grande nave da guerra pronta a salpare. Questo sembra, se alzi gli occhi e guardi lontano. Eppure, tutt’intorno non c’è il blu delle onde e non vedi neanche quella linea sottile che tanto aiuta l’uomo a riflettere e sognare: l’orizzonte. Tutt’intorno ci sono i cedri dell’Atlante e dell’Himalaya, la tuia gigante e il pino strobo, il cipresso di Lawson e il ginkgo biloba. Al posto dell’orizzonte la cima scura di una montagna.
“E allora che ci fa una nave a 1.000 metri dal livello del mare, sul versante del monte Sortenna?” viene da chiedersi, insieme a mille altre domande che nascono da questa incredibile storia, che appartiene al passato ma parla del presente.
La nave è il padiglione IV dell’Ospedale Eugenio Morelli di Sondalo. È solo uno degli edifici che componevano il Villaggio, il più grande complesso sanatoriale d’Europa. Voluto dal tisiologo di Teglio Eugenio Morelli, era capace di ospitare fino a 2.700 persone malate del “mal sottile”, la tubercolosi.
Dal 1932 a oggi, il Villaggio è stato protagonista e vittima della Grande Storia, dell’Italia che cambia: dalla Seconda Guerra Mondiale alla scoperta delle cure antibiotiche, dalla triplaL, “Letto, Lana, Latte” alla triplaT, “Testare, Tracciare, Trattare”. Ma anche della piccola piccolissima storia, quella delle persone come me, a cui il Morelli ha cambiato la vita, a cui ha insegnato che esiste una bellezza che cura e una pazienza che guarisce.