La Periplaneta Americana è una blatta, che per un fantastico scherzo di natura, è in grado di rigenerarsi e riparare i propri tessuti. Questo è il titolo del primo capitolo di Blu Corvino, di Adriana Lisboa, edito da La Nuova Frontiera nel 2010.
La protagonista è Evangelina, per gli amici Vanja. Lei, come la Periplaneta dovrà essere in grado di ritrovarsi e “riparare” le proprie ferite.
Infatti, appena compiuti i tredici anni perde la madre per un tumore. Poco prima di morire la donna redige un testamento in cui la figlia viene affidata all’ex marito Fernando, che da diversi anni vive negli Stati Uniti.
Vanja è costretta ad abbandonare Rio De Janeiro per trasferirsi in un minuscolo paesino del Colorado, Lakewood, vicino Alburquerque, dove vive appunto Fernando. Senza troppe storie l’uomo accetta la presenza di questa “figlia” non sua con risolutezza e convinzione. Nulla li lega tranne il ricordo di quella donna: Suzana.
Vanja, forte del suo carattere e forse dell’incoscienza degli adolescenti, si adatta in un ambiente ed in una cultura non sua: non ha mai visto la neve; le sue estati brasiliane sono umide e calde e non riesce a combattere il tepore secco del clima continentale; il cibo è pessimo. Tuttavia, grazie alla pazienza di Fernando ed all’amicizia di un ragazzino ispanico di nome Carlos, i suoi giorni trascorrono tra la scuola e la lettura di poesie nella biblioteca cittadina in cui Fernando lavora.
La storia di questo lutto familiare, di questo abbandono, si intreccia con la vita passata di Fernando. Quest’ultimo non è il vero padre della ragazza, e in gioventù è stato un guerrigliero comunista.
Quando all’inizio degli anni ’60 il Brasile fu stravolto dal colpo di Stato da parte del generale Castelo Branco, immediatamente, come nella maggior parte dei scenari della guerra fredda, il governo golpista fu ostacolato dai guerriglieri comunisti appoggiati dal partito. In carica alla presidenza dello Stato durante la lotta partigiana di Fernando c’era Ernesto Guisel, che comando il paese dal ’74 al ’79.
L’autrice taglia in alcuni punti lo svolgimento della narrazione per inserire per inserire la descrizione delle varie operazioni militari che portarono l’esercito brasiliano prima alla persecuzione e poi alla cattura dei guerriglieri.
La prima delle varie digressioni riguarda l’addestramento di Fernando: portato in Cina dal partito e sovvenzionato dallo stesso trascorse sei mesi di duro addestramento. Dopodiché tornato in Brasile insieme ad altri si stabilì nell’entroterra del paese precisamente nella Baia do Papagalo, vicino al fiume Araguaia.
Da lì iniziò la battaglia al governo fascista: “Versioni posteriori degli stessi comunisti attribuirono alla militante Regina la responsabilità della scoperta della guerriglia da parte dei militari […] ad ogni modo fu inaugurata l’Operazione Pesce I. A questa prima operazione ne seguirono diverse fino ad arrivare all’Operazione Pesce V. Man mano la presenza dei guerriglieri, nonostante l’appoggio della popolazione, scemò”.
Con le successive Operazioni Denominate Pappagallo e Anaconda la guerriglia comunista fu letteralmente decapitata, anche grazie alla decimazione della dirigenza del partito.
Fernando orami spossato e afflitto dalla continua perdita di compagni e amici, durante una fuga, decide che la sua vita non può più essere quella.
Abbandona fucile ed abiti e da guida esperta si rifugia nella foresta senza essere catturato.
Un codardo nella sostanza. Non con questo aggettivo lo descrive l’autrice-Vanja. La ragazza infatti, da tempo chiede al suo tutore di poter conoscere il suo vero padre. Fernando con imperterrita costanza riesce a rintracciare la madre di Daniel, vero padre di Vanja.
La donna vive in un piccolo paesino del Nuovo Messico. Fernando insieme alla ragazza, ed al piccolo Carlos, si mette in viaggio per un itinerario che li porterà a scoprire nuove sensazioni e nuove verità che prima di allora mai avrebbero immaginato.
Vanja continuerà a vivere accanto a Fernando, non un codardo, non un inetto. Si tirò indietro durante la partigianeria, e ora, forse colto dal rimorso per una moglie ormai morta accoglie questa ragazza in casa senza indugio offrendole una seconda vita.
Simbolicamente nel romanzo l’uomo può ritrovarsi nella descrizione del cojote fatta da Vanja: l’animale è infatti una bestia mutevole, è in grado di stare da solo, in coppia, o in branco: “Nella mitologia viene identificato o come un ladro, a volte come il signore della vita o della terra”. Fernando è passato per cento vite: da studente a guerrigliero, fino a bibliotecario e uomo delle pulizie. È tutto e niente, non si identifica mai, non è conformista, è sempre e solo lui.
Vanja sceglie un padre, sceglie un’altra vita in un paese non suo. Sceglie se stessa, come Fernando: “Se fosse dipeso da me avrei scelto un’altra via, non tutto. Avrei cambiato un dettaglio. Fernando di ritorno dal Nuovo Messico guidò molto di più delle sei ore consuete. Quando arrivò io dormivo nella mia stanza. Lui e mia madre si abbracciarono. Poteva essere per sempre e lo fu”.
La Lisboa costruisce attraverso questi personaggi e gli inserti storici una situazione narrativa che potremmo identificare come banale. Cosa c’è di nuovo nella solita guerriglia comunista? Nell’abbandono e nella rinascita grazie ad una nuova vita? Dove troviamo lo stimolo per leggere un romanzo di poco più di duecento pagine con questi presupposti? Lo spunto è da ricercare nell’unione dei due filoni narrativi: da una parte quello storico, dall’altro quello personale, dall’intreccio tra i due se ne crea una nuovo. La vacua battaglia di Fernando e l’abbandono del proprio ideale inconsapevolmente sta creando una nuova rete, una nuova trama, altre storie.
Come per l’Italia è necessaria l’analisi del periodo a cavallo della guerra per comprendere lo sviluppo della società negli anni ’50 e ’60, così è indispensabile inserire nella trama una porzione di storia del Brasile per narrare una storia brasiliana.
Questo è nell’intento dell’autrice: collegare passato e presente. Vanja attraverso i racconti di Fernando ritrova il suo passato. Non è quello di Daniel (il padre legittimo), ma quello del suo tutore, una storia che appartiene un po’ a tutti i brasiliani.
Proprio nel momento in cui sembra aver perso le sue radici per la morte della madre, costretta in un altro paese e in un’altra cultura, sorprendentemente la ragazza capisce chi è. Prima di essere Vanja è una brasiliana, ed essendo ciò deve reimpossessarsi del suo passato solo così potrà essere in grado di cicatrizzare le sue ferite e come la Periplaneta Americana, rinascere a nuova vita.
Il romanzo quindi, è un monito verso le nuove generazioni: seguendo la confessione in prima persona di Vanja, l’autrice ci incoraggia a riscoprire se stessi. Fondamentale per strutturare la propria narrazione è prima di tutto conoscere la propria storia nazionale, prima che familiare.