Convinti, quando le cose vanno bene e quando le cose vanno male, che ciascuno deve fare il suo lavoro, ci troviamo come redazione di fronte a un evento globale, che concorre a mettere a nudo quelle paure che saranno l’argomento del terzo numero del nostro semestrale cartaceo.
Partendo dal testo di Angelo Miotto, abbiamo deciso – nostra vecchia passione – di lanciare un Decameron online, nella vecchia tradizione, di fronte alle paure, di riunirsi attorno al fuoco (della passione narrativa) e di raccontarsi storie.
Mandateci il vostro racconto di questi giorni di Corona virus, tra allarmismi, improvvisati esperti, legittime paure e doverose cautele. Va bene, al solito, qualsiasi linguaggio: audio, testo, video, foto. Inedito o citando altri. Scrivete a redazione@qcodemag.it e noi vi pubblicheremo.
Il contagio delle storie – 5
Primo giorno – Erica Balduzzi
Bergamo ai tempi del Covid-19.
Il primo giorno di zona rossa è trascorso come doveva trascorrere: a casa. Fuori dalla finestra, pochissimi rumori e pochissime auto di passaggio; ancora meno le persone a piedi, sebbene nei giorni scorsi non fossero mancati runner, camminatori, sportivi e passeggianti. Da ieri, niente.
Il silenzio è rotto solo dal lamento lontano delle ambulanze da e per l’Ospedale Papa Giovanni XXIII o dagli elicotteri che, nella giornata di ieri, hanno iniziato a trasportare le persone in terapia intensiva in altre strutture fuori regione, per fronteggiare l’emergenza sanitaria del Covid-19.
All’inizio non avevo collegato gli elicotteri al coronavirus: davo per scontato si trattasse del soccorso alpino, impegnato a recuperare gli escursionisti del tempo perso. Curioso come siamo talmente abituati allo stare bene, da faticare persino a concepirle, le questioni pratiche connesse all’emergenza.
Che poi in realtà c’è poco da dire, su questo primo giorno. Lavorare da casa per noi è un’abitudine, facciamo smart working da quasi sempre: ma la costrizione opprime, fa pensare a tutto quelle piccole cose che fino a poco fa davamo per scontate. Così ovvie da non dar loro peso, fino a quando non ti trovi a fermarti, la mano già sul pomello della porta e le scarpe ai piedi: “Ah no, non si può”. Il caffè fuori per spezzare la routine, una passeggiata con un’amica che non vedi da tempo, una pizza, un salto in biblioteca.
Soltanto a sera siamo usciti a fare due passi, a prendere un po’ d’aria fuori casa. La città era un deserto surreale sotto il plenilunio: luna piena e città vuota. Nel silenzio, il verso lontano di una volpe, il richiamo di un allocco nel buio.
Erica Balduzzi on Medium: https://medium.com/@erica.balduzzi