di Cafébabel
15 Giugno 2021
Negli ultimi anni, la Francia ha assistito a un intensificarsi delle controversie pubbliche legate all’Islam
Negli ultimi anni, la Francia ha assistito a un intensificarsi delle controversie pubbliche legate all’Islam. Nel 2020, le azioni contro i musulmani sono aumentate del 53%, colpendo in modo sproporzionato le donne. Nonostante ciò, le loro voci non sembrano essere riconosciute nel dibattito pubblico che li prende di mira con tanta veemenza. Nello scenario di questa crescente discriminazione, l’“artivista” e scrittrice musulmana nera Amy Tounkara ci mostra una via d’uscita.
di Bibbi Abbruzzini e Yohan Cambet-Petit-Jean, traduzione a cura di Luciana Messina, tratto da CaféBabel
“Ho la sensazione che al giorno d’oggi, quello che era [una volta] un discorso dei gruppi di estrema destra è ormai diffuso, normalizzato“, dice Amy Tounkara, durante un’intervista su Zoom. Il processo di questa normalizzazione non è nuovo. Sin dagli anni ’80, i partiti politici di estrema destra in Francia e in tutta Europa hanno presentato l’Islam come una “minaccia”, evocando una retorica etnocentrica e islamofobica che da allora è diventata egemonica nei media e nella sfera politica.
Ad aprile, le organizzazioni della società civile hanno attaccato un disegno di legge presumibilmente progettato per limitare il “separatismo islamico” sulla base del fatto che fosse discriminatorio nei confronti delle persone musulmane. Il progetto di legge avrebbe un particolare impatto sulle donne che indossano il velo in quanto vieterebbe loro di accompagnare i propri figli durante le gite scolastiche pubbliche.
Ma in un contesto così preoccupante, chi condivide le voci dei musulmani – e soprattutto quelle delle donne? È qui che entra in gioco “l’artivista” Amy Tounkara. Amy ha creato La Femme en Papier, una rivista letteraria online dedicata alla condivisione delle sue storie personali, insieme a quelle di altre donne musulmane nere. L’obiettivo è quello di mettere in discussione, sfidare e reinventare le narrazioni dominanti.
“Così ho deciso che avrei rappresentato me stessa”
“Leggevo molto, ma non riuscivo a identificarmi. Poi mi sono imbattuta in una citazione di Toni Morrison: «Se c’è un libro che vuoi leggere, ma che non è stato ancora scritto, allora devi scriverlo tu». Così ho deciso che avrei rappresentato me stessa“.
Nella sua rivista, Amy scrive testi romanzati vividi o racconti delle proprie esperienze, tra cui i ricordi d’infanzia di quando ascoltava lezioni di storia disumanizzanti sulla schiavitù. Riflette anche su questioni sociali, come la decisione di indossare il velo in contesti sessisti e islamofobici.
Amy organizza laboratori di scrittura creativa in collaborazione con Lallab, un’organizzazione che abbraccia la pluralità delle voci musulmane femminili e ne difende i diritti. La natura collettiva dei laboratori crea legami e un senso di sorellanza tra le partecipanti che spesso non hanno molte opportunità di accedere a spazi d’espressione creativa.
“È importante permettere a noi stessi di sognare e immaginare”
“Tutte le voci che non sento nei media, le sento tutte in una volta“, spiega Amy. Eppure i laboratori vanno ben oltre il mero esercizio della scrittura. “Grazie all’istruzione popolare, è possibile creare un ambiente sicuro in cui le donne possano parlare abbastanza liberamente“, afferma Amy.
L’obiettivo di Amy è anche quello di creare una letteratura francese più rappresentativa. “È importante permettere a noi stessi di sognare e immaginare… crescendo non avevo mai visto una donna musulmana nera come protagonista principale di una storia. Nelle scuole non abbiamo davvero accesso a questo tipo di letteratura. Voglio lottare contro diversi tipi di discriminazione: sessismo, razzismo, islamofobia. L’autorappresentazione è un problema che tocca ogni singola persona messa a tacere“.
Non mescolanza: “non abbiamo bisogno di giustificarci”
I laboratori di Amy seguono il principio di non mescolanza: in alcuni casi sono aperti solo alle donne musulmane nere, o alle donne musulmane, in altri ai neri, o alle donne e così via. La non mescolanza è stata ampiamente criticata dai media per la sua natura “comunitaria”, e talvolta anche da altri movimenti femministi. Eppure, la non mescolanza è essenziale per molti attivisti e molte attiviste che sentono che gli spazi misti riproducano oppressioni sistemiche e quindi non permettano di esprimere le loro particolari preoccupazioni senza essere interrogati in modi sospetti e persino aggressivi.
Per Amy, il fatto che i laboratori raggruppino donne musulmane nere fa parte di un processo di “guarigione”. “Non abbiamo bisogno di giustificarci, di spiegare. Semplicemente parliamo di ciò che vogliamo, con la sicurezza che questo verrà recepito con rispetto“.
L’ideale repubblicano francese vede i cittadini come una massa unificata, non riconoscendone le differenze. Ciò rende difficile per le donne musulmane esprimere la propria voce in quanto “donne musulmane” senza venir accusate di essere divisive. Anche quando vogliono semplicemente esistere politicamente senza alcun legame con la loro religione, si ritrovano a dover lottare per essere riconosciute in maniera legittima. Ad esempio, nel 2018 Maryam Pougetoux, presidente di una sezione parigina del sindacato studentesco UNEF, è stata accusata dal governo di essere un’estremista islamica solo perché indossa il velo.
“In Francia, alcuni vorrebbero che la religione sia privata e che lo spazio pubblico esista senza religione“, spiega Amy. Ma Amy si rende conto di come questa ingiunzione di respingere l’Islam e confinarlo nella sfera privata non abbia alcun senso, “finché si considera ciò che indosso come oggetto di dibattito pubblico“.
Secondo la ricercatrice Horia Kebabza è emerso un “nuovo razzismo”, che ne ha cambiato il vocabolario: si è passati dalla biologia alla cultura e dalla razza all’etnia. È diventato per lo più un “razzismo senza razza” in quanto esclude non in base alla “razza” delle persone di per sé, ma in base alle loro origini culturali, reali o presunte. Tuttavia, questo implica gravi ripercussioni nella vita reale per i non bianchi in tutto il mondo. In un recente rapporto, il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di religione o credo, Ahmed Shaheed, ha riportato come molti governi e istituzioni regionali e internazionali abbiano risposto alle minacce alla sicurezza adottando misure sproporzionate contro i musulmani. Le donne sono coloro che ne soffrono di più. Infatti, sono loro che affrontano quella che Shaheed definisce una “tripla pena”: come donne, come minoranza etnica e come musulmane.
Dal femminismo ai femminismi
Dal momento che le donne in tutta Europa mettono sempre più in discussione la loro identità, dobbiamo riconoscere l’“appiattimento della differenza” prodotto da un certo tipo di femminismo, quello che oscura diverse forme di oppressione, in particolare quelle che colpiscono le donne nere. In tutta Europa, questo tipo di femminismo conservatore e gerarchico viene sostituito lentamente con manifestazioni del movimento più popolari, diversificate e oneste.
“Oggi sento che è possibile rivendicare il femminismo”
“In Francia, si parla finalmente di femminismi al plurale. In passato non mi identificavo con il movimento femminista perché lo vedevo come qualcosa di abbastanza omogeneo che a volte andava contro le mie credenze. Oggi sento che è possibile rivendicare il femminismo. Personalmente mi identifico bene con l’afro-femminismo e i movimenti femministi musulmani. Così abbiamo la possibilità di costruire legami con altri tipi di femminismo“.
Secondo un recente rapporto di Forus su come creare un ambiente favorevole per la società civile, i collettivi e gli attivisti che smantellano gli stereotipi di genere sono tra i più vulnerabili ad attacchi, impunità e discriminazioni persino all’interno del femminismo stesso. Questo è esattamente il motivo per il quale Amy si chiede: e adesso? Come si passa da esperienze e soluzioni individuali a quelle collettive?
Il potere delle parole è difficile da ignorare. Le parole formano le nostre storie, i nostri ricordi e gli archivi storici. In un mondo avido di narrazioni dell’ultima ora che riflettano la diversità delle nostre comunità, Amy sta contribuendo a laboratori di guarigione ed emancipazione che sono anche spazi alternativi per il dialogo e lo scambio, spazi che stanno giocando il loro ruolo nel “grande cambiamento”.