Nei sogni tutto bene – 42

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28 Aprile 2020

Convinti, quando le cose vanno bene e quando le cose vanno male, che ciascuno deve fare il suo lavoro, ci troviamo come redazione di fronte a un evento globale, che concorre a mettere a nudo quelle paure che saranno l’argomento del terzo numero del nostro semestrale cartaceo.

Partendo dal testo di Angelo Miotto, abbiamo deciso – nostra vecchia passione – di lanciare un Decameron online, nella vecchia tradizione, di fronte alle paure, di riunirsi attorno al fuoco (della passione narrativa) e di raccontarsi storie.

Mandateci il vostro racconto di questi giorni di Corona virus, tra allarmismi, improvvisati esperti, legittime paure e doverose cautele. Va bene, al solito, qualsiasi linguaggio: audio, testo, video, foto. Inedito o citando altri. Scrivete a redazione@qcodemag.it e noi vi pubblicheremo.

Il contagio delle storie – 42

Cronache dalla confort zone – Alessandra Chiappori

L’acquisto di camomilla è aumentato di più del settantacinque per cento da quando siamo in quarantena. Lo dicono i dati Nielsen Market Track riferiti al periodo tra il 16 e il 22 marzo, e lo racconta la radio, in un tardo pomeriggio in cui fuori piove, ma tanto fuori non si può andare.

Fuori è la giungla di contagi, e relazioni, di scambi e strette di mano, di attività sospese, o di altre che proseguono rallentate. Altrimenti detto: là fuori c’è una specie di normalità. Ma lo sappiamo tutti, che non è la normalità.

Tutto bene, tutto regolare: si risponde così ai messaggi degli amici che chiedono come si sta, come va. Nessun parente in ospedale, nessuno contagiato, va bene così, siamo fortunati, non dobbiamo lamentarci.

Scrivo seduta al tavolo, una tazza di camomilla che distende, si sa, una candela profumata, libri e pagine da riempire: il tempo deve passare, bisogna che passi. Intanto va tutto bene: la vita si svolge tra le quattro mura di casa con pochi sfoghi nel mondo là fuori, solo le necessità, a volte nemmeno quelle, perché andare in edicola attraversando il centro deserto fa impressione, batte il cuore per l’angoscia. Ci si sente fuori luogo con la mascherina: non certo adatti a figurare accanto agli alberi con le gemme di primavera, sciatti in confronto alle foglie nuove, verde chiaro che sembrano di plastica, luccicano al sole come se fosse tutto normale.

E potrebbe quasi sembrare normale così. In fondo qui va tutto bene, perché accanirsi con questo pensiero del ritorno alla normalità? La solitudine, l’accumulo di letture e cose da fare che non diminuisce nemmeno in quarantena. C’è un lievito madre da accudire, c’è il progetto di un orto: curare le cose, dedicare tempo, alle cose. Non c’è pressione esterna, non ci sono valige, orari, non c’è ansia da prestazione. Un vuoto foderato di specchi che non ha le lenti giuste per leggere il domani. Un eterno presente. È magnifico, potrebbe restare così per sempre: tutto bene, tutto normale.

«Sto bene, io sto bene sì» digito sulla tastiera del telefono. «Però ecco, c’è una cosa. Sogno, sogno tanto in questo periodo. Poi non me li ricordo, i sogni. Ma quando mi alzo sono devastata». I primi giorni aprivo gli occhi e mi serviva qualche secondo per riattivare il processo e ricordarmi. Ricordarmi che si stava in quarantena, che morivano le persone, che niente era più come prima, che non avrei saputo programmare il mio domani. Oggi è la normalità. La moka spazza i residui onirici, quei frammenti che si agitavano in una pellicola sconclusionata svaporano.

Da qualche giorno sogno una passeggiata. Proprio ora che piove. Ho studiato sulla mappa i dintorni: ci sono delle mulattiere, canali per fuggiaschi. Sogno una fuga, io che cammino, la vita che riprende. Sogno il mare, ma è distante, supera i duecento metri, ci sono le pattuglie.

Ombre passeggiano come fantasmi in testa. Conoscono la mappa: ci sono già stati di notte. So di sognare persone che non vedo e frequento da anni. Non le ricordo, ma lo so: si affacciano, mi raccontano le mancanze, i desideri, la normalità di prima, quella mai esistita.

Ci sono stazioni, caffè, fermate del tram. Ci sono volti persi nel tempo senza più numeri di telefono, ci sono abbracci che non ritrovano la spontaneità della presa diretta, non sanno dove mettere le mani. Si sfilacciano, torna tutto dietro la botola quando suona la sveglia: eccomi, sono nel mio letto e va tutto bene.

«Interiorizzi» commentano gli amici. «Dovresti guardarti un film leggero, fare cose divertenti, prima di andare a dormire». Rassicuro, lenisco, sminuisco: lo confermo, che va tutto bene. Sono serena, aspetto, mi tengo impegnata, consciamente o meno rimuovo. Non c’è problema, sono privilegiata, non mi lamento, come potrei, è tutto regolare, la solitudine, le cose da fare. «Fatti una camomilla», consigliano.

È l’una, tutti dormono e l’acqua bolle, le bustine si tuffano, la tazza calda tra le mani dà conforto. Aspetto con ansia un’altra notte in cui sognare che va tutto bene.