di Luca Manunza
21 Aprile 2021
Il libro di Salvatore Palidda: un viaggio nella sociologia della polizia
Salvatore Palidda è uno dei più importanti sociologi italiani. Tra i più prolifici nel paese, forse anche per le sue posizioni “partigiane”, è un sociologo che ha deciso di occuparsi nei suoi studi “fuori dal coro” di temi delicatissimi. Tra questi spicca sicuramente la sua passione per gli studi militari e in specifico il tentativo di ricostruire il sistema complesso che sta a capo delle strutture delle forze di polizia italiane. Palidda, come appena detto, non è nuovo al tema polizie.
Il sociologo si inserisce perfettamente dentro la branca della “sociologia della polizia”, un ambito decisamente recente maturato in Inghilterra, Stati Uniti e Canada negli anni sessanta e che ha visto solo nei primi anni ottanta un interesse in Europa, con Germania e Francia come apripista.
Nel 2000 -quasi profeticamente- (se ricordiamo cosa accadde a Genova durante il G8 del 2001) per i tipi di Feltrinelli, Palidda diede alle stampe un volume dal titolo Polizia postmoderna. Etnografia del nuovo controllo sociale. Un libro cult, esaurito in brevissimo tempo e che stranamente non andò mai più in ristampa. Il volume si interrogava sullo stato attuale delle polizie, italiane ponendosi come interrogativo centrale se fosse ancora valido il vecchio modello interpretativo della polizia: come strumento di controllo politico, o piuttosto comei un tentativo radicale di trasformazione delle forze dell’ordine verso un modello orientato alla rassicurazione e protezione dei cittadini.
L’aspetto più importante del governo delle polizie consiste nella gestione delle regole del disordine inteso come accordo tacito con tutti gli attori sociali compresi i devianti, lasciando a ognuno uno spazio di azione a condizione di rispettare certi limiti nella trasgressione delle norme, ci dice Palidda.
In questa cornice l’autore pubblica dopo ventuno anni il suo nuovo volume per i tipi di Meltemi: Polizie, sicurezza insicurezza. Un nuovo libro di ricerca e osservazioni che amplia gli orizzonti e che tenta -riuscendoci- l’attualizzazione del fenomeno in tutte le sue sfaccettature. Rispetto al precedente studio, il volume incrocia e approfondisce il legame tra le forze dell’ordine, la loro gestione da parte dello Stato e tutte quelle che sono le sicurezze e insicurezze reali e percepite da parte dei cittadini. Salvatore Palidda ci ha abituato alla franchezza, e anche in questo suo nuovo libro ci trasmette come la rigorosità di una “sociologia di posizione” sia possibile all’interno delle maglie delle scienze sociali, soprattutto all’interno di determinati ambiti di studio.
Quelli legati alla polizia ne sono un emblema. Le scienze sociali infatti, sopratutto in Italia, hanno troppo spesso mantenuto un “doppio gioco” in cui non si capiva bene se tali studi si riferissero a riflessioni “sulla polizia o per la polizia”.
Sono undici i capitoli del libro per un totale di circa 270 pagine densissime di contenuti e richiami storici e di attualità. L’autore ripercorre la storia della polizia moderna partendo da un punto importante, il cambio di paradigma che esattamente venti anni fà, nell’aprile del 1981, portò alla nascita della normativa sull’amministrazione della pubblica sicurezza e coordinamento delle forze di polizia. Una normativa che stabilì la smilitarizzazione delle polizie dentro un’ambizione -cara anche all’autore- di democratizzazione dei corpi di pubblica sicurezza. Questo processo ambizioso, benché regolamentato e spinto da numerose forze sociali, compresi i sindacati, non portò praticamente a nulla. Il G8 di Genova ne fu la prova più lampante. La lettura del perché ciò non accadde e del perché i chiari di luna di un reale cambiamento siano ancora lontani la si lascia a Palidda e al suo libro.
Fuori da ogni polemica Polizie, sicurezza e insicurezza non è un volume “contro o a favore” delle polizie. Su questo penso di esprimere anche la lettura dell’autore. Polizie, sicurezza e insicurezza è un saggio di analisi del fenomeno polizia nulla di più.
Un libro che ripercorre e riflette sull’utilizzo dell’istituzione all’interno del mondo più ampio e complesso del controllo sociale, del costo materiale della sua gestione e di come la funzione poliziesca si sia man mano negli anni, spostata sempre più verso il paradigma del contrasto delle minacce all’ordine pubblico, alimentando criminalizzazioni eccessive dei reati comuni e dimenticando fin troppo spesso le insicurezze reali dei cittadini -spesso negate da parte dello Stato-.
Repressione del dissenso, gestione militare dei fenomeni migratori, repressione delle proteste ecologiste ecc. sono solo alcune delle categorie di emergenza reale che Palidda individua paradigmi dell’uso di una violenza spesso arbitraria e zelante degli organi di controllo dello Stato. Detta con le parole di Palidda la polizia si afferma sempre di più non soltanto come: lo strumento utile al primato di quella minoranza di persone che hanno sempre costruita la classi dominante o lo strumento di controllo dello stato su una società considerata come potenzialmente ostile o nemica, ma la forza che incarna e assicura il potere sociale dei cittadini nei confronti dei non cittadini, cioè della società nei confronti di chi ne è escluso.
È evidente come l’esclusione dei non cittadini, il disciplinamento in parte violento della società e l’individuazione di pratiche di cittadinanza non consone agli aspetti dell’organizzazione politica della città sono -sin dai primi anni 2000- tra i principali elementi ideologici da consolidare nel corpo delle polizie. In questa cornice si inseriscono le riflessioni sulla polizia locale per esempio, a cui l’autore dedica un intero capitolo.
Infatti, sebbene gli studi sulle polizie in Italia costituiscano ancora una letteratura tutto sommato ancora poco estesa, le prime risultanze sembrano pressoché univocamente dimostrare che le polizie municipali si siano progressivamente sovrapposte e sussunte – e in taluni casi sostituite- alle polizie di stato. Come accennato in precedenza l’interessante riflessione dell’autore si muove verso una critica rivolta a quelle negligenze strutturali delle polizie italiane rispetto al contrasto dei rischi sanitari e ambientali del paese e rispetto all’indolenza inerente al controllo del complesso mercato del lavoro. Entrambe insicurezze ignorate se non in alcuni casi propagandistici in cui l’intervento delle forze dell’ordine risulta sopravvalutato. Il problema rimane la gestione dell’ordinario e non dello straordinario ci dice Palidda.
I temi trattati in Polizie, sicurezza e insicurezza sono tantissimi: l’ingerenza delle intelligenze artificiali e dei nuovi sistemi di controllo nella gestione della società, un excursus dei principali reati denunciati nei rapporti della polizia negli ultimi anni, la complessità gestionale di un corpo non unitario ecc.. Per chi poi fosse non tanto convinto delle riflessioni dell’autore, due capitoli di “analisi di cronaca” ci riportano alla concretezza palese della realtà.
Due capitoli, uno dedicato a una riflessione a freddo sugli accadimenti del G8 di Genova e dei suoi risvolti dopo venti anni di battaglie e processi dentro e fuori le aule dei tribunali e un capitolo Devianza e criminalità nei ranghi delle polizie, che riporta una selezione dei principali eventi nazionali e internazionali di cronaca che mettono in gioco, se non l’intero corpo di controllo statale, sicuramente le pratiche di narrativa main stream di una polizia ligia al dovere di protezione e intoccabile in tutti i suoi ranghi.
Il libro di Palidda lascia al termine delle sue pagine numerose suggestioni e da risposta in modo concreto agli interrogativi che molti si pongono rispetto al lavoro di uno degli apparati statali forse più importanti.
Polizie, sicurezza e insicurezza sgrana il problema di quella che il sociologo chiama deriva liberista della sicurezza, evidenziando le false illusioni del progresso democratico che ha visto negli ultimi anni un tentativo di ricostruire una nuova facciata dei corpi. Il libro di Palidda andrebbe letto più volte. Oltre che per la sua unicità rispetto al tema trattato, ci fornisce tutti gli strumenti utili per capire il fenomeno, argomentarlo e farci un’idea su quali siano i cambiamenti attuali dei sistemi di gestione e controllo della popolazione e dei territori.
Una riflessione finale di chi scrive è che forse, chissà se sia già in preparazione, uno spazio aggiuntivo di riflessione sarebbe stato interessante dedicarlo all’ingerenza sempre più attuale dell’esercito nella nostra vita.
Dal programma “Strade sicure” ad oggi, il peso delle forze dell’esercito nella società italiana è sempre più cogente.
Basti pensare al ruolo assunto dagli alti graduati dell’esercito nella recente organizzazione gestionale dell’emergenza pandemica in corso. Una scelta sicuramente non neutra e che in qualche modo potrebbe dirci molto rispetto all’andamento della gestione delle sicurezze nazionali.
Palidda ci regala un libro coraggioso, in un momento storico in cui non è di certo semplice parlare liberamente di polizie, sicurezza e insicurezze come ci dice il titolo. Un libro anche questo non solo per gli addetti ai lavori che, per chi ha avuto modo di leggere Palidda negli anni, ci restituisce attraverso una scrittura senza troppi orpelli la complessità di un caso studio estremamente attuale e che attraversa e permea le nostre vite più di quanto lo si possa immaginare.