Convinti, quando le cose vanno bene e quando le cose vanno male, che ciascuno deve fare il suo lavoro, ci troviamo come redazione di fronte a un evento globale, che concorre a mettere a nudo quelle paure che saranno l’argomento del terzo numero del nostro semestrale cartaceo.
Partendo dal testo di Angelo Miotto, abbiamo deciso – nostra vecchia passione – di lanciare un Decameron online, nella vecchia tradizione, di fronte alle paure, di riunirsi attorno al fuoco (della passione narrativa) e di raccontarsi storie.
Mandateci il vostro racconto di questi giorni di Corona virus, tra allarmismi, improvvisati esperti, legittime paure e doverose cautele. Va bene, al solito, qualsiasi linguaggio: audio, testo, video, foto. Inedito o citando altri. Scrivete a redazione@qcodemag.it e noi vi pubblicheremo.
Il contagio delle storie – 36
Sono stata senza dimora una volta – Ermira Kola
Sono stata senza dimora una volta. Per quattro ore.
Sono stata senza dimora per quattro ore in una città che non conoscevo.
Sono stata senza dimora di pomeriggio una volta e il buio stava scendendo.
Avevo 19 anni e mi ero trasferita a Padova per iscrivermi all’università.
Biologia.
Papà ammetteva solamente le scienze esatte in famiglia.
Avevo trovato un appoggio momentaneo da alcune suore a Padova. O almeno credevo di avere trovato una soluzione presso le suore. La suora che mi accolse alla porta mi travolse con una serie infinita di pessimi luoghi comuni sugli albanesi.
Era il 1997. Andava di moda avercela con gli albanesi, ma io non lo sapevo.
Avevo 19 anni e la testa molto dura. Si, già allora.
La suora mi chiese soldi che non avevo per la sistemazione che dagli accordi precedenti sarebbe dovuto essere gratuita.
La suora soprattutto offese il mio popolo.
E allora me ne andai.
E allora diventai senza dimora.
Senza soldi, uno zainone con dentro il librone degli Alpha test e il pomeriggio che si accingeva a diventare sera.
Sono stata senza dimora per alcune ore a Padova. E ho pianto mentre camminavo. E mi chiedevo come mai nessuno fermasse questa ragazzina, così mi sentivo, disperata per chiederle se avesse bisogno di una mano.
Sono stata senza dimora per poche ore e ho avuto tanta paura.
Poi il genio. Chiamai la mia scuola superiore, ricordavo che un ragazzo della mia scuola viveva a Padova. Ci misero in contatto.
Era il 1997 e l’ex compagno serbo di scuola salvò l’albanese orgogliosa dal buio di una città sconosciuta.
Sono stata senza dimora per quattro ore io.
Mi chiedo in queste settimane matte che cosa stiano pensando i senza dimora delle nostre città.
Ci hanno visti sparire da un momento all’altro.
Ci siamo chiusi nei nostri luoghi sicuri e “com’è bello avere del tempo per se” e “quale film mi guardo su Netflix” e altre cose che conosciamo.
Romanticamente all’inizio l’idea che la città fosse diventata loro mi divertiva.
Prima ci limitavamo a scansarli, ora siamo proprio spariti.
Prima cambiavamo marciapiede, ora cambiamo marciapiede e abbiamo il volto coperto, tutti. (o quasi tutti.)
A Bolzano gira la macchina della protezione civile intimandoci, ricordandoci di rimanere a casa.
Lo dice in italiano e in tedesco giustamente.
Nella lingua di chi una casa non ce l’ha chissà come viene tradotto questo messaggio.
Sono passate quattro settimane e la società si è anche questa volta dimenticata di loro.
A Bolzano il sindaco ha dichiarato di non potersene fare carico.(manco fossimo che ne so…New York)
A Bolzano hanno chiuso la mensa a pranzo e distribuiscono sacchetti col pranzo al sacco.
A Bolzano sono stati sgomberati “per questione igieniche” legate all’emergenza Covid 19.
A Bolzano, da oggi, 9 aprile, alcuni di loro verranno trasferiti presso la fiera cittadina.
I maschi. Per le poche donne senza dimora nessuna soluzione, ancora.
Mi chiedo che cosa stiano pensando di noi.